Donald Macleod (1940-2023), il teologo scozzese “del popolo”

 
 

Nella geografia della teologia evangelica, la Scozia, benché piccola come territorio, ha avuto un ruolo considerevole nel forgiare alcune tendenze e nell’avere un impatto ben oltre i suoi confini. La Riforma di John Knox, l’emersione del presbiterianesimo scozzese, i “covenanters” e, nel XX secolo, teologi come John Murray, storici come David Wright e predicatori come William Still hanno contribuito a dare un sapore tipicamente “scozzese” alla teologia evangelica in ambito riformato. 

Donald Macleod (1940-2023), scomparso di recente, si è inserito nel filone della teologia scozzese, riformata, presbiteriana, evangelicale. Macleod è stato un teologo versatile che, nella sua opera, ha intrecciato dei fili importanti: la tradizione della teologia sistematica con enfasi esegetica (sulla scia dell’opera del suo connazionale John Murray, di una generazione precedente); la valorizzazione della teologia scozzese classica (W. Cunningham, T. Chalmers, H. Martin, A. Melville e naturalmente John Knox); la sottolineatura ecclesiale del ruolo della teologia con una particolare attenzione al ministero della predicazione. Oltre ad essere stato un prolifico autore, è stato anche un infaticabile predicatore che visitava le chiese su tutto il territorio scozzese.

In occasione dell’emeritazione dall’insegnamento nel Free Church College di Edimburgo, uscì a cura di Iain D. Campbell e Malcom Maclean il libro The People’s Theologian. Writings in honour of Donald Macleod, Fearn, Mentor 2011. Questo volume può aiutare ad apprezzare il suo impegno teologico. L’opera più matura è forse il suo volume sulla cristologia The Person of Christ, Leicester, IVP 1998 dove Macleod offre una presentazione affidabile e ariosa della cristologia con un’attenzione particolare alle tendenze contemporanee, ma sempre nel solco della teologia riformata classica. 

Nel rievocare la figura di Macleod, molto interessante da ricordare è anche l’intensa attività pubblicistica sulla stampa scozzese, sia ecclesiastica che secolare. Per molti anni, Macleod è stato infatti direttore del Monthly Record, il mensile della Chiesa libera di Scozia, ma anche regolare collaboratore di testate secolari dove ha affrontato con parresia evangelica le principali questioni di attualità politica e culturale. Macleod era certamente un “conservatore” in teologia (nel senso della teologia riformata classica), ma come editorialista non rientrava certamente nelle categorie della politica conservatrice. Per questo suo impegno culturale e sociale, Macleod è stato definito come teologo “del popolo”. La sua teologia aveva un tratto accademico, ma sapeva anche declinarsi con uno sguardo penetrante alle questioni culturali e sociali della quotidianità, lette attraverso le lenti della cultura riformata scozzese.

Negli Anni Novanta, fu coinvolto in una tristissima vicenda giudiziaria da cui uscì totalmente pulito. Un paio di signore lo accusarono di avere avuto comportamenti molesti nei loro confronti. Dato il profilo pubblico di Macleod, il caso suscitò scalpore ben oltre i confini del mondo ecclesiastico. Ci fu un processo che si concluse con il riconoscimento della sua completa estraneità per non aver commesso il fatto. Evidentemente, il caso era stato montato ad arte. La vicenda accadde in anni di aspre controversie ecclesiastiche dentro la Chiesa libera di Scozia che riguardavano anche l’influenza di Macleod. Lui, infatti, veniva considerato da una frangia conservatrice come troppo “aperto” su questioni liturgiche e troppo schierato politicamente.   

Pur essendo un teologo di valore, Macleod è rimasto sostanzialmente legato ai confini della Scozia dove si calcola che tutti i pastori attualmente in servizio nella Chiesa libera siano stati suoi allievi. I suoi libri sulla cristologia, sull’espiazione, sulla teologia scozzese, ecc. sono ben conosciuti a tutti gli studenti evangelici di teologia.

 

Opere di Donald Macleod in italiano:
“La predicazione e la teologia sistematica”, Studi di teologia NS VI (1994) N. 11, pp. 37-67. 
“I limiti della grazia comune”, Studi di teologia NS XVI (2004) N. 32, pp. 163-168.