La coscienza abusata. Intorno a un libro di Matthew Levering

 
 

Matthew Levering è un teologo cattolico romano di un certo successo negli USA. I suoi libri sono ben scritti e frutto di accurate ricerche. Quando scrive su un argomento, si può essere certi della sua integrità accademica. La sua opera più recente, The abuse of conscience (2021), non fa certo eccezione. Con grande attenzione e dettaglio, esamina il ruolo della coscienza nella teologia morale cattolica nel secolo scorso. Il suo studio non si limita ai soli cattolici romani, ma include i contributi di importanti teologi protestanti sulla teologia della coscienza come Dietrich Bonhoeffer e Karl Barth ed esamina anche i contributi di alcuni filosofi.

Levering sostiene che il 20° secolo sia stato testimone di un "abuso di coscienza", nel senso che la teologia morale cattolica "ha dato un posto troppo ampio alla coscienza nella vita morale cristiana" (p. 1). Questo problema, secondo Levering, si è aggravato dopo il Concilio Vaticano II. Lui stesso è stato formato negli anni '90 all'interno di una cornice tomista, il che significa che sebbene la coscienza fosse apprezzata e avesse un posto importante nella moralità, non era il centro della vita morale. Tuttavia, nella teologia morale cattolica romana post-Vaticano II la coscienza ha avuto un ruolo sempre più centrale, e ora troppo “facilmente e ostinatamente prende il controllo dell'intero terreno” (p. 11). Lo scopo di Levering è duplice: introdurre i percorsi principali intrapresi dalla teologia morale cattolica nel ventesimo secolo e esporre le carenze delle versioni accademiche dominanti della stessa.

Levering osserva che "La tragedia della teologia morale cattolica del ventesimo secolo, nei suoi filoni accademicamente dominanti, è che alla fine non ha avuto la forza per superare la forte spinta culturale verso la soggettività sovrana... Oggi, la moralità centrata sulla coscienza è in gran parte un programma di liberazione individuale e collettiva dalle norme e dai sistemi morali universali, nella speranza che ciò porti alla giustizia sessuale, sociale ed ecologica” (p. 206). Secondo Levering, la soluzione è rimuovere la coscienza dal suo ruolo centrale nella teologia morale. Certamente ha il suo posto, ma la sua posizione nel quadro morale teologico dovrebbe limitarsi al servizio della prudenza e delle virtù.

Molto di ciò che Levering dice sulla coscienza e il suo posto gonfiato nella teologia morale è lodevole. È necessaria una corretta reintegrazione della coscienza nel quadro della teologia morale. Ma da una prospettiva evangelica, le conclusioni a cui giunge Levering non sono sufficienti. Ciò non è dovuto alle inadeguatezze da parte di Levering, ma al sistema teologico cattolico romano all'interno del quale opera. La coscienza, conclude Levering, va posta al servizio della prudenza e delle virtù. In questo modo è adeguatamente reintegrato nel suo quadro teologico morale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce la prudenza come «la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo» (1806). 

Mentre Levering sostiene che la teologia morale cattolica ha dato un posto troppo centrale alla coscienza, l'evangelico sostiene che la teologia cattolica romana ha dato troppo credito alle capacità naturali della coscienza. Secondo il cattolicesimo romano, la coscienza è intrinsecamente o naturalmente buona e ci porta sempre a fare il bene ed evitare il male. La Gaudiem et Spes del Vaticano II afferma proprio questo: «Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore: fa questo, evita quest'altro. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato» (16).

Questo, tuttavia, sembra contraddire i chiari insegnamenti che troviamo nella Scrittura. La Bibbia presenta costantemente l'umanità come schiava del peccato e in effetti morta a causa del peccato (Ef 2,1,5; Rm 6,11,23). Essa vuole solo soddisfare i desideri della carne (Rm 8,5-6). L'uomo non ha alcuna propensione a cercare ciò che è buono e giusto e non ha alcuna capacità di percepire le cose dello Spirito. In verità, sono follia per lui (1 Corinzi 2,14). L'uomo è nelle tenebre, compie le opere delle tenebre e, naturalmente, preferisce le tenebre alla Luce (Ef 2,8,11). Lo stesso messaggio della croce, su cui si fonda il Vangelo, è stoltezza per coloro che muoiono (1 Cor 1,18). Come può allora la nostra coscienza invitarci sempre ad amare il bene ed evitare il male?

Oltre ad avere un posto troppo preminente nella teologia morale, l'“abuso di coscienza” per l'evangelico ha questo elemento aggiuntivo. È stato dato troppo credito alla sua capacità di condurci a una conoscenza più profonda di Dio e di scegliere ciò che è giusto rispetto a ciò che è sbagliato. Questo è chiaramente il frutto dell'insegnamento della Chiesa cattolica sulla natura, ma che la Scrittura non consente. Levering scrive che il quadro morale, che include la coscienza, deve avere “Dio e beatitudine al centro, e quindi con Cristo e la grazia dello Spirito Santo al centro, guarendo ed elevando i poteri della natura umana secondo la legge di Dio” (p. 207). Anche se questo potrebbe suonare bene, e mentre molti evangelici potrebbero annuire con la testa in accordo, è importante ricordare e comprendere il quadro teologico entro il quale Levering opera. La guarigione della natura umana di cui parla assume una natura umana che non è stata devastata dal peccato. Ciò cambia tutto. Vuol dire che la grazia di cui parla dipende da Dio sì, ma non da Dio solo, perché la natura umana ha la capacità di cercare Dio e fare ciò che è giusto. È una relazione simbiotica. Questo, però, cambia completamente il Vangelo. Diminuisce la potenza redentrice ed esclusiva della sola grazia di Dio, rivelata attraverso la sola Scrittura e resa disponibile mediante la sola fede in Cristo solo.

Occorre prestare particolare attenzione anche al tono tomista delle conclusioni di Levering. Egli sostiene una comprensione più tradizionale di Tommaso che mette la coscienza al servizio della prudenza e delle altre virtù. Critica la concezione della coscienza del Vaticano II che le attribuisce un posto troppo centrale nella teologia morale, mentre afferma essere questo insegnamento rappresentativo di Tommaso. L'evangelico deve capire che, indipendentemente dal punto di vista che si assume su Tommaso (tradizionale o del Vaticano II), entrambi sono radicati in una comprensione non biblica della natura umana. La natura informa la coscienza e la coscienza informa l'uomo e le decisioni che prende. Ancora una volta, tuttavia, Tommaso (e il cattolicesimo romano) concede alla natura umana e, a sua volta alla coscienza, abilità che la Scrittura non solo non garantisce, ma contraddice. Questo è il vero “abuso della coscienza”.