La predicazione cattolica al servizio della Parola di Dio?

 
Il Vaticano II (1962-1965) ha stimolato la Chiesa cattolica a focalizzarsi sulla Scrittura, non alterando la centralità dell'Eucaristia e il quadro sacramentale generale, ma aggiungendo ad entrambi un sapore più biblico. Fino a che punto questo obie…
 

Storicamente parlando, il sermone (in linguaggio cattolico: l'omelia) non è mai stato tra le priorità della Chiesa cattolica romana. La liturgia cattolica standard è incentrata sull'Eucaristia, “fonte e culmine della vita cristiana” (Lumen Gentium 11), non sulla Parola predicata. È stata data più attenzione alla celebrazione sacramentale che all'annuncio del Vangelo. Inoltre, la spiritualità cattolica è stata plasmata più da varie devozioni che dall'esposizione pubblica della Parola di Dio. Salvo eccezioni, naturalmente, la predicazione è stata in gran parte periferica, tendendo al moralismo e alla catechesi piuttosto che prestare adeguata attenzione al testo biblico. Il Vaticano II (1962-1965) ha stimolato la Chiesa cattolica a focalizzarsi sulla Scrittura, non alterando la centralità dell'Eucaristia e il quadro sacramentale generale, ma aggiungendo ad entrambi un sapore più biblico. Fino a che punto questo obiettivo sia stato raggiunto è una questione controversa.

In Evangelii Gaudium (La gioia del Vangelo) – l’Esortazione apostolica del 2013 – Papa Francesco ha dedicato diversi paragrafi (nn. 135-175) per incoraggiare i sacerdoti cattolici a essere seri nel preparare e tenere l'omelia, forse per l'insoddisfazione per il modo in cui normalmente l’affrontano. Nel 2014 il dicastero vaticano preposto alla supervisione del culto e dei sacramenti ha pubblicato un Direttorio omiletico, cioè un manuale di 150 pagine per predicatori che contiene le linee guida su come predicare in modo appropriato.

Ars preadicandi (l'arte della predicazione) è l'espressione tecnica che viene utilizzata nel manuale per indicare le capacità omiletiche che sono richieste al predicatore. Prima di evidenziare i suggerimenti più pratici, il manuale fissa il quadro teologico dell'omelia. Poiché è l'Eucaristia che fa la Chiesa (citando il Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1396), la predicazione è posta sotto questa struttura sacramentale.

Ciò significa che Cristo è realmente presente nell'Eucaristia, ma solo analogicamente (cioè in modo più debole, più remoto) nella Parola predicata. La Parola annuncia Cristo, ma è l'Eucaristia che attualizza il mistero pasquale di Cristo (n. 10). La Parola annuncia il Vangelo ma è l'Eucaristia che trasforma le persone (n. 14). La predicazione poi accompagna l'Eucaristia, ma il suo significato ultimo risiede nella “presenza reale” dell'Eucaristia.

Secondo la Riforma protestante, la Chiesa è costituita dalla predicazione della Parola e dall'amministrazione degli ordinamenti. In altre parole, la Parola viene logicamente e teologicamente prima, mentre il manuale cattolico è fedele al capovolgimento dell'ordine cattolico romano e di fatto fonde la predicazione della Parola nel Sacramento (sacramento al singolare, dato l'assoluto rilievo dell'Eucaristia sopra gli altri sacramenti). Il fatto che l'omelia abbia “un carattere intrinsecamente liturgico” (n. 5) conferma che questa nuova accentuazione vaticana sulla predicazione fa derivare l'annuncio della Parola dalla priorità sacramentale dell'Eucaristia.

Venendo a questioni più pratiche, il manuale delinea la predica come avente le seguenti caratteristiche: breve, non una lezione, non troppo astratta, non un esercizio esegetico, non solo una testimonianza personale (n. 6), in linea con le preoccupazioni delle persone e indicante un atteggiamento materno della chiesa nei loro confronti (n. 8). Questi ultimi due aspetti sono molto vicini alla “teologia del popolo” di papa Francesco, cioè un'attenzione speciale riservata alla pietà, alle devozioni e alle attese del popolo. Nel complesso, l'omelia viene presentata come qualcosa che presenta più pericoli negativi da evitare che modelli positivi a cui guardare.

Il manuale evidenzia poi i compiti specifici della predicazione nell'anno liturgico scandito da Pasqua, Quaresima, Avvento, Natale ed Epifania e all'interno di un ciclo triennale. Un forte accento è posto sulla responsabilità di predicare la fede della Chiesa nel contesto della “Tradizione viva di tutta la Chiesa” (n. 17). La Scrittura è vista come parte della Tradizione di cui la Chiesa è la voce viva. Da un lato, l'omelia è teologicamente seconda rispetto all'Eucaristia; dall'altro è radicata nella tradizione della Chiesa che lo controlla. Questo modello non corre il pericolo di essere un meccanismo difensivo che finisce per imbavagliare la parola di Dio? Se questo è il caso, come può la Parola predicata stare al di sopra della chiesa?

Come scrisse Paolo, "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio ed è utile per insegnare, rimproverare, correggere e addestrare alla giustizia". (2 Timoteo 3,16). Questo manuale aiuterà i cattolici romani ad essere più esposti alla predicazione della Parola di Dio, o rafforzerà ciò che la Chiesa cattolica romana è già e continuerà ad essere?