Quanto evangelici siamo? Dipende dal rapporto con la Bibbia

 
 

La domanda può sembrare ingenua e la risposta scontata. Ma è davvero così peregrina? A porsela è il prof. Bolognesi nel denso saggio “Tasso evangelico. Quanto evangelici siamo?” pubblicato su Studi di teologia N. 66 (2021). In questa situazione non è forse una domanda pertinente? Il movimento evangelico nel mondo conta numeri importanti (anche se noi siamo una piccola minoranza). Eppure ci sono sempre più interrogativi su cosa si debba intendere per evangelico. Molti, troppi sono i casi in cui, in mancanza di una chiara e stabile identità, si verificano dei fuori pista e delle cantonate alla ricerca di qualsiasi novità in cerca di spettacolarità e successo. 

Sembra che tutto vada bene in questi tempi anti-polemici e relativisti. Non sono pochi coloro che agognano un risveglio in Italia, aspettando un grosso raccolto di anime che si convertano. Non si tiene conto, però, che la Bibbia parla di risveglio del popolo di Dio e che questi sono avvenuti quando vi è stato un nuovo interesse per la Parola di Dio, unica in grado di risvegliare le coscienze e suscitare la vera fede. Lo Spirito Santo si serve di essa e non di altro per chiamare al ravvedimento. Dunque, per dare senso all’essere evangelici bisogna conoscere le Scritture e la sua potenza. La non conoscenza della Scrittura produce debolezza spirituale, deviazioni dottrinali, allontanamento dalla “fede tramandata una volta e per sempre ai santi” (Giuda 3).

Nel corso della storia si possono individuare vari modi di leggere e vivere la Bibbia. Questi modi hanno determinato la formazione di vari orientamenti teologici non conciliabili tra loro. In un bellissimo saggio del 1980, il teologo evangelico francese Henri Blocher individua quattro sistemi teologici fondamentali che si confrontano nel mondo moderno: il Liberale, il Neo-ortodosso, il Cattolico e quello Evangelico (Studi di teologia, N. 6 [1980]). 

Ognuno di questi orientamenti ha i suoi presupposti teologici. I primi tre si influenzano reciprocamente determinando il cammino ecumenico tra loro, pur restando ognuno nel proprio alveo. Il sistema liberale colloca la ragione al di sopra dell’autorità della Scrittura, sviluppando un metodo critico di lettura della Bibbia. Il movimento neo-ortodosso, sorto dal liberalismo, ha compiuto un percorso di parziale distanziamento dalle sue radici, ma resta distante dall’ortodossia cristiana, anzi se ne allontana sempre più. 

Il cattolicesimo, dal canto suo, ha sempre ridotto il valore della Bibbia sottoponendola alla sua stessa tradizione. Per la sua comprensione della cattolicità tende ad inglobare in sé ogni sistema religioso di matrice cristiana e non solo. Non essendoci regola extra nos, quale è la Bibbia in senso oggettivo, la verità diventa relativa e soggetta al magistero della chiesa. 

L’orientamento teologico evangelico è quello riscoperto dai Riformatori del XVI secolo, anche se radicato nella storia fedele del popolo cristiano nei secoli. Da alcuni è indicato anche come “conservatore”  o “fondamentalista”.  Per onestà intellettuale va precisato che quest’ultima dizione in alcuni casi ha anche assunto una forma estremista detta “neo-fondamentalismo”. 

Al di la di queste brevissime considerazioni, è utile menzionare alcuni orientamenti che dovrebbero suscitare delle preoccupazioni. Faccio riferimento allo “spiritualismo” ed allo ”esperienzialismo”. Entrambi riconoscono, almeno formalmente, l’autorità della Scrittura, ma si basano sulla “luce interiore” ai fini della sua interpretazione e predicazione. Il secondo si riduce a vivere una esperienza emotiva o estatica interiore. In entrambi i casi ci si immette in un ambito soggettivo, lontano dai canoni evangelici individuati dalla Riforma e dai primi Padri della Chiesa. L’esperienza è certamente impattata dall’insegnamento biblico, ma è quest’ultimo ad essere normativo per la vita. 

Quando ci si basa sull’esperienza o ci si affida a parole come “Il Signore mi ha detto” senza radicarsi nella Parola di Dio, non ci si espone a rischi gravi? Non si corre il rischio di uscire dai canoni evangelici aprendo il vissuto “evangelico” ad elementi spuri?

Dunque, la domanda “quanto evangelici siamo?” interpella il nostro modo di ricevere, leggere e vivere la Bibbia come Parola di Dio, per la vita intera, nella comunione della chiesa, per la gloria di Dio e la testimonianza dell’evangelo nel mondo.