The Whale, la forza egoista dell’amore e l’illusione dell’autoredenzione

 
 

ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER

The Whale è un film drammatico del 2022 diretto da Darren Aronofksy in cui l’attore Brendan Fraser interpreta il ruolo di Charlie, un professore d’inglese omosessuale che, a seguito di un  gravissimo disturbo alimentare che lo ha condotto ad uno stato di obesità estrema, è giunto al capolinea della sua vita. Si tratta di un’opera teatrale scritta e adattata per il grande schermo da Samuel D. Hunter, in cui si ripercorre l’ultima settimana di lavoro e di vita di Charlie, mentre cerca di riannodare i fili della sua grama esistenza nel tentativo di recuperare il rapporto con la figlia Ellie che aveva abbandonato quando aveva solo otto anni e che, adesso che è quasi maggiorenne, lo detesta. Nel film vi sono anche altre storie che corrono parallelamente e sono di estremo interesse ma, in buona sostanza, è questo il tema primario.

In The Whale, Hunter ci ha voluto dare un messaggio intorno alle esigenze e ai sentimenti più profondi dell’uomo e, con realismo vivido e crudele, ci ha mostrato la drammaticità dell’esistenza umana. Il film, sia per la bravura degli attori, sia per il trucco che è di un realismo impressionante, sia per la profondità dei dialoghi, coinvolge emotivamente perfino lo spettatore meno impressionabile e, almeno dal canto mio, in certi momenti fino al punto dall’avermi fatto provare autentica repulsione. Eppure, sebbene nel film tutto venga estremizzato, chiunque abbia avuto o avrà la possibilità e la voglia di vederlo ammetterà che, magari in misura minore, i sentimenti e i dolori provati dai pochi ma molto ben caratterizzati personaggi non gli sono affatto estranei e, perfino chi affermerà di sentirsi ad anni luce di distanza da loro, non riuscirà a non commuoversi.

Samuel Hunter ha voluto dirci molte cose intorno a se stesso e alla religione. Egli, evidentemente, è stato profondamente ferito dal genere di religiosità popolare e ipocrita che ha conosciuto. Poco importa se mormone, evangelica, cattolico romana o di altro genere. Ci mostra e denuncia la forma di religiosità più malsana che possa esistere che, purtroppo, non si trova solo negli USA e che è distruttiva perché è un’ibrida mescolanza di verità ed errore, di pietà e falsità, di luce e oscurità. È naturale che sia arrabbiato, lo comprendo e me ne rammarico. Chissà quanti ce ne sono come lui e mi risulta molto difficile biasimarli. Quando li incontro provo solo tanto sconforto.

Ci ha voluto dire anche che gli uomini, generalmente, vivono nella falsità e nascondono i loro veri sentimenti e i loro pensieri agli altri, ma anche che in ognuno c’è una grande esigenza di sincerità e che solo in pochi sono sufficientemente semplici o tanto coraggiosi da mostrare il loro sé autentico, presentandolo in pubblico senza filtri e senza sovrastrutture e togliendo dal loro volto la maschera con il sorriso dipinto sopra. Nel nostro mondo non ci si può svelare perché svelarsi dinanzi al mondo significa morire. Charlie, si svela quando sta per morire. Si svela per ciò che è, e muore.

Ci ha detto che l’amore in ogni sua forma è la forza che dirige la vita degli uomini. Sia esso l’amor sui egoistico, autocompiacente, irriguardoso delle esigenze e dei diritti altrui (quello che porta Charlie a lasciare la moglie e la figlia per seguire le proprie passioni), sia quello, pur sempre umanissimo ma più generoso, che in qualche modo s’interessa e desidera il bene altrui (quello mostrato dal giovane missionario, da Ellie nel portare quello stesso giovane alla sincerità e nel fare in modo di riconnetterlo con la famiglia e da Charlie stesso nel suo tentativo di riparazione). 

C’è una cosa, però che di sicuro non ha voluto dirci, ma che io credo emerga in modo chiaro ed evidente dal film, ed è il fatto che ogni uomo è dotato di una coscienza e che tale facoltà può essere negata, tacitata, ingannata con falsi principi e visioni del mondo, distratta mediante una miriade di stratagemmi, ma che non può essere eradicata. La coscienza fa parte della immagine e somiglianza divina nella quale l’umanità è stata creata ed essa ci parlerà sempre e ci tormenterà sempre fino a quando non saremo ricondotti alla pace con Dio e il problema dell’amore idolatra di noi stessi non sarà stato eliminato.

Charlie, come tantissimi altri, è alla vana ricerca di una via di autoredenzione che percorre procurandosi una morte che ha lo scopo di riportarlo al suo “paradiso”, alla sua primigenia condizione di felicità che aveva preceduto la sua “caduta”, questo era il massimo di ciò che potessimo aspettarci da Hunter. Tuttavia, la vera redenzione è quella che ci è stata procurata mediante il sangue di Cristo che ha pagato il prezzo della salvezza di chiunque ripone in lui la sua fiducia per essere liberato  dalla colpa, dalla potenza e dalla presenza del peccato e che è l’unico mezzo per ottenere la pace con Dio e la pace di Dio nel cuore.

Questo, Samuel Hunter, non poteva dircelo, perché può spiegarlo bene solo un vero ministro del Vangelo, ma il turbamento che il suo film può generare potrebbe divenire una porta di speranza per chiunque vorrà ascoltare la voce del Buon Pastore che, in questo mondo di morte, continua a chiamare le sue pecore a sé per dare loro la vita.