Il pastore riformato e il pensiero moderno di Cornelius Van Til

 
 

In un’epoca in cui il cristianesimo non è più la visione dominante del mondo, non dovrebbero i cristiani di ogni denominazione cercare l’unità lasciando le loro divergenze teologiche da parte? Più di cinquant’anni fa, il teologo e filosofo riformato olandese-americano Cornelius Van Til (1895-1987) ammoniva nel libro The Reformed Pastor and Modern Thought (1971) che una tale ricerca porterebbe inevitabilmente alla bancarotta della chiesa. Essendo consapevole della tendenza a favore del dialogo ecumenico già prevalente all’epoca, Van Til scrisse questo libro per aiutare i pastori riformati, o qualsiasi credente riformato, a difendere le loro convinzioni nel dialogo con cristiani di altre appartenenze.

La fede riformata
Nel primo capitolo, Cornelius Van Til definisce il terreno sul quale il pastore riformato fedele alla sua teologia deve tenersi. Basandosi sulla teologia di Calvino, l’autore identifica varie dottrine non negoziabili, in particolare la chiarezza della rivelazione speciale (Dio pienamente rivelato come Creatore e l’uomo creato a immagine di Dio), la necessità della testimonianza dello Spirito Santo (senza la quale l’uomo rimane cieco alla rivelazione speciale) e la grazia comune (tramite la quale è impossibile per l’uomo non sapere nulla su Dio nonostante il peccato lo spinga a costantemente cercare di sopprimere questa conoscenza). Nei capitoli successivi, Van Til esplora le credenze principali di altre correnti cristiane, quali l’arminianesimo, il cattolicesimo romano tradizionale e moderno, il protestantesimo moderno e l’ecumenismo. Per ogni corrente, Van Til rivela i punti di divergenza con la fede riformata.

Arminianesimo
Il calvinismo e l’arminianesimo, il quale conta per la maggioranza dell’evangelicalismo moderno, sono le correnti principali del protestantesimo storico. Spesso i cristiani di queste due convinzioni credono di avere un terreno comune abbastanza largo per evangelizzare il non credente insieme. Tramite la sua storia fittizia del calvinista riformato Egr. Bianco e dell’arminiano Egr. Grigio che cercano di evangelizzare il non credente Egr. Nero, Van Til dimostra invece che se l’arminiano e il calvinista dovessero rimanere coerenti ai loro sistemi di credenze rispettivi, non avrebbero nessun terreno in comune nella loro difesa della fede. L’arminianesimo crede nella libertà della volontà umana limitando la sovranità di Dio, mentre il calvinismo crede che Dio “immutabilmente ordinò tutto ciò che si adempie”.[1] In termini filosofici, l’arminianesimo ritiene che credenti e non credenti possono interpretare certi fatti su un terreno comune neutrale, mentre il calvinismo sostiene che tutti i fatti del creato possono essere capiti unicamente in modo analogo al Dio trinitario. Siccome il riformato crede che il peccato cerca di reinterpretare tutti i fatti fuori da Dio, egli sa che il presunto terreno comune tra l’arminiano e il non credente non esiste. Se l’arminiano dovesse rimanere coerente con le sue convinzioni, non esisterebbe alcuna possibilità per il credente riformato di collaborare con lui.

Cattolicesimo romano tradizionale
Il cattolicesimo romano e la fede riformata credono entrambi che la Bibbia è la Parola rivelata di Dio. Tuttavia, il cattolicesimo romano crede che la chiesa ne è l’interprete infallibile. Quest’ultimo condivide inoltre con l’arminianesimo la credenza nella libertà della volontà umana. Mentre questi due punti separano il credente riformato dal cattolicesimo romano, Van Til dimostra che la filosofia cattolica romana tradizionale allarga il divario tra i due. Elaborata da Tommaso d’Aquino, questa filosofia è fondata sull’idea dell’analogia dell’ente, un concetto ispirato dalla scala dell’essere di Aristotele. Quest’ultimo credeva che l’uomo si trovava su una scala collegando in cima la forma pura, l’essere ideale, con la materia pura, il mondo del non essere, in fondo. Ignorando che la sapienza di questo mondo sia follia per Dio (1 Corinzi 3,19), Tommaso adottò questo concetto per sviluppare la sua analogia dell’ente, piazzando quindi l’uomo tra la forma pura, Dio, e la materia pura, il non essere o l’inferno. Secondo Van Til, le conseguenze di una tale filosofia sulla definizione cattolica romana della fede sono devastanti. Il peccatore rischia sempre di essere inghiottito dal non essere, l’inferno. Egli ha quindi bisogno di grazia per essere elevato sulla scala più vicino a Dio. Ma questa grazia è infusa e non imputata una volta per sempre attraverso il sacrificio di Gesù. Il peccato può quindi causare la perdita graduale della grazia. Per Van Til, il credente riformato non può mescolare le sue convinzioni con una tale teologia nella ricerca di unità cristiana.

Protestantesimo moderno
Per spiegare il protestantesimo moderno, Van Til analizza le teologie di due delle sue figure di spicco ai tempi della pubblicazione del libro, Richard Kroner (1884-1974) e Paul Tillich (1886-1965). Entrambi si basavano sulle fondamenta filosofiche di Immanuel Kant. Ai tempi in cui la scienza sembrava minacciare la fede cristiana, Kant pensava di salvare entrambe spiegando che tutta la realtà era divisa in due sfere mutualmente esclusive, il fenomenico governato dalla scienza e il noumenico governato dalla fede. Secondo Kant, se Dio esiste, sarà limitato unicamente nel noumenico. Dio non poteva influire il fenomenico. La fede cristiana era quindi esclusa dal mondo scopribile dalla scienza. Le idee di Kant hanno avuto un impatto ampio sulla cultura occidentale ed in particolare sulla teologia protestante. Nella sua analisi delle teologie di Kroner e Tillich, Cornelius Van Til dimostra che il protestantesimo moderno non crede nella sovranità di Dio che ordina immutabilmente tutto ciò che si adempie. In ultima analisi, con le sue pretese kantiane di poter interpretare tutta la realtà, il protestantesimo moderno attribuisce questa sovranità alla ragione umana. Non sarà quindi in questa corrente che il credente riformato troverà alleati.

Cattolicesimo romano moderno
Van Til spiega che il cattolicesimo romano moderno elaborato nel concilio Vaticano II si basava sulle filosofie di Jacques Maritain, Etienne Gilson ed altri. Maritain diceva che, invece di aver fede nella ragione umana, l’uomo doveva avere fede nell’intuizione dell’essere, cioè nel fatto che era un essere autoconsapevole. In questo modo, Maritain pensava di aver sconfitto la fede razionalista del protestantesimo moderno. Tuttavia, dopo aver stabilito il suo concetto dell’intuizione dell’essere, Maritain riposiziona l’uomo nell’analogia dell’ente tomistica. Tramite Maritain, Van Til dimostra quindi che il cattolicesimo romano moderno non fugge dalla fede nell’autonomia umana del protestantesimo moderno. Il credente riformato non può quindi adottare una tale filosofia.

Ecumenismo
Van Til conclude la sua opera con un’analisi dell’ecumenismo moderno paragonandolo a ciò che chiama ecumenismo biblico. Mentre quest’ultimo raduna i figli di Abraamo, Isacco e Giacobbe, cioè quelli che credono nel Dio rivelato nelle Scritture, l’ecumenismo moderno cerca di radunare i figli di Abraamo, Isacco ed Esaù. Il padre dell’ecumenismo moderno Adolf Visser’t Hooft definiva l’ecumenismo come il raduno del movimento missionario mondiale della chiesa, stabilendo relazioni e unità tra varie chiese. Per Van Til, sia l’ecumenismo biblico sia quello moderno concordano con questa definizione. Tuttavia, l’ecumenismo moderno, a causa delle chiese che raduna, rinnega la salvezza per sola grazia, il vero punto in comune di quelli che appartengono all’ecumenismo biblico.

Conclusione
Le varie correnti teologiche esplorate nel libro Il pastore riformato e il pensiero moderno rivelano che, anche se a prima vista, la fede nel Dio trinitario è condivisa da tutte, in pratica la teologia riformata, fondata nella sovranità di Dio e nella Parola di Dio, troverà ben poco da condividere con altre confessioni. Più di cinquant’anni dopo la pubblicazione del libro, i credenti riformati odierni troveranno in questo libro tanti elementi vitali per difendere la loro fede con i cristiani di altre convinzioni.

[1] Confessione di fede di Westminster 3.1