Saggi sull’educazione cristiana di Cornelius Van Til

 
 

Dovremmo mandare i nostri bambini nelle scuole non cristiane? In altre parole, possiamo trovare una qualche forma di sintesi tra la filosofia cristiana e non cristiana dell’educazione? In Saggi sull’educazione cristiana (1979), Caltanissetta, Alfa & Omega 2017, Cornelius Van Til spiega che solo dal punto di vista riformato si può avere una filosofia cristiana coerente dell’educazione. Inoltre, Van Til sostiene che l’educazione cristiana non dovrebbe essere opzionale per la chiesa odierna.

Plasmare la cultura
Partendo dal punto di vista che lo scopo dell’educazione è plasmare la cultura, Van Til stabilisce una distinzione tra le uniche due culture che esistono in questo mondo: quella cristiana e quella non cristiana. La cultura non cristiana presume che il mondo dello spazio e del tempo è regolato da leggi impersonali non sottomesse a Dio e che la libertà umana viene raggiunta superando queste leggi. Secondo questa cultura, il creato non è sotto la maledizione di Dio. Il punto di riferimento e la gloria suprema di questa cultura sono attribuiti all’uomo. La cultura cristiana invece è plasmata dalle opere buone definite, secondo il Catechismo di Heidelberg (domanda 91), come fatte per la gloria di Dio, secondo le norme dell’opera di Dio e la cui motivazione sorge dalla fede. Dio è il punto di riferimento di ogni cosa. I fatti e il tempo Gli sono sottomessi, il creato è sotto la Sua maledizione a causa del peccato e la libertà umana è ottenuta nell’obbedienza a Dio. In questa cultura, la gloria suprema appartiene a Dio solo. 

Secondo Van Til, non esiste tra le due culture alcun punto di contatto, bensì una linea di demarcazione chiara. Perciò, ogni idea di sintesi tra le due culture, come ad esempio quella che crede che la cultura non cristiana sia buona fino ad un certo punto e possa essere completata da Cristo, non è concepibile. Quindi per plasmare la cultura cristiana in questo mondo, l’educazione dovrà essere distintamente cristiana. Inoltre, dovrà essere distintamente riformata, perché contrariamente all’opinione diffusa nel cattolicesimo romano o nell’evangelicalismo arminiano, l’idea di sintesi per l’educazione non va considerata siccome non denuncia l’autonomia dell’uomo sottostante alla cultura non cristiana. Secondo la famosa domanda di Tertulliano, anche nell’educazione non c’è niente in comune tra Gerusalemme ed Atene.

Filosofie non cristiane
Van Til continua con un’analisi delle varie filosofie non cristiane dell’educazione prevalenti nel Ventesimo secolo. Inizia con la filosofia di John Dewey, nota come pragmatismo, che più di tutti ha plasmato la scuola occidentale nel Novecento e continua ad esserne il filo conduttore. Siccome John Dewey rinnegava l’esistenza di Dio, ogni nozione di valori e di verità trascendentali (fuori da questo mondo, atemporale) andava rinnegata. L’educazione doveva invece essere centrata sull’uomo. Solo in quest’ultimo si potevano trovare i valori che guidano l’esperienza umana. Lo scopo della scuola era di aiutare i bambini a trovare i propri ideali in loro stessi. Avendo però rinnegato ogni idea di giusto e di falso, di bene e di male, questi ideali non erano mai fissi. Senza valore eterno e trascendentale, il pragmatismo dice che “l’esperienza umana è crescita, costante e progressiva crescita” (p. 76). Quindi, perdendo ogni nozione di bene e di male, Dewey proponeva che l’educazione dovesse essere valutata secondo i criteri di ciò che è “educativo” e “diseducativo”. L’educazione secondo i principi “educativi” di Dewey doveva portare all’armonia dell’esperienza umana. Van Til osserva che il pragmatismo, avendo perso ogni àncora in qualsiasi verità eterna, non poteva definire cosa fosse educativo o diseducativo. Inoltre, non credendo che solo in Dio si poteva capire quale fosse la società ideale, Dewey credeva che l’uomo doveva proiettarla per se stesso e poi impostare le norme per il comportamento individuale e sociale.

La seconda filosofia non cristiana trattata da Van Til è la filosofia idealistica, la quale conobbe una rinascita nel Novecento perché offriva un’opposizione alla filosofia atea di Dewey che stava progressivamente conquistando la pedagogia occidentale. Ispirandosi a Platone, l’idealismo si opponeva a Dewey perché poneva l’esistenza di valori trascendentali. Anche se, a prima vista, potrebbe sedurre i cristiani fino ad un certo punto, l’idealismo doveva ugualmente essere respinto perché, anche se accettava l’esistenza di un Dio immutabile, rinnegava che questo Dio si fosse fatto conoscere in questo mondo tramite Cristo. Con un dio completamente separato dal mondo, l’idealista non crede come il cristiano che Dio si sia rivelato tramite la Sua Parola. Non credeva quindi che Dio avesse rivelato valori trascendentali all’uomo, ma quest’ultimo doveva invece dedurli dal proprio pensiero. Anche se l’idealismo si oppone al pragmatismo, Van Til dimostra che entrambi pongono il pensiero umano come punto di riferimento supremo.

Filosofie cristiane non riformate
Van Til continua la sua analisi cercando di capire come i cristiani abbiano cercato di rispondere a queste due filosofie dominanti. La chiesa cattolica romana ritiene che tutta l’educazione propriamente detta sia basata sulla “vera filosofia di vita” (p. 104). Tuttavia, questa vera filosofia di vita veniva interpretata secondo il metodo della filosofia di Aristotele. Il dio di Aristotele non conosce se stesso, non ha creato il mondo e non ha un controllo provvidenziale sul creato. Quindi, la filosofia cattolica romana dell’educazione non è centrata sul Dio del cristianesimo, ma parte, come le filosofie non cristiane, dall’uomo come punto di riferimento supremo. Neanche la filosofia dell’educazione evangelica arminiana può rispondere alla sfida posta dalle filosofie non cristiane. Anche se cerca di partire dalla Bibbia, la volontà arminiana di mantenere una misura d’autonomia all’uomo spinge questa corrente a credere nella possibilità per l’uomo d’interpretare questo mondo fuori dal Dio trinitario e dalla Bibbia. Quindi, anche qui, l’uomo diventa il punto di riferimento supremo per l’interpretazione di ogni campo della conoscenza.

Filosofia riformata dell’educazione
Quale dovrebbe quindi essere il punto di partenza dal quale la scuola cristiana riformata sarà costruita? Sapendo che la sapienza di questo mondo è follia per Dio (1 Corinzi 1,20-21), il punto di partenza è chiamare l’uomo al ravvedimento. Quando l’uomo si ravvede, tutta la sua cultura viene salvata con lui. La vera sintesi della scuola riformata sarà Gesù Cristo, in cui tutte le cose sussistono (Colossesi 1,17). Non esiste quindi dicotomia tra religione e cultura nella filosofia riformata dell’educazione (Efesini 1,9-10 e Colossesi 1,19-20). La filosofia riformata dell’educazione riconosce inoltre che non esiste un campo neutro nella cultura umana. Siccome tutte le cose sussistono in Cristo, la scuola riformata sa che esiste un legame tra scienza e moralità. Secondo Van Til, solo una scuola costruita secondo questa filosofia dell’educazione salverà la cultura umana

Conclusione
Dopo una discussione sull’accademico cristiano, il cui lavoro deve essere pienamente radicato in Cristo e non nell’autonomia dell’uomo, il libro contiene una serie di appendici molto istruttive. In particolare, nell’appendice 4 intitolata Antitesi nell’educazione, Van Til dimostra magistralmente, con un semplice esempio dalla matematica, quanto una filosofia dell’educazione cristiana debba necessariamente e totalmente essere distinta da ogni altra filosofia non cristiana: 

“Il fatto che ‘due per due fa quattro’ non ha lo stesso significato per te in quanto credente e per un altro in quanto non credente. Quando si pensa al ‘due per due fa quattro’ si collega questo fatto con la legge numerica, e dunque è necessario collegare la legge numerica con tutte le leggi. Perciò la questione da affrontare è se esiste una legge a sé stante oppure è un’espressione della volontà e della natura di Dio. Così il fatto che ‘due per due fa quattro’ ci consente di coinvolgere noi stessi in modo più profondo nella natura e nella volontà di Dio. D’altro canto quando un non credente dice che ‘due per due fa quattro’ egli potrà anche essere portato a collegare questo fatto con tutta l’idea generale di legge ma considererà questa legge come indipendente da Dio. Così il fatto che due per due faccia quattro gli permette di allontanarsi ancor più da Dio” (pp. 265-266).

I Saggi sull’educazione cristiana di Cornelius Van Til fanno capire al lettore lo stato di corruzione nel quale si trova il sistema educativo prevalentemente non cristiano odierno. Gli faranno capire inoltre quanto sia urgente, per promuovere la cultura cristiana, considerare la creazione di scuole in cui ogni campo della conoscenza sia pienamente fondato sulla Parola di Dio.

Per approfondire

Lucia Stelluti, “Saggi sull’educazione cristiana (I). Perché un libro così?”
Lidia Goldoni, “Saggi sull’educazione cristiana (II). Non c’è educazione senza antitesi”
Lidia Goldoni, “Saggi sull’educazione cristiana (III). Il dilemma dell’educazione