Dalla padella dell’Insegnamento della Religione Cattolica alla brace della censura dei libri di testo

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In diverse occasioni ci siamo espressi sulla inopportunità che la religione sia insegnata nelle scuole in un’ora, anzi due, dedicate a una fede specifica. Abbiamo anche denunciato l’illegittimità della Chiesa cattolica di ingerirsi nei pubblici concorsi dando la “patente” a insegnanti che poi sono assunti di ruolo tramite pubblico concorso.

Ma è lecito aspettarsi che nella scuola statale sia evitato ogni riferimento religioso? I libri di testo dovrebbero essere del tutto “neutrali”? Gli insegnanti dovrebbero aderire tutti allo spirito critico, scientista e razionalista che prevale in molti ambienti accademici? Dovrebbero eventualmente tenere la loro fede chiusa “nel loro cuore” come un fatto strettamente privato?

La scrittrice Carla Corsetti ha promosso una petizione alla ministra Azzolina perché i libri di scuola siano “epurati” da ogni riferimento alla resurrezione di Gesù come fatto storico, criticando aspramente quegli editori che considerano i Vangeli una fonte storica affidabile.

Primo, mi sembra che si debba distinguere la questione delle fonti storiche da quella della storicità della resurrezione. I Vangeli sono fonti storiche a tutti gli effetti per la storiografia del cristianesimo, come le Upanishad o il Bhagavad Gita lo sono per le religioni indiane. Non si può quindi affermare che i Vangeli siano “universalmente esclusi dalle fonti storiche” (e qui non è il luogo per citare le innumerevoli bibliografie in merito) per quanto riguarda gli studi sulle religioni.

Altra cosa è ritenere il racconto dei Vangeli fondato storicamente oppure no, tale da fungere oppure no da testimonianza (fonte autentica) della resurrezione. A proposito dell’antichità del dubbio sulla realtà dell’evento, i discepoli stessi raccontano che le guardie furono pagate per diffondere la notizia che il corpo di Gesù fosse stato rubato e portato altrove. E poi, da Celso fino a oggi non mancano certo gli argomenti. Ma Celso fu confutato da Origene e, accanto ai detrattori, ci sono sempre stati anche i sostenitori. Sono innumerevoli gli studiosi o le semplici persone di ogni estrazione sociale e culturale che non considerano la resurrezione di Cristo un mito, ma un fatto realmente accaduto.

Certo, diranno i detrattori, queste persone sono condizionate dalla loro fede, o credenza, in un Dio soprannaturale e onnipotente… è vero, ma è altrettanto vero che gli atei sono condizionati dal loro pregiudizio antisoprannaturalista, ovvero dalla fede nell’onnipotenza del loro raziocinio, dall’onniscienza della loro indagine critica.

Per farla breve, la relativa scarsità di prove storiche sulla resurrezione può essere usata come argomento contro la sua veridicità, ma allo stesso tempo non può essere a sostegno del contrario, cioè non può nemmeno provare che essa non sia realmente avvenuta. Gli stessi diritti umani e alla libertà di pensiero invocati da chi non ci crede, sono gli stessi che tutelano chi invece crede nella resurrezione.

È vero che nella scuola pubblica non si deve fare proselitismo e che l’ora di Irc andrebbe abolita, ma non si possono abolire le convinzioni profonde. Non si possono eliminare gli studenti, gli insegnanti, gli studiosi che la scuola la frequentano. Non si possono bruciare i libri che parlano di religione. Perché la religione è una dimensione umana inalienabile. Piuttosto nella scuola pubblica si dovrebbero poter confrontare queste diverse convinzioni, nella massima libertà e nel rispetto di ognuno, senza che ci siano da una parte una fede che vuole imporsi e dall’altra un ateismo che vuole estrometterla per occuparne il posto.