Come ti “cattolicizzo” Pascal. Nota alla lettera di Papa Francesco

 
 

In principio era Jan Hus: condannato come eretico e bruciato al rogo (1415) dalla chiesa romana, è stato poi considerato un “figlio” che si era espresso male e che la chiesa non aveva capito. Poi fu la volta di Lutero: scomunicato nel 1521 come eretico e per secoli bollato come beone e donnaiolo, è stato poi riabilitato come figlio scapestrato ed impaziente, ma pur sempre membro della famiglia cattolica. Ora è la volta di Blaise Pascal (1623-1662) che con la chiesa di Roma ha avuto rapporti tesi se non conflittuali: dopo secoli di freddezza, ora è ricompreso nella poderosa e materna sintesi della chiesa cattolica e considerato un “grande”.

A quattrocento anni di distanza dalla nascita, papa Francesco ha scritto la Lettera apostolica “Sublimitas et miseria hominis” in onore di Pascal usando inusitate parole di elogio e celebrazione. Dotato di intelligenza geniale, Pascal è stato filosofo e scienziato. Nei suoi Pensieri sono confluiti aforismi e riflessioni brevi; l’opera è tra le principali del Seicento filosofico. Pascal ebbe anche un’esperienza di conversione a Cristo il 23 novembre 1653 che lui stesso definì una “notte di fuoco” tanto fu intensa ed impattante.

In uno dei Pensieri scrisse: “non solo non conosciamo Dio se non tramite Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi se non tramite Gesù Cristo. Non conosciamo la vita, la morte, se non tramite Gesù Cristo. Fuori di Gesù Cristo non sappiamo cos’è né la nostra vita, né la nostra morte, né Dio né noi stessi. Così senza la Scrittura, che ha per unico oggetto Gesù Cristo, non conosciamo nulla e vediamo solo oscurità”.

Anche se alla sua morte chiese il sacramento dell’estrema unzione, Pascal non fu tenero con il cattolicesimo del suo tempo. Nella diatriba sul giansenismo, si schierò a favore di Cornelius Jansen che aveva scritto Augustinus nel 1640 e che aveva creato una comunità agostiniana nell’abbazia di Port-Royal. Sostenendo la tesi agostiniana secondo cui siamo salvati per grazia divina soltanto, Pascal si era opposto ai gesuiti del tempo che, invece, difendevano la tesi molinista secondo cui è il libero arbitrio a dover essere riconosciuto come centrale nella salvezza. Il suo essere giansenista è particolarmente evidente nella serie di diciotto lettere, poi denominate Provinciali (1656-1657).

Pascal non è mai stato organico alla chiesa di Roma, ma ha sempre avuto un suo posizionamento critico per non dire conflittuale. Eppure, a distanza di 400 anni, è proprio il papa gesuita che lo riabilita addirittura con una Lettera apostolica. Dispiegando una notevole dose di cattolicità della memoria, Francesco rivisita la vicenda di Pascal e apre le maglie della sintesi cattolica per ricomprenderlo all’interno della chiesa. Più o meno la strategia dell’assimilazione funziona così: Pascal sottolineava il primato della grazia divina? Anche la chiesa cattolica lo fa pur con accenti diversi. Pascal metteva in guardia dalle derive del neo-pelagianesimo? Anche la chiesa cattolica resiste alle sirene dell’attivismo. Pascal ha avuto parole dure nei confronti della teologia gesuita? Se si spurgano le animosità del tempo, la chiesa cattolica ha braccia materne per accoglierne la critica vedendo in essa un utile pungolo. Ecco compiuta la cattolicizzazione. L’avversario del tempo è ora un figlio.

Per lunghi secoli, la chiesa cattolica ha applicato più una cultura “romana” per censurare ed escludere i disubbidienti e prendere le distanze da loro. Dal Vaticano II, la postura è cambiata e l’enfasi è stata posta sull’assorbimento di tutti. Ora la chiesa di Roma punta di più sul suo essere “cattolica”: dato che siamo “fratelli tutti”, siamo anche “figli tutti” della chiesa. In passato è stato il turno di Hus e di Lutero. Ora è quello di Pascal. Chi sarà il prossimo?