“Un grido per la pace” ma la posta in gioco è altra

 
 

Roma, piazza del Colosseo, 25 ottobre 2022. La sceneggiatura è impressionante. Vicino al monumento più famoso di Roma, decine di leader religiosi da tutto il mondo che pregano per la pace, con al centro il papa romano, ovviamente. A 36 anni di distanza dal primo incontro interreligioso svoltosi ad Assisi, in cui Giovanni Paolo II invitata a pregare tutti i leader religiosi, ha avuto luogo “Il grido della pace”. Organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, l’evento ha raccolto molti leader religiosi, ma anche personalità come il Sindaco di Roma e il Ministro della Cultura del nuovo governo italiano. Si noti che il giorno prima c’era stato un incontro pubblico sulla pace, sempre organizzato da Sant’Egidio, con il presidente francese Macron e quello italiano Mattarella. 

Lo sfondo del “grido della pace” era l’ideale dalla fratellanza universale e contro le guerre e le ingiustizie, la tratta di esseri umani e a sostegno dei migranti. La guerra in Ucraina è nel cuore dell’Europa e tutti ne avvertono la tragedia. Nello “spirito di Assisi” è stato rivolto l’appello ad impegnarsi nel dialogo che ha il suo fondamento nella fratellanza universale, non a caso spinto fortemente nell’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti”, accompagnando il tutto dalla preghiera comune tra cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei, musulmani, buddisti, induisti, ecc. La preghiera inter-religiosa è stata la cifra dell’incontro. Questa preghiera è stata legittimata dalla fratellanza umana, non dalla condivisione del credo o dalla professione comune della fede.  

Sicuramente, l’aspirazione e l’impegno per la pace sono nobili e giusti ideali. Certamente il dialogo tra tutte le componenti della società deve essere favorito. Ovviamente, l’incontro tra le religioni deve essere rispettoso e pronto alla collaborazione nei campi possibili, tra cui la ricerca della pace e della convivenza pacifica tra diversi. La domanda che sorge è: perché la preghiera inter-religiosa? Perché dare l’idea che pregare il Dio cristiano in sostanza equivale a pregare l’Allah del Corano o le divinità induiste? Perché coinvolgere la preghiera che presuppone una visione di Dio basata su rivelazioni diverse e non conciliabili? Perché andare oltre la giusta collaborazione per entrare nella confusione religiosa e nel sincretismo spirituale?

Non sembra che esponenti del mondo evangelicale abbiano partecipato all’evento di Sant’Egidio (ad esempio, l’Alleanza Evangelica Mondiale) e questa assenza è significativa. La speranza è che questa assenza sia stata determinata dal rifiuto, da parte evangelica, di compromettere la fede cristiana nel calderone pan-religioso della preghiera inter-religiosa. Mentre gli evangelici sono aperti e pronti a impegnarsi per la pace con tutti tramite il dialogo e la promozione della giustizia, la preghiera rimane una prerogativa delle figlie e dei figli di Dio, rigenerati a nuova vita da Cristo Gesù per lo Spirito Santo. In questo senso, la preghiera inter-religiosa è un mostro teologico da cui guardarsi perché dà per scontato che tutte le preghiere (anche quelle non nel nome di Gesù Cristo) arrivino allo stesso Dio. La posta in gioco del “grido per la pace” è più grande dell’appello per la pace nel mondo: è un progetto di pan-religione universale, non a caso presieduta dal papa romano, dove tutti si legittimano a vicenda e dove le confessioni sono considerate sullo stesso piano.

Un’ultima considerazione. A ben pensare, un grido di pace è stato già innalzato a Dio. Esso fu un grido di dolore alzato al cielo: “Elì, Elì, lamà sabactàni?” (Matteo 27,46). Fu il grido del Signore Gesù che sulla croce soffriva il peso del peccato e che si apprestava a morire, per poi vincere la morte e andare alla destra del Padre. Dio ha indicato che il problema più grande dell’umanità è il peccato; e Dio Figlio, incarnato nella persona di Gesù Cristo, se ne è fatto carico risolvendolo una volta per tutte per coloro che credono in Lui. Per sperare nella pace non serve pasticciare con la preghiera inter-religiosa: mentre ci impegniamo a vivere in pace con tutti per quanto dipende da noi (Romani 12,18), ascoltiamo e crediamo a quel grido di pace che Gesù stesso ha innalzato, per la speranza di una pace terrena ed eterna.