Natale con Turrettini (I). Era necessario che il Figlio di Dio si incarnasse?

 
 

E’ iniziata la settimana che precede la festa più importante dell’anno: il Natale, il ricordo della venuta di Cristo! Certo, si può scegliere di dare al Natale un significato tutto soggettivo, sganciato dalla storia e dalla tradizione con il solo scopo del godimento dei festeggiamenti in sé, oppure scegliere di interrogarsi sul vero significato di questo evento. Quest’anno, mentre se ne celebra il quattrocentenario della nascita, si può avere anche l’opportunità di interrogare Francesco Turrettini (1623-1687) e di essere aiutati dai suoi scritti a vivere il Natale in modo biblicamente consono. Turrettini è teologo di origini italiane del periodo successivo alla Riforma protestante. E’ chiamato il “Tommaso” del mondo riformato. L’occasione è resa possibile dal momento che per la prima volta, in italiano disponiamo di una parte della sua opera principale, l’Istituzione della teologia persuasiva, essendo in corso di traduzione e pubblicazione a cura di Pietro Bolognesi, presso l’editore BE di Firenze.

Come “è venuto” il Figlio di Dio? Per salvarci da cosa? E in che modo ci salva? Soprattutto, era proprio necessario che si incarnasse? A quest’ultima domanda il teologo risponde nel locus “Sulla persona di Cristo” nella Quaestio III: Fu necessario che il Figlio di Dio si incarnasse? Sì! 

Turrettini per prima cosa esamina le parole usate dalla Bibbia per descrivere la venuta di Gesù e trova che riguardano tutte la dimensione fisica e corporale tipica della natura umana: corpo, carne, incarnazione, natura che è stata “presa”, che si è “manifestata” e che è “apparsa”. È stata presa da Dio Figlio, è stata manifestata al mondo ed è apparsa ai suoi contemporanei. L’Eterno Iddio che abita “una luce inaccessibile” si è incarnato: non è questa una cosa inesprimibile e meravigliosa?  

Non che fosse tenuto a farlo, non aveva bisogno di noi, per essere totalmente felice, completo e soddisfatto, glorioso nella sua pienezza. Non c’era nemmeno una necessità “metafisica” per cui Dio dovesse entrare nel tempo e nello spazio da Lui creati. Ha voluto farlo non per sua necessità, ma per il nostro bisogno, per il bisogno che tutti abbiamo di essere salvati dalle conseguenze del nostro peccato: la giusta ira di Dio e la sua condanna. Se pensiamo che il peccato non esiste o che, se esiste, non riguarda noi, siamo bugiardi e mentiamo contro la verità. 

Turrettini scrive che Gesù è venuto specificamente e precisamente per i peccatori. Poiché l’autosalvazione è un’illusione, Dio ha mandato Suo Figlio in carne perché fosse il Profeta che chiama al pentimento e alla fede, il Sacerdote che offre sé stesso come riscatto e il Re che guida, difende e preserva quelli che si affidano a Lui.

Infine, la domanda da cento punti: perché? Perché Dio ha inviato il Suo amato Figlio, perché il Figlio ha voluto venire, e perché lo Spirito opera con potenza per convincere il mondo “di peccato, di giustizia e di giudizio”? La risposta di Turrettini è semplice e difficile nello stesso tempo. Per amore dei perduti. È semplice, perché non c’è forza che potrebbe smuovere i mondi se non l’amore. È difficile da credere per i molti che hanno il cuore insensibile, indifferente e duro; difficile ma non impossibile, perché molti di coloro che credono sono stati conquistati dall’amore di Dio e liberati dalla prigionia mortale del peccato. Tra di loro, molti Padri della Chiesa, come Agostino che scrive: “La causa della venuta di Cristo Signore altra non è che quella di salvare i peccatori”, e l’apostolo Paolo avrebbe aggiunto “dei quali io sono il primo”.

(continua)