Stottiana (V). John Stott e Billy Graham, il dream team dell'evangelicalismo

 
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Analizzando la storia evangelica della seconda metà del XX secolo, uno storico come Brian Stanley l’ha definita “l’età di Billy Graham e di John Stott”. Se si pensa alla diffusione globale dell’evangelicalismo, queste due personalità devono essere tenute in considerazione per ricostruire la crescita numerica e di influenza che il movimento ha conosciuto nelle ultime due-tre generazioni. Il volume di Stanley, The Global Diffusion of Evangelicalism. The Age of Billy Graham and John Stott, Nottingham, IVP 2013, pp. 283, è l’ultimo di una serie che ha tratteggiato una storia dell’evangelicalismo di area anglo-americana[1].  

Nel Secondo dopoguerra, di qua e di là dall’Atlantico, queste le figure di Graham e Stott hanno plasmato più di altri la fisionomia del movimento. Billy Graham è stato il campione dell’identità attivista ed imprenditoriale, conversionista, pronta a cavalcare le tecnologie e ad inserirsi nelle dinamiche della globalizzazione, capace di attrarre fondi e di investirli per la missione. John Stott è stato l’emblema del collegamento con il protestantesimo classico, dell’impegno accademico, della sensibilità dottrinale attenta alla mediazione e dell’attenzione al mondo studentesco.  

L’avvicinamento e la fusione tra queste due anime, tra questi due mondi contigui ha permesso all’evangelismo conservatore di uscire dalla fase neo-fondamentalista tendente al ripiegamento e di rilanciare una visione evangelica dai connotati tanto nitidi quando elastici e proiettati verso l’evangelizzazione. Il Congresso per l’evangelizzazione del mondo di Losanna (1974) è stato il punto d’incontro tra Graham e Stott. La potenza organizzativa di Graham e la sagacia diplomatica di Stott si sono trovate sulle rive del lago Lemano. Il Patto di Losanna è la carta orientativa di questo movimento energizzato dall’osmosi tra il “braccio” poderoso di Graham e la “mente” raffinata di Stott. 

Losanna non fu solo questo: si affacciavano anche le province emergenti dell’evangelicalismo, soprattutto quella sudamericana, con la loro critica alla superficiale identificazione tra evangelo e cultura occidentale e la loro chiamata alla missione “integrale”. Il merito di Graham e Stott fu quello di innestare queste tensioni dentro il tronco dell’evangelicalismo, impedendo loro di diventare schegge radicali impazzite, sulla scorta di quelle che stavano prevalendo nel movimento ecumenico. Teologicamente parlando, riuscirono a recuperare una missiologia biblica che fuoriuscisse dalle dicotomie tra “spirituale” e “materiale”, tra “evangelizzazione” e “responsabilità sociale”, tra “conversione individuale” e “trasformazione complessiva”, ricalibrandole entro una cornice olistica e missionale. Losanna contribuì anche a rafforzare il senso di appartenenza evangelicale ad un movimento variegato nella fenomenologia e convergente nella teologia di fondo. 

A Losanna infatti, la spinta evangelistica e la forza finanziaria nordamericana si collegarono alla regia teologica europea di John Stott e all’appello alla “missione integrale” avanzato dall’evangelismo emergente dell’America Latina (René Padilla, Samuel Escobar e altri), saldandosi nella “teologia di Losanna”. Essa reiterava le classiche istanze dottrinali della Riforma (l’autorità della Scrittura e la giustificazione per sola grazia) e dei Risvegli (la necessità della conversione personale) con l’urgenza della missione cristiana in un’ottica olistica. 

Il volume di Stanley è una storia ancora troppo anglo-centrica per essere veramente globale. In ogni caso, nel concentrarsi sulle figure di Graham e Stott, dipinge anche il contesto storico del loro contributo e i movimenti, le tensioni, gli scontri e i riavvicinamenti che intorno a loro si sono registrati. Il XX secolo è stato, tra le altre cose, l’età di John Stott e di Billy Graham, il “dream team” dell’evangelicalismo contemporaneo.

 

[1] Gli altri volume sono quelli di Mark Noll, The Rise of Evangelicalism (2004); David Bebbington, The Dominance of Evangelicalism (2006); John Wolfe, The Expansion of Evangelicalism (2008).