Se Lutero tornasse a Roma oggi
“Sono passati più di 500 anni dall’ultima volta che ho visitato questa città, eppure poco è cambiato!”. Queste sono le parole che probabilmente direbbe Lutero oggi tornando a Roma e queste sono le parole che sono state messe in scena in un monologo scritto ed ideato dai membri della chiesa Breccia di Roma e recitato da Gioele di Bartolomeo, in occasione della consueta agape del 25 aprile che le chiese CERBI celebrano insieme ogni anno.
Il monologo è stato recitato a Colle Oppio, a Roma, a pochi passi dal Colosseo nella piazza che non molto tempo fa, non senza polemiche, è stata dedicata proprio al Riformatore tedesco. La rappresentazione ha immaginato un Lutero che, riflettendo sul suo viaggio a Roma del 1510, racconta le sue impressioni e le conseguenze che quel viaggio ebbe su di lui e, immaginandolo nuovamente nella città eterna, lo vede contrariato nel trovare la situazione sostanzialmente immutata dopo 500 anni.
Lutero venne a Roma quando era un giovane monaco agostiniano. Aveva studiato per diventare avvocato, ma poi la sua fede superstiziosa, lo aveva portato a prendere i voti, quando credette di morire durante un violento temporale. Divenuto monaco, la sua irrequietezza spirituale crebbe e si accentuò fino a provocargli tremendi stati di ansia. Per questo motivo accettò subito di venire a Roma come inviato del suo monastero per risolvere faccende burocratiche relative al suo ordine.
Credette che un viaggio nella città culla del cristianesimo e sede papale, sostenuto rigorosamente a piedi, attraversando l’Europa, gli avrebbe giovato avvicinandolo a Dio.
Arrivato come monaco e pellegrino, Lutero, invece si trovò in una città corrotta e tutt’altro che santa. Il mercato delle indulgenze era fiorente. I pellegrinaggi erano perlopiù una forma di mercato. Il clero viveva nell’immoralità e nell’opulenza.
Tutto questo scandalizzò Lutero che si trovò a vedere la città plasmata dai valori della bellezza rinascimentale più che dalla sobrietà e della verità del Vangelo. Nondimeno decise, come tutti gli altri pellegrini, di dedicare una giornata della sua permanenza a Roma per salire, sulle ginocchia, i gradini della Scala Santa, in Laterano, per acquistare un’indulgenza per l’anima di suo nonno. Comprando con qualche moneta un foglio di carta che attestava l’indulgenza per suo nonno, il giovane monaco ebbe un primo moto di dubbio e di riflessione.
Tornato in Germania e dedicatosi alla lettura e studio della Bibbia, Lutero realizzò il significato della giustificazione per sola fede in Cristo solo e per sola grazia. Realizzando che la salvezza non si raggiungeva per meriti, la sua ansia fu alleviata. Trovò pace nella verità del Vangelo e con potenza cominciò a predicare contro la vendita delle indulgenze e la mercificazione della salvezza che appartiene a Dio soltanto.
Se Lutero si affacciasse alle porte di Roma proprio in questo 2025, cosa troverebbe? Ancora migliaia di persone in fila per salire la stessa scala e attraversare le porte delle stesse Basiliche per ricevere perdono e salvezza attraverso pratiche che presuppongono il raggiungimento dei meriti e la fede in un sistema sacramentale più che in Cristo soltanto.
Il monologo ha cercato di usare la forma espressiva del teatro per evidenziare e sottolineare l’urgenza e la necessità che un vento di Riforma tocchi la città di Roma e l’Italia intera oggi più che mai. Molte cose sono cambiate dai tempi di Lutero, viviamo in un mondo che il riformatore non riconoscerebbe in quasi nessun aspetto della nostra quotidianità. Non saprebbe muoversi nel traffico automobilistico, non avrebbe idea di cosa sia uno smartphone, non sarebbe a suo agio con il nostro modo di vestire, parlare, mangiare….
Lutero saprebbe riconoscere che, cinquecento anni dopo, il cuore delle persone si affida ancora gli stessi idoli e ancora crede di poter raggiungere con i suoi propri meriti e pratiche la salvezza.
N.B. Sulla visita di Lutero a Roma, cfr. Martin Lutero a Roma, a cura di Michael Matheus, Arnold Nasselrath, Martin Wallraff, Roma, Viella 2019.