Cosa (chi) rende “grandi”? Verso una teologia del M*GA
“Facciamo di nuovo grande l’Occidente” è stata una delle frasi che ha colpito di più l’opinione pubblica del dialogo tra Giorgia Meloni, Donald Trump e i giornalisti nello Studio ovale della Casa Bianca. Di fianco a lei che l’ha pronunciata, c’era il presidente che ha reso popolare lo slogan “Make America Great Again” (MAGA), “Facciamo di nuovo grande l’America”, e che lo ha elevato a programma della sua politica.
MAGA è diventato un template che ciascuno può ricombinare a piacimento: infatti basta cambiare l’oggetto ed ecco che si possono inserire nazioni (Make Britain Great Again), squadre di calcio (Make Toro Great Again), nomi di persona (Make Jovanotti Great Again) e intere macro-regioni del mondo (Make the West Great Again). Tutto e tutti possono rivendicare il M*GA.
MAGA è solo una variante del M*GA. La questione non è Trump o la Meloni, ma l’ideologia che rende attraente il M*GA, in tutte le sue innumerevoli declinazioni. Alcune osservazioni possono provvisoriamente essere fatte.
Sembra che il pendolo della cultura occidentale sia in movimento: dalla “cancel culture” al M*GA: dalla radicale critica all’Occidente all’affermazione identitaria dello stesso. La fase demolitiva è passata dalla decolonizzazione all’accusa di colonialismo culturale, dalla decostruzione dei testi allo smantellamento dei generi maschile e femminile, dall’intersezionalismo al “woke” (richiamato anche da Meloni), dalla teoria critica della razza al marxismo culturale, l’Occidente ha picconato il suo impasto culturale percepito come composto di capitalismo e liberalismo.
Anche il cristianesimo (meglio la cristianità) è stato considerato un ingrediente da cui prendere congedo. La spinta è stata verso una società globalista e relativista, dai generi fluidi, dai confini aperti, dalle distinzioni evaporate.
Da qualche anno il clima è cambiato. Ora, il vento soffia verso il polo opposto: esiste una spinta crescente che rivendica la grandezza dell’Occidente e si traduce in nazionalismi, protezionismi ed atteggiamenti ostili verso la globalizzazione.
La cristianità è vista come arma politica identitaria da sbandierare contro gli stranieri, gli immigrati, le minoranze. Dopo aver preso bastonate dalla cultura di sinistra, è arrivato il momento di “fare di nuovo grande l’Occidente” rivendicando muscolarmente i successi economici, la qualità della vita e i risultati del modello di vita occidentale.
Come sostiene il teologo francese Henri Blocher, [1] il pensiero umanista procede per “scosse” e “sussulti” (soubreasauts): il pendolo ora va di qua, ora di là. La dialettica tra “woke” e M*GA può essere spiegata anche così. Senza avere come baricentro la Parola di Dio, il pensiero umano ora si auto-esalta, ora si auto-distrugge e così via.
Detto ciò, c’è una lettura teologica più profonda del M*GA. In fondo, la volontà di grandezza non è un’invenzione di Trump o Meloni, ma è un filo rosso che attraversa tutta la storia biblica: dalla torre di Babele (Genesi 11) alla scelta di avere un re (1 Samuele 8) sino alla discussione tra i discepoli su chi fosse il più grande (Marco 9,30-37), è tutto un susseguirsi di progetti di M*GA, di aspirazioni di M*GA, di scontri motivati da M*GA conflittuali.
Il serpente solletica Adamo ed Eva accarezzando il M*GA del loro cuore; Caino uccide Abele perché il suo M*GA è stato ferito: dai nostri progenitori abbiamo ereditato un cuore impregnato di peccato che fabbrica M*GA a ripetizione.
Gesù è venuto a sconfiggere la malvagità del M*GA e a sovvertirne i valori. Cristo è venuto per servire e non per essere servito. Lui ha annichilito sé stesso per essere innalzato dal Padre. Come ha ricordato Lutero, la via della gloria (grandezza) passa dalla croce (umiliazione), senza scorciatoie ed eccezioni. Non è quello che abbiamo che ci fa grandi, ma con Chi siamo in relazione e Chi seguiamo nella vita che dà spessore all’esistenza.
Non sono ricchezze, potere, riconoscimenti umani che fanno grandi agli occhi di Dio. E’ l’essere approvati da Dio che fa la differenza. Se così è, possiamo essere deboli, ma saremo forti (2 Corinzi 12,10; cfr. anche 4,8-12).
E’ Dio che fa grandi: “L’uomo non può ricevere nulla se non gli è dato dall’alto” (Giovanni 3,27). La cultura evangelica sovverte la sete di grandezza autocentrata del M*GA e fa proprie le parole di Giovanni Battista: “Bisogna che Egli cresca e che io diminuisca” (3,30).
Chi deve essere davvero magnificato è il Dio uno e trino: Lui deve essere riconosciuto grande! “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria” (Salmo 115). Noi siamo servi inutili (Luca 17,7-10).
Prima o poi i M*GA umani saranno sbaragliati, ma chi si abbassa per innalzare il Signore sarà onorato (Luca 14,10-14). E’ giusto amare la patria, è giusto onorare le nazioni, è giusto avere un’alta considerazione del proprio popolo, è giusto contribuire al bene della società occidentale: ma attenzione a non trasformarla in un idolo da esaltare in termini carnali. Soli Deo gloria è la medicina contro tutti i M*GA.
P.S. Sulla visione biblica della politica, segnalo le prossime Giornate teologiche dell’IFED di Padova proprio su “La politica del vangelo” (Padova, 12-13 settembre 2025).
[1]: Henri Blocher, “Les soubresauts de la pensée humaniste et la pensée biblique”, Fac-Réflexion 32 (1995) pp. 4-17