Stottiana (XII). La croce di Cristo, il libro più teologicamente compiuto

 
La croce di Cristo
 

La croce di Cristo è stato scritto nel 1986 e tradotto in italiano nel 2001, ma è ancora e sempre attualissimo, sia a causa del suo tema, cioè la croce, sia per la lungimiranza dell’autore nell’intercettare le tendenze della cultura a lui circostante e confrontarle. Il libro infatti è una monografia sul soggetto specifico della croce di Cristo e ne approfondisce ogni suo aspetto; dalla sua centralità nella cultura ed iconografia cristiana, all’evento storico in sé, al suo significato profondo, al messaggio insisto nell’evento, ai suoi benefici per il credente fino alla trattazione della vita ai piedi della croce del popolo di Dio. 

Nonostante l’approccio pastorale e i tanti risvolti pratici per la vita del credente, Stott fa continuamente riferimento ai testi biblici e, per ogni argomento e tesi esposta, si confronta con il lascito storico della teologia; spesso facendo addirittura excursus sui temi che partono dai Padri della chiesa e che finiscono con un confronto con i suoi contemporanei. Spesso lo sguardo si apre anche alle tendenze filosofiche e culturali e alle differenze con le altre grandi religioni del mondo. 

Il libro parte analizzando la pervasività della croce nella nostra cultura come simbolo e icona di un messaggio. Sempre di più la sensibilità contemporanea è scandalizzata dalla croce, dal suo messaggio e della sua “violenza”. In realtà non è una tendenza contemporanea e questo ha sempre contraddistinto il cristianesimo. Quando Cristo morì in croce sia per i romani, che riservavano quella tortura solo ai non cittadini gravemente colpevoli, sia per gli ebrei che, facendo riferimento al deuteronomio ritenevano “l’uomo appeso alla croce” maledetto da Dio, era qualcosa di offensivo, scandaloso e blasfemo pensare al Figlio di Dio crocifisso. 

Nonostante l’offensività del messaggio già ai primi cristiani fu chiara l’importanza della croce. Cristo stesso nei Vangeli parla della sua morte in croce come necessaria e fondamentale, il fulcro della sua venuta. Questo è inaccettabile sia per l’Islam sia per il pensiero occidentale contemporaneo che da Nietzsche in poi non tollera la debolezza.

I Vangeli spiegano bene la morte di Cristo. Giuda lo tradì, Caifa lo consegnò ai romani, Pilato se ne lavò le mani, il popolo acclamò la sua morte, i soldati la compirono. Tutti loro hanno una qualche responsabilità, ma Gesù morì in croce perché diede sé stesso volontariamente in perfetto accordo con il piano di salvezza di Dio! Ecco perché Cristo fu ucciso in croce. 

Perché Dio lo deliberò e Cristo venne per adempiere volontariamente questo proposito? Morì per noi. Morì per condurci a Dio. Morì per i nostri peccati. Morì per la nostra morte, nonostante fosse senza peccato e senza bisogno di morire. Il discorso nell’ultima cena ci fa capire quanto per Cristo la sua morte fosse centrale alla sua missione, che lo scopo era l’inaugurazione del nuovo patto e che ognuno aveva il bisogno personale di appropriarsi della sua morte. Egli parlava di sé stesso come dell’Agnello sacrificale e alla croce citò il salmo 22 dimostrando che egli era venuto per adempiere le Scritture.

La croce conferma tre verità:

  1. Il nostro peccato è estremamente grave

  2. L’amore divino è meraviglioso al di là di ogni comprensione

  3. La salvezza di cristo è un don gratuito che ha comprato per noi

Il messaggio della croce è follia anche perché ci umilia al punto di farci rendere conto che non c’è nulla che possiamo fare per partecipare alla nostra salvezza. Perché Dio non avrebbe potuto semplicemente perdonare l’uomo? 

Il peccato sembra un problema superato, è una parola che non piace più e si evita di usarla. Ma la comprensione della gravità del peccato sta alla base della comprensione della croce. Il peccato è la ribellione a Dio, la volontà della creatura di allontanarsi e sostituirsi al creatore. Il Signore non tollera il peccato. Nella sua santità non può accettarlo. I nostri peccati ci separano davvero da Dio. Strettamente collegata alla santità di Dio c’è la sua IRA intesa come sua santa reazione al male. Ira priva di peccato. A causa della sua maestà il Signore non poteva scegliere la via del compromesso morale per il perdono.

Comprendendo in modo equilibrato maestà di Dio e gravità del peccato allora possiamo evitare di considerare la croce superflua. Con il suo perdono Dio rispetta noi come essere umani ritenendoci moralmente responsabili del nostro peccato e contemporaneamente rispetta sé stesso nella sua santità. Egli deve soddisfare sé stesso nel suo progetto di salvezza. Non c’è nessun altro da tenere in considerazione, né il diavolo, né la legge in quanto tale. Dio alla croce deve soddisfare sé stesso, la sua giustizia, il suo ordine morale, la sua legge in quanto espressioni del suo carattere. 

Come ha potuto esprimere la sua santità senza annientarci e il suo amore senza condannare i nostri peccati? Alla croce c’è stata l’azione combinata di tutti i suoi attributi. Cristo adempie la figura del mezzo di espiazione presentato nell’AT. 

EGLI SI SOSTITUISCE
Gesù vero uomo e vero Dio ha preso la nostra maledizione così che noi potessimo diventare giusti con la sua giustizia. Quali sono i benefici della croce? 

La salvezza dei peccatori, la sua rivelazione e la vittoria sul male.

SALVEZZA
Alla croce si è avuto la propiziazione (calmare l’ira di Dio), la redenzione (comprare con riscatto), la giustificazione (attribuzione di stato di giusto davanti a Dio), riconciliazione (ripristinare la relazione con Dio e poi le altre relazioni orizzontali). 

Ognuno di questi aspetti getta luce sul bisogno dell’umanità. La propiziazione sottolinea l’ira di Dio nei nostri riguardi, la redenzione il nostro stato di schiavi del peccato, la giustificazione il nostro stato di colpa e la riconciliazione la nostra inimicizia con Dio e la lontananza di lui. L’iniziativa salvifica è stata presa da Lui sostituendosi alla croce per noi. 

Per mezzo di quanto fece sulla croce, il mondo ha potuto assistere alla rivelazione della sua persona attraverso alcuni aspetti del suo carattere. È stata mostrata la sua giustizia, il suo amore, la sua saggezza e potenza. Alla croce Gesù ha vinto il male! In cristo non siamo più sottoposti alla tirannia della legge, alla tirannia della carne, alla tirannia del mondo e alla tirannia della morte. 

VIVERE AI PIEDI DELLA CROCE
La comunità della croce. Gesù non si limitò a salvare individui, ma il suo sacrificio era teso alla costruzione di una nuova comunità i cui membri si sarebbero appartenuti, amati serviti gli uno gli altri ed insieme, il mondo. La comunità cristiana è una comunità della croce perché è stata portata all’esistenza dalla croce e al centro della sua adorazione c’è l’agnello una volta immolato ed ora glorificato. Una comunità che offre il sacrificio della lode e del ringraziamento celebrando gioiosamente il suo sacrificio mentre ci si ciba spiritualmente di esso.

Comprendere e dare sé stessi. La croce ci insegna che non meritiamo di guadagnare la salvezza da soli e non ne siamo degni. Ci umilia, ma ci insegna anche che per Dio abbiamo così tanto valore da donare suo figlio per noi. Alla croce vediamo il nostro valore e la nostra indegnità.

Amare i propri nemici. La croce ci insegna a mostrare la combinazione di amore e giustizia insegnataci dalla saggezza di Dio. Ci insegna che il male deve essere vinto e punito. Non si può scendere a compromessi con il male. Es. famiglia, lavoro, chiesa, stato…

Sofferenza e gloria. La croce insegna a vivere in un mondo caduto caratterizzato dalla sofferenza. 

È uno stimolo alla sopportazione paziente, ad un cammino verso la santità matura, ad un servizio fatto soffrendo, ad avere speranza nella vittoria finale ed è una prova dell’amore solidale di Dio. 

(Sintesi di una comunicazione tenuta presso l’ICED di Roma il 15 settembre 2021 nell’ambito della serie “1921-2021 La fede evangelica tra ieri e domani”)