La rivincita dei “nessuno”? Echi da Sanremo

 
 

Sanremo è la grande kermesse nazional-popolare. In un certo senso, è un concentrato della cultura del momento e uno specchio di tendenze generali.

Capita che l’opera di un autore, non si sa per quale strana alchimia, rispecchi talmente il sentire comune e l’esperienza collettiva, superando i confini culturali, di età e di status sociale, da diventare un best seller o, nel caso di una canzone, un cosiddetto “tormentone”. 


Sembra sia questo il caso di “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi, che è arrivato al secondo posto al Festival di Sanremo, un secondo posto che può comunque stare alla pari del primo, per successo di pubblico e giudizi della critica.

Spenti i riflettori di Sanremo, lo spettacolo più amato dagli italiani, rimangono a lungo negli orecchi della gente gli echi delle canzoni, anche di chi non segue tali eventi, se non altro perché risuonano e rimbalzano nei messaggi di tutti i media. 

Che cos’ha dunque la canzone di Lucio Corsi da essere così tanto apprezzata? Innanzitutto, la musica, fresca, orecchiabile, ariosa, una miscela di rock e melodico che richiama altri grandi successi del genere, facile da imparare.

Poi il testo che accompagna, un testo semplice ma non banale, autobiografico ma in cui tutti si riconoscono, che pare attingere a un sentimento ignorato e taciuto per tanto tempo, che finalmente riesce ad emergere in tutta la sua verità e luminosità, con grazia e profondità.

E poi l’autore e interprete, giovane, esile, che non rispecchia i classici canoni di bellezza, sconosciuto al grande pubblico (benché sia comparso in una fiction e abbia addirittura posato per una casa di moda), che viene da una cittadina di provincia e da una famiglia modesta.

Un personaggio imprevisto e impensabile, che con il trucco e il costume vela e rivela allo stesso tempo una naturale timidezza. Un vero “nessuno”, come dice la frase della canzone che ne riassume il significato.  

La canzone sembra aver rispecchiato il comune sentimento di quei moltissimi che si sentono dei “nessuno”, magari di umili origini, con una vita normale, segnata da paure e difficoltà, costretti a fronteggiarsi in un mondo di “duri”.

Mentre gli idoli del momento si atteggiano a eroi sprezzanti e invulnerabili, i “nessuno” combattono con il loro senso di impotenza e di sconfitta, spesso reprimendolo e mostrando una personalità fittizia.   

Dentro e in profondità a questa canzone, probabilmente senza intenzione consapevole dell’autore, si possono leggere anche altre cose.

Ad esempio: è inutile fuggire dalle tue paure! Restare dentro a quei limiti creaturali che ci sono stati assegnati dal Creatore, e non voler essere super uomini e super donne, è un primo passo per collocarsi nel posto giusto, dopodiché è possibile riscoprire la grandezza e la bellezza dell’essere creati a immagine di Dio, per essere portatori unici di un significato che va al di là di noi stessi.  


Infine, viene da chiedersi: che cos’è l’uomo che Tu te ne prenda cura? Chi è quel “nessuno” per il quale Tu non hai risparmiato il Tuo Unigenito? Anche Lui è stato “nessuno”, è venuto nel mondo come un bimbo indifeso, da genitori poveri, in un villaggio sconosciuto, che non “aveva forma né bellezza”, che ha predicato la mansuetudine, l’umiltà e l’amore sacrificale, ha dato sé stesso per amore di tanti nessuno” come noi, per farci diventare “qualcuno” in Lui, persone autentiche, vere, piene di significato e di amore per Dio e per il prossimo.  

Così come la canzone sembra aver portato una ventata di originalità artistica al Festival di Sanremo, chissà che un Vento di rinnovamento e di verità non investa anche la nostra stanca e deprivata cultura popolare, sempre più polarizzata tra chi si sente “nessuno” e chi pensa di essere di più di quel che è trovando equilibrio in una nuova identità in Cristo.