Quanto è radicata la fede? Tre passi per renderla ancora di più

 
 

Quante volte abbiamo visto un albero sradicato dal forte vento ed altri abbattuti perché costituivano un pericolo per persone e cose? Evidentemente quegli alberi non avevano radici profonde. Queste circostanze fanno pensare a quanto sia importante che la fede cristiana sia ben radicata nella Bibbia  per resistere alle intemperie della vita, per restare saldi nelle verità della fede e per non subire il fascino ammaliante di devianze varie. Queste ultime, a ben guardare, possono essere nuove formulazioni di vecchie eresie o nuove invenzioni. In questi  tempi, vuoi per superficialità o per sentimenti benevoli, si tollera tutto o quasi. Non si vuole affatto sollevare nuove crociate o favorire l’intolleranza. La libertà religiosa è un bene irrinunciabile. Poiché “non tutto è oro ciò che luccica”, non è forse un bene distinguere il bene dal male? Per esercitare discernimento ci vuole buona conoscenza e maturità. 

La città di Corinto del primo secolo aveva molte cose in comune con le società contemporanee; essa era multiculturale, multirazziale, multi-religiosa, viveva anche le disuguaglianze tra ricchi, poveri e schiavi. Essendo anche un’importante crocevia commerciale tra l’oriente e l’occidente, i viandanti condividevano le nuove idee che apprendevano durante i loro viaggi. Oggi diremmo che era una città globalizzata. L’Apostolo Paolo, avuto notizia che la chiesa era minacciata ed influenzata da nuove idee, esortò i credenti a “stare fermi nella fede” (1 Corinzi 16,13). 

Nella Scrittura troviamo più volte delle esortazioni del genere. Anche ai Colossesi Paolo rivolse la stessa esortazione (1,23) dicendo di essere “fondati e saldi nella fede”. Come fare ad avere una fede siffatta? Servono almeno tre cose. 

1. Evitare l’individualismo e l’autodidattismo. I credenti sono parte della chiesa, parte del popolo di Dio e non individui isolati. Essi sono come le membra di un corpo e per questo interdipendenti l’uno dall’altro, sono  legati insieme dal vincolo della fede. Dobbiamo imparare da chi ci ha preceduto e che è stato fedele alla Parola di Dio e da chi è davanti a noi spiritualmente.

2. In secondo luogo, tenuto conto della corruzione del cuore e dell’intelletto umano, non c’è da affidarsi all’illuminazione interiore, a momenti estatici, né al misticismo e neanche al razionalismo. La rivelazione naturale non può surrogare quella speciale. Il popolo di Dio è il popolo del Libro e il “Sola Scrittura” dei Riformatori rimane vincolante per sempre. 

3. In terzo e ultimo luogo, per conoscere Dio bisogna sviluppare alcune pratiche scolari, prima delle quali la lettura della Bibbia. Non si può esaltare il culto dell’ignoranza: essa promuove superficialità ed apre ad errori? Piuttosto, per avere una fede ben radicata e salda ci vuole la formazione permanente. Si tratta di un principio che è valido in tutti i campi delle attività umane. Per acquisire competenze non è affatto sufficiente la buona volontà ed emotività, ma anche la formazione e l’esperienza. 

Tutti, nella vita, svolgono un periodo di apprendistato prima iniziare a svolgere un’attività. Dagli elementi semplici si passa gradualmente a livelli superiori. Per imparare ci vuole qualcuno che insegni. Mosè formò Giosuè, Elia formò Eliseo, Gesù insegnò ai discepoli, Paolo formò i suoi collaboratori e tra questi vi erano Tito e Timoteo. Quando fondò la chiesa di Efeso Paolo istruì in “tutto il consiglio di Dio” coloro che sarebbero diventati i pastori della chiesa (Atti 20,27-28). La prima chiesa era perseverante nell’insegnamento degli apostoli (Atti 2,42). 

Il principio che emerge da  questi esempi storici è statuito anche in 2 Timoteo 2,2  con le parole: “le cose che hai imparate da me – dice Paolo – in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli che sappiano insegnarle anche ad altri”. Gli apostoli furono discepoli del maestro Gesù, Timoteo e Tito furono discepoli del maestro Paolo e loro formarono altri e così via di generazione in generazione. La fede si trasmette con l’insegnamento alle nuove generazioni e queste che l’apprendono la trasmettono ad altri. 

E’ un circolo virtuoso conforme al decreto del Signore ed è caratteristica della vita della chiesa. In altre parole, possiamo dire che i discepoli del Signore formano altri discepoli. La fede cristiana non viene inventata di anno in anno e non va intuita da soli; sottomessi al Dio della Scrittura, si aderisce a formulazioni già composte. I simboli e le confessioni di fede, ritenendo la fede come un deposito da trasmettere fedelmente, aiutano in questo percorso. Non ci sono scorciatoie per acquisire formazione, non c’è autodidattismo che tenga, né social media che siano sufficienti. Anche la lettura di  buoni libri, se fatta in solitudine, non aiuta la vera formazione. Non c’è altro modo che essere discepoli di chi è stato discepolo. Indubbiamente è un percorso impegnativo, lento, che richiede risorse di vario genere. Eppure è la via che bisogna percorrere per avere una fede radicata e salda.