Un’agape sopra le pannocchie giganti. Celebrando il Signore per i 50 anni della chiesa di Padova

 
 

Pannocchie, fieno e ancora pannocchie. Storicamente la composizione agronomica delle colture dei terreni agricoli della pianura veneta è stata caratterizzata da una bassa varietà. Anche secondo le statistiche odierne, essa è per la maggior parte costituita da colture di mais e foraggio.

Questo fu tra i motivi che portò nelle generazioni venete passate la diffusione della pellagra, una gravissima malattia dovuta alla carenza di vitamine.


C’è però un terreno nella campagna padovana sul quale la destinazione d’uso non è andata ad ingrandire queste statistiche. In quel terreno, con ombrelli in mano, bambini in braccio, e un fermo fiato in gola, uno sparuto gruppo di credenti sfidava la monoCOLTURA delle giganti piante di granturco che lo circondava. E sull’intonazione di “Gesù Cristo è tanto grande” il 26 settembre 1999 quei credenti sfidavano dietro alle giganti piante anche la monoCULTURA delle loro genti. Per chi conosce quel territorio, gigantesca, assieme alle piante, poteva apparire anche l’impresa.

Ma tra i pionieri padovani è prevalso lo spirito di Giosuè e Caleb, e così tra le promesse di abbondanti e variegati raccolti, uno di questi è stata la possibilità di accogliere lo scorso venerdì 25 aprile, 26 anni dopo ma su quello stesso terreno, più di 250 persone per l’annuale agape delle chiese CERBI del nord Italia


Non più tra pannocchie di granturco, ma nel rispettato Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione, il quale nasceva prima dell’edificio che oggi lo ospita, ma che alla guida del Prof. Bolognesi, si adoperò con le autorità cittadine affinché la via del nuovo edificio fosse dedicata al teologo riformato del 500 Pietro Martire Vermigli.

Altro frutto questo, controculturale di quei semi gettati alla faccia delle pannocchie. Una semina e una raccolta documentate dall’emozionante video della storia dell’edificio, proiettato in posizione cronologicamente centrale nella scaletta della giornata di venerdì.


Teologicamente centrale nella giornata è stato invece il verso 10 di 1 Corinzi 15, declinato dal pastore Pietro Bolognesi in “La grazia Sua [verso di noi] non è stata vana”. Per un evangelico interrogarsi sulla grazia potrebbe diventare un’ovvietà. Ovvie invece non sono state le riflessioni sprigionate dalla meditazione del pastore Bolognesi, che ha sottolineato innanzitutto che la grazia è elezione.

La grazia infatti è SUA, e in quanto tale è pienamente efficace nell’elezione del popolo e degli individui a cui essa si rivolge, senza scrutini preventivi sulla loro ammissibilità “affinché nessuno se ne possa vantare”. Il pastore ha quindi proseguito evidenziando che poiché la grazia è elezione, provenendo da Dio, la grazia è anche efficacia. Ovvero non è vana nella sua traduzione nel patto, divenendo in terzo luogo grazia come guarigione per chi di questo patto fa parte.


Non vano è stato senza dubbio il supporto logistico dello staff, che impeccabilmente ha accompagnato questo popolo di guariti e guarenti, servendo a tutti un pasto caldo offerto dalla chiesa di Padova, in sostituzione dell’usuale pranzo al sacco.

Vano sarà invece, nelle poche righe restanti, il tentativo di riassumere con il dovuto peso, il corposo contributo degli altri interventi, uniti dal filo conduttore del ricordo come “trampolino per l’obbedienza”.


Così lo ha dipinto Enrico Calanchi della chiesa di Formigine, che della storia della rete CERBI ha dato un’esposizione ragionata, più che celebrativa, soffermandosi sul suo valore fondativo, ovvero il congregazionalismo di comunione.


In un tempo in cui il termine “evangelico” è inflazionato a sinistra e sequestrato a destra, “Che cosa significa essere evangelico” è stato il titolo della meditazione portata da Alessandro Sciortino. Questa ha riportato al centro la valenza del termine, rispolverandone l’etimologia e la storia.


Pietro Bolognesi poi, nell’accogliere Bruno Cacciavillani in rappresentanza dell’amministrazione patavina, ha ricordato che la presenza evangelica in città, in quanto agenzia di iniziative culturali, sostenute da persone trasformate che fanno parte di una comunità integrata, è di per sé un patrimonio per la città stessa. E nel fare ciò non ha nascosto una franca esortazione a vigilare più attentamente sulla laicità che deve tutelare questa come altre minoranze.


Sergio De Blasi, sempre della chiesa di Padova, ha fornito di essa un’interessante suddivisione dei periodi principali che hanno caratterizzato il cammino della comunità. Così dopo la prima fase pionieristica, quest’anno, nell’attuale fase di consolidamento si scandirà di questo cammino il 50° anniversario.


Il terreno era a questo punto fertile per una serie di interviste condotte da Filippo Barbé ai vari ospiti delle altre chiese. Ciascuna ha fatto emergere il caloroso supporto ricevuto da quel tanto amato risvolto pratico della teologia che il professore-pastore Pietro Bolognesi da sempre insegna.

A lui e alla moglie Lydia che lo ha sempre sostenuto, è stato dato in dono una targa e un libro di ringraziamenti, dal quale la lettura in incognito di uno di questi non ha risparmiato di rompere le righe della tenuta emotiva a chi conduceva le interviste, in questo ben accompagnato da molti altri presenti.


Infine, Luigi Dalla Pozza, pastore della chiesa di Verona, nel messaggio conclusivo “Sfide per il futuro”, ha reso i presenti partecipi della storia di Giuseppe che in Genesi, preparato da Dio, vive pienamente il sogno che ha orientato tutta la sua vita.

Riassumendo il messaggio di Dalla Pozza, chi legge (e chi scrive) può chiedersi: saremo in grado di nutrirci di questo sogno, lasciandoci preparare come Giuseppe dalle situazioni in cui Dio ci pone, per promuovere davvero una visione biblica della realtà?


L’esempio di Giuseppe è rincuorante. Sul trampolino del ricordo del suo sogno, seppe portare nutrimento e guarigione a terreni falliti, condannati alla carestia, prevedendo e provvedendo depositi per affrontare i momenti più difficili. Anche il terreno su cui è sorto IFED è un esempio incoraggiante.

È un deposito previsto e provveduto dalla Sua grazia, che non renderà vano quell’impegno programmatico delle chiese di questa rete ad “assimilare, annunciare ed applicare l’evangelo di Gesù Cristo in ogni ambito della vita… promuovendo il rinnovamento spirituale, sociale e culturale…”. Ma solo a partire dall’assimilazione degli ingredienti lasciati da questo deposito si potrà offrire alle genti una vera guarigione dalla pellagra della monocultura che le circonda.