Animalism. La fotografia impattante e monca di Roger Ballen
Un tempo, lì macellavano gli animali, ora gli dedicano una mostra d’arte fotografica. Benvenuti alla mostra di Roger Ballen (1950- ) intitolata “Animalism” presso l’ex Mattatoio di Roma (fino al 27 luglio). Qui il fotografo statunitense, naturalizzato sudafricano, raccoglie degli scatti sul rapporto tra uomini/donne e animali.
Come si evince dal titolo della mostra, quella relazione in realtà è ambigua e confusa, e comunque pensata all’interno di una realtà unica che le accouna entrambi: in realtà, tra umani e animali non c’è nessuna differenza! Anche gli umani sono animali e, quasi in modo simmetrico, gli animali hanno atteggiamenti e comportamenti “umani”. Questo è quanto si evince dalle foto di Ballen.
L’ex Mattatoio è un luogo iconico dove il ripensamento del rapporto è ancora più impattante. Qui l’uomo dominava gli animali dentro una narrazione di superiorità specista e di utilizzo funzionale e utilitaristico. Oggi, uomini e animali sono uno accanto all’altro, uno nell’altro, l’uno è l’altro.
Ho guardato questa mostra dopo aver avuto l’occasione di predicare sul capitolo 24 e 25 del Levitico. In quel testo Dio dà a Mosè le direttive per vivere nella nuova terra che di lì a poco avrebbe dato al suo popolo. Quella nazione avrebbe dovuto rispettare il riposo già sperimentato al termina della settimana della creazione. Sia animali che alberi e vegetazione avrebbero potuto avere il loro tempo di riposo.
La preoccupazione del capitolo è che la vita umana si riappropriasse di equilibri e ritmi di vita dignitosa. Anche gli animali sono integrati in questa visione. Il riposo di Dio non è solo per gli umani, ma per tutti gli esseri viventi. Vedere questo riposo istituito da Dio per il suo popolo in cui tutta la creazione è coinvolta mi ha dato delle chiavi di lettura anche per la mostra di Ballen.
Non è del tutto sbagliato ciò che l’artista vede. Lui contesta il rapporto predatorio, dominante e violento dell’uomo sull’animale. A questa distorsione, risponde fotografando un mondo dove le differenze non ci sono più. Ad una realtà in cui le differenze sono ideologizzate e gerarchizzate ne contrappone una in cui esse sono eliminate. Da un estremo all’altro.
In mezzo, manca la visione cristiana dell’etica animale. Come scrive Alessandro Piccirillo in “Etica animale”, Studi di teologia – Suppl. N. 11 (2013), esiste da parte cristiana “la responsabilità di presentare un approccio che può essere definito antropocentrismo relazionale.
Ogni presa di posizione nel campo dell’etica animale tende ad assolutizzare un aspetto della realtà e, conseguentemente, a sottostimare gli altri. Se gli animali sono elevati ad assoluto si avrà una forma di animalismo. Se l’uomo è assolutizzato si avrà una forma di antropocentrismo ontologico. Solo un antropocentrismo responsabile in quanto inserito nella rete di relazioni vitali potrà tenere presente tutti i dati di realtà senza schiacciare la riflessione etica ad una sola dimensione.
Questa è la sfida per l’etica animale che s’ispira all’evangelo. Si potrà vedere come un approccio etico segnato dall’antropocentrismo relazionale orienti in due ambiti d’interazione umana/nonumana: animali e cibo, e animali e sperimentazione. “Chi sa se il soffio dell’uomo sale in alto, e se il soffio della bestia scende in basso nella terra?” (Ecclesiaste 3,21)”.
La relazione uomo-animale non può essere appiattita tanto da annichilire ogni differenza e nemmeno può essere estremizzata pensando ad uno sfruttamento dell’uno sull’altro. Per farlo, bisogna avere delle lenti per leggere la realtà fornite dalla Parola di Dio.
Esiste una specificità umana, ma questa va vista nell’ambito delle relazioni complessive della realtà creata. Vero è che tutto è stato rovinato dal peccato, ma altrettanto vero è che Gesù Cristo ha provveduto per la riconciliazione del mondo intero. Spetta ai cristiani vivere una forma virtuosa di antropocentrismo relazione. Con le sue foto, Ballen vede un problema, ma la sua soluzione è altrettanto problematica del problema a cui vuole far fronte. Solo la visione biblica del mondo può “fotografare” un mondo redento dove vige la “shalom” di Dio.