Stottiana (I): Quando John Stott venne in Italia (1978)

 
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Nel 2021 ricorrono, tra gli altri, gli anniversari della morte di Benjamin B. Warfield (1851-1921), Herman Bavinck (1854-1921) e della nascita di John Stott (1921-2011). Durante l’anno in corso, avremo quindi tre rubriche: “Warfieldiana”, “Bavinckiana” e “Stottiana” in cui confrontarci col contributo di questi autori evangelici tramite le loro opere pubblicate anche in italiano.

John Stott è universalmente riconosciuto come uno dei massimi esponenti dell’evangelicalismo globale del XX secolo. Architetto del “Patto di Losanna” del 1974 (in Dichiarazioni evangeliche I), ha avuto la “missione” nel mondo moderno come tema centrale della sua intensa attività di scrittore, conferenziere, animatore di varie iniziative formative. Se si dovesse usare un solo descrittore della sua poliedrica attività, si potrebbe parlare di lui primariamente come di un “missiologo”. 

Dopo il Congresso di Losanna, tra gli eventi più importanti della storia novecentesca dell’evangelicalismo, in Italia fu tradotto e pubblicato il libro di Stott proprio sulla Missione cristiana nel mondo moderno, Roma, GBU 1975. Stott era già conosciuto in Italia grazie alla pubblicazione di Le basi del cristianesimo e del Commentario alle Epistole di Giovanni, sempre pubblicati dai GBU. Nel 1978 Stott venne in Italia in occasione di una conferenza tenuta al centro evangelico di Poggio Ubertini (FI) sul tema “La missione cristiana nel mondo moderno” (23-27 marzo 1978).

Il periodico Idea dell’Alleanza Evangelica Italiana (Anno III, N. 1) ne diede notizia introducendo Stott come pastore della chiesa All Souls’ di Londra e predicatore internazionale. Nel corso della conferenza Stott presentò una serie di studi biblici sul “Sermone della montagna” e un’altra sul tema specifico della missione nel mondo moderno.

Il N. 2 della stessa annata di Idea contiene un’interessante intervista a Stott (pp. 9-12). Nel cappello introduttivo viene detto che la conferenza è stata seguita da oltre 200 partecipanti e che Stott si è contraddistinto per chiarezza, precisione ed accuratezza nell’esposizione, tutte doti universalmente riconosciutegli. L’intervista di Idea inizia con alcune domande personali come “quali sono i suoi impegni attuali” e “cosa sta scrivendo”. Stott risponde dicendo che la sua vita è strutturata così: sei mesi dedicati al servizio della chiesa locale, tre mesi di ministero internazionale e tre mesi di studio. Al tempo dell’intervista, Stott ritiene che il libro più importante che abbia scritto sia stato Le basi del cristianesimo, all’epoca tradotto già in 25 lingue.

Molto interessante è la seconda parte dell’intervista. Considerato il coinvolgimento di Stott in ambito internazionale come portavoce evangelicale, Idea gli chiede del suo discorso tenuto alla V assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Nairobi nel 1975. In esso Stott aveva criticato lo scarso interesse per CEC per l’evangelizzazione, surclassato dall’attenzione per l’impegno politico. Nella risposta Stott dà voce alla posizione “mediana” tipica dell’anglicanesimo. Nei confronti del movimento ecumenico non è né anti- né pro-: partecipa “cercando di dare umilmente la mia testimonianza evangelica”.

Un’altra sezione dell’intervista riguarda il pensiero di Stott sulla Chiesa anglicana. Proprio nel 1977 era uscito un libro Il mito del Dio incarnato in cui alcuni teologi anglicani avevano negato la divinità di Cristo. Stott risponde che, insieme ad altri, aveva partecipato alla redazione di un documento critico del libro in questione che, tra l’altro, sosteneva che se un pastore arrivasse a negare la divinità di Cristo avrebbe dovuto lasciare il pastorato (cosa che la Chiesa anglicana peraltro non ha mai imposto a nessuno, lasciando alla libera iniziativa del singolo di farlo o meno, ndr).

Sempre sul versante ecumenico, l’intervista prosegue chiedendo ragione a Stott del dialogo della Chiesa anglicana col cattolicesimo romano. Stott fa riferimento all’ARCIC (Commissione internazionale anglicana cattolico romana) e al dissenso dei pastori anglicani evangelici rispetto alla “intercomunione”. Per lui non è possibile essere uniti se non lo si è su quattro punti fondamentali: “la Scrittura e la tradizione, la giustificazione per grazia, la chiesa e il suo ministero, l’eucaristia”.

Infine, Stott ricorda il suo più che trentennale impegno nell’Alleanza evangelica britannica in varie posizioni di responsabilità e apre una finestra sulla realtà globale della famiglia evangelica. L’intervista tocca temi molto “sensibili” per l’evangelismo italiano e Stott risponde con diplomazia britannica, mostrando i lati forti del suo ministero (la radicalità evangelica) e quelli meno forti (la “via media” anglicana). L’intervista italiana mostra molto rispetto nei confronti di Stott, ma non lesina di affrontare i punti critici del suo ministero.