Dov’è Dio quando c’è una guerra? Ancora un interrogativo sul male

 
 

Nel 1939, all’inizio della Seconda guerra mondiale, il predicatore gallese Martyn Lloyd-Jones predicò cinque sermoni dal titolo Perché Dio permette la guerra? (ed. it.: Caltanissetta, Alfa&Omega 2007). Dopo le Torri Gemelle, l’evangelista inglese John Blanchard scrisse un pamphlet dal titolo Dov’era Dio l’11 settembre? (ed. it.: Virgilio [MN], Passaggio 2003). Durante il Covid, il matematico irlandese John Lennox si è domandato: Dov’è Dio nella pandemia? (ed. it.: Roma, ADI-Media 2020). Questi riferimenti sono tratti dalla letteratura evangelica recente.

Oggi, molti si chiedono “Dov’è Dio nella guerra in Ucraina?”. Non sono pochi coloro che, di fronte ad eventi tragici, con senso di preoccupazione ed angoscia, domandano con un tono accusatorio o dubbioso: “Dov’è Dio?”. Perché permette il male? Perché non interviene? 

In ogni tempo si è cercato di spiegare e razionalizzare la presenza del male e della sofferenza nel mondo. Le soluzioni formulate sono diverse. Un ottimo libro che le affronta è quello di Henri Blocher, Il male e la croce, Chieti, GBU 2017. Di Blocher è anche utile la voce “Male” del Dizionario di teologia evangelica, a cura di P. Bolognesi, L. De Chirico, A. Ferrari, Marchirolo (VA), EUN 2007. 

Esiste una risposta razionalmente soddisfacente alla domanda? Purtroppo no! Ci sono persone che accusano Dio pur negandone l’esistenza; c’è chi affronta il tema con un certo cinismo, cercando di non pensarci; anche l’antica tesi del dualismo manicheo che contrappone il bene e il male, luce e tenebre, in perenne lotta non è condivisibile. Anche altre ipotesi non sono soddisfacenti. 

Anche la Bibbia parla del male e della sofferenza. Lo fa ammettendone la gravosa presenza e, senza scendere in tanti particolari, parla del bene e della durezza del male che promuove il Maligno, l’Avversario di Dio, indicato come l’iddio di questo mondo. La Bibbia parla anche del male che è presente nel cuore di ogni essere umano e che sarà oggetto del giudizio. Poiché il male e la sofferenza sono prodotti dall’uomo per soddisfare la propria cupidigia e concupiscenza, per onestà intellettuale e morale, saremmo noi stessi a doverci assumere le nostre responsabilità per ciò che compiamo e non accusare Dio. 

Dio non va chiamato in causa quando fa comodo e giudicato a modo nostro. Chi siamo noi? E con quali criteri giudichiamo Dio? La comprensione buonista dell’essere umano è smentita dalla realtà dei fatti. Talvolta l’accusa mossa a Dio per la sua apparente inerzia è fatta anche da persone religiose. Che senso ha accusare Dio se viviamo come se Lui non esistesse?  O quando crediamo ad un dio generico, fatto a nostra immagine e somiglianza? L’inevitabile domanda sul senso o sul non-senso del male chiama in causa la fede, la visione del mondo, le nostre persone.

Come si è detto, alla domanda “perché?” non ci sono risposte semplicistiche. Certamente, il cristiano, pur scosso e perplesso davanti al male, non muove accuse a Dio per la sua apparente inerzia. Tante cose il credente non sa e le lascia a Dio. Tuttavia lei/lui sa che “tutte le cose –  bene o male che siano – cooperano al bene di coloro che amano Dio” (Rom 8,38). Il presupposto di tale sicurezza poggia sulla confessione che Gesù Cristo, morto e risorto, ha ogni autorità in cielo e sulla terra (Mt 28,18), che governa sulla sua creazione e che nulla sfugge al suo controllo, che Egli opera costantemente  per portare a compimento i suoi decreti e la sua volontà. 

Chi vive con fede e di fede sa di non essere in balia della fortuna o della sfortuna, né di un destino o fato qualsiasi, né di un meccanismo irrazionale. Sa che il Dio rivelatosi in Gesù Cristo governa l’universo intero, compreso ogni essere umano. 

Dio è buono. Il male è male. Gesù Cristo ha vinto e mostrerà a breve e a tutti la sua vittoria, passando da crogiolo delle sofferenze. La prospettiva biblica è quella della creazione, caduta, redenzione e consumazione finale. In quest’ottica si può mantenere serenità, come un bimbo portato ben stretto in braccio del genitore in momenti gravi. Con il Salmista diciamo che “Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà. Perciò non temiamo se la terra è sconvolta, se i monti si smuovono in mezzo al mare, se le acque rumoreggiano, schiumano e si gonfiano facendo tremare i monti” (Sal 46,1-3). Attenzione, la fede evangelica non è solo motivo di serenità, ma anche di responsabilità, nel senso che siamo chiamati a combattere il male e a rimuovere le cause che lo promuovono, oltre a pregare per chi è più esposto ad esso in modo che cerchi la faccia del Signore.