Se la cattolicità perde la confessionalità. Appunto su un saggio di Protestantesimo

 
 

Sembra che il tema della cattolicità appassioni e affascini molti settori dell’evangelicalismo. Di recente si è parlato di cattolicità riformata, cattolicità anglicana e di cattolicità evangelica. Se la tendenza sino a pochi decenni fa era di trascurare questo segno della chiesa e semmai privilegiarne altri come l’unità, la santità e l’apostolicità, recentemente la cattolicità riscuote crescente interesse da parte evangelica, nelle diverse tradizioni dell’evangelicalismo.

Un esempio recente di tale “riscoperta” è il saggio di Steven Harmon, “La cattolicità battista: che cos’è e perché è importante per i battisti e per tutta la chiesa di Cristo”, Protestantesimo 79 (2024) pp. 41-55. Harmon è un teologo storico americano, docente alla Gardner-Webb University School of Divinity a Boiling Springs, North Carolina e autore di Towards Baptist Catholicity. Essays on Tradition and the Baptist Vision (Wipf & Stock, 2006). Harmon appartiene all’ala ecumenica del battismo internazionale, posizione testimoniata dal suo impegno nella Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e nel dialogo tra l’Alleanza battista mondiale (l’organismo del battismo ecumenico) e la chiesa cattolica. Tra l’altro, una delle ultime opere di Harmon è proprio Baptists, Catholics and the Whole Church. Partners in the Pilgrimage to Unity (New City Press, 2021).

Harmon inizia il saggio distinguendo la cattolicità quantitativa (che sottolinea come la chiesa comprenda tutti i credenti) e qualitativa (che sottolinea i tratti distintivi della fede cattolica rispetto alle degenerazioni eretiche). Il teologo americano fa riferimento alla tentazione del battismo di applicare alla cattolicità una escatologia “super-realizzata” che scambia quello che la chiesa sarà pienamente nel futuro (pura, compiuta, arrivata) con quella che è oggi (pellegrina, spuria, in divenire). 

Proprio il tema del pellegrinaggio contraddistingue la sua concezione della cattolicità. La chiesa per lui è una comunità di persone in cammino che si trovano in punti diversi, a velocità diverse, in traiettorie diverse. Più che essere contraddistinta da un’identità dottrinale comune, il suo perimetro è uno spazio accogliente di storie che si intersecano, una rete di persone in movimento. L’enfasi sull’ecclesiologia pellegrina permette ad Harmon di leggere favorevolmente gli accenni alla chiesa peregrinante che sono presenti nei testi del Vaticano II (Unitatis Redintegratio, n. 21) e del magistero di Giovanni Paolo II (enciclica Ut Unum Sint, n. 38). Alla luce di questo apprezzamento, non stupisce che Harmon accolga anche lo spunto di Karl Rahner sulla divisione tra le chiese come “peccato ecclesiastico” e sulla necessità di superarlo riconoscendo non solo fraternità e sororità a singoli credenti di altre chiese, ma anche segni di ecclesialità delle istituzioni ecclesiastiche per allargare le maglie della cattolicità. Insomma, manca solo il riferimento all’unità come “poliedro” di papa Francesco e la sovrapposizione alla cattolicità ecumenica del cattolicesimo contemporaneo è compiuta.

Harmon parte da una preoccupazione legittima. Talvolta, il vissuto battista della chiesa è così particolare, locale e ristretto da perdere di vista la cattolicità della chiesa. Inoltre, la purezza della chiesa è letta in termini così rigoristi ed introspettivi da impedire di collegarsi con altre chiese che non corrispondono al 100% agli stessi criteri di auto-comprensione. La storia del battismo è lastricata di provincialismi e di frammentazione. L’escatologia “super-realizzata” nella chiesa locale soltanto è un rischio reale.

Detto questo, per contrastare le caricature del particolarismo battista, Harmon sembra spostare il pendolo verso l’abbandono delle specificità battiste dell’ecclesiologia. Esse possono essere rapidamente riassunte così: 

1. La chiesa è formata da credenti rigenerati (non solo da battezzati). Tutto il suo discorso sulla chiesa “pellegrina” sottostima il fatto che il movimento ecumenico (cattolicesimo romano compreso) è basato sul fatto che sia il battesimo che faccia i cristiani. Questo è contrario alla convinzione battista che si è battezzati in quanto credenti, non si diventa credenti col battesimo. 

2. La chiesa è definita dalla sua confessione della fede e non solo dalle sue storie. Tutta la sua enfasi sull’identità narrativa corre il rischio di ledere i contorni dottrinali della chiesa per essere risucchiato in una indistinta rete di solidarietà umana, più vicina al pan-ecumenismo di Fratelli tutti di papa Francesco che non al patrimonio confessionale della fede battista. 

Va bene il richiamo alla cattolicità, ma non a scapito della confessionalità della chiesa. Se si cerca la prima senza la seconda, non si scopre la cattolicità biblica ma un progetto ecumenico che ha perso il sapore evangelico.