Bulimia di notizie. Quando l’informazione diventa una forma di idolatria

 
 

La percentuale dei nuovi dazi di Trump, le trattative di pace tra Ucraina e Russia, i bombardamenti a Gaza, il numero dei femminicidi in Italia, l’andamento dei mercati, il riarmo dell’Europa… Ogni giorno le notizie da cui siamo bombardati sono decine. Specialmente negli ultimi anni, partendo dalla pandemia, il ritmo è incalzato, la gravità è aumentata e sembrano tutte notizie importanti e potenzialmente capaci di cambiare il corso delle nostre vite. Non riusciamo a staccarci dai social che ce le propongono una dietro l’altra, con toni sempre più allarmisti, e non riusciamo neanche a gestirle né a stare realmente dietro a tutte.


Non a caso sono nati anche nuovi disturbi come il cosiddetto “information overload” o sovraccarico cognitivo: una specie di sindrome che porta ad essere dipendenti da contenuti informativi per restare aggiornati che sfocia in un’incapacità di gestire le informazioni e che si trasforma, a sua volta, in aggressività e/o ansia. L’information overload fa il paio con l’information anxiety (ansia nel ricevere troppe informazioni), con il  doomscroling (l’ossessiva ricerca di cattive notizie), con la FOMO (fear of missing out), la paura di restare esclusi da esperienze ed eventi sociali che, nel contesto attuale, si traduce in particolare in una dipendenza compulsiva da social network e infine con “l’elusione informativa” cioè con la scelta di non informarsi più per l’incapacità di gestire le notizie con la conseguente chiusura e ripiegamento su sé stessi.


Insomma, l’informazione nel nostro tempo non è più solo un servizio per la società di cui i cittadini possono beneficiare, ma è diventata una parte sproporzionata delle nostre vite personali e dell’organizzazione stessa della società.

 

Una presenza così pervasiva e così impattante anche sulla salute mentale, ha conseguenze spirituali? In un recente articolo su The Gospel Coalition, Brett McCracken, direttore della comunicazione del magazine, ha analizzato i potenziali problemi spirituali derivanti dal lasciarsi prendere dal turbine delle informazioni. Citando il sociologo Neil Postman, scrive:

Il legame tra informazione e azione è stato reciso. L'informazione è ora una merce che può essere comprata e venduta, o usata come forma di intrattenimento, o indossata come un abito per migliorare il proprio status. Arriva indiscriminatamente, non è diretta a nessuno in particolare, è scollegata dall'utilità; siamo sommersi dalle informazioni, annegati nelle informazioni, non abbiamo alcun controllo su di esse, non sappiamo cosa farne. . . . Le nostre difese contro l'eccesso di informazioni sono crollate; il nostro sistema immunitario di informazioni è inutilizzabile. Non sappiamo come filtrarle, non sappiamo come ridurle, non sappiamo come usarle.


Le conseguenze che hanno un impatto sulla nostra vita spirituale sono: ansia, rabbia, frustrazione, dipendenza, insensibilità e senso di solitudine. La crisi dell’informazione ha tre traiettorie: troppe informazioni, troppo velocemente e algoritmicamente orientate. Significa che i nostri social e le pagine web ci propongono continuamente contenuti che corrispondono ai nostri gusti ed interessi. Questo provoca anche bolle informative in cui ogni individuo vive e che plasmano il modo in cui vede il mondo e in cui percepisce o meno la gravità degli eventi che lo circondano. 


McCracken sottolinea il rapporto sproporzionato tra informazione e azione. Alla frenesia di informarsi quanto più possibile, quasi mai segue un’azione mirata al miglioramento delle cose, un coinvolgimento nelle attività diaconali della chiesa, ad esempio, o prese di coscienza che cambiano le vite personali. Questo fa, anche dei credenti, degli alienati dal mondo reale. Persone che vivono piene di conoscenza dei fatti del mondo senza capacità di interessarsi alle piccole cose che ci circondano e in cui potremmo fare differenza come cristiani.  


Non è sbagliato informarsi; anzi i cristiani sono chiamati a conoscere il mondo nel quale sono chiamati a servire. Si tratta tuttavia di non cadere nel circolo dell’informazione fine a sé stessa. Utilizzare le informazioni con saggezza biblica significa misurarsi con la finitudine dell’uomo e della donna rispetto all’onniscienza di Dio e riconoscere la sua sovranità anche sulle cose che non capiamo, che non possiamo gestire e che ci spaventano. 


Non siamo chiamati a stare ripiegati sul nostro orticello senza conoscenza e comprensione di quello che ci circonda. Quando informarsi diventa illusione di controllo sulle cose e/o causa di disillusione totale, allora stiamo usando la possibilità di informarci in maniera sbagliata e spiritualmente controproducente. 


La bulimia di informazione è in fin dei conti una forma di idolatria: quella per cui pensiamo di essere dio se sappiamo tutto e se siamo sempre aggiornati. Dio sa tutto: la sua onniscienza deve calmierare la nostra pochezza e spingerci a fidarci di Lui anche quando molto ci sfugge.