Esclusivisti religiosi, pluralisti politici. È possibile, anzi necessario

 
exclusivisti religiosi, pluralisti politici È possible , anzi necessario
 

La tesi del libro è presto detta e ben riassunta dall’Autore: “lungi dall’essere una sciagura per l’umanità, come molti credono e alcuni sperimentano, le religioni sono portatrici di visioni avvincenti del fiorire” (p. 7). L’autore è il teologo evangelico croato ma professore a Yale, Miroslav Volf, e il libro è Fiorire. Il contributo della religione in un mondo globalizzato, Brescia, Queriniana 2020, pp. 345.

Uscito nel 2015 e tradotto in italiano nel 2020, il libro nasce da una serie di seminari a Yale poi portata in giro per il mondo anche grazie alla Tony Blair Foundation. Uno degli scopi è di contrastare l’opinione vecchia ma sempre serpeggiante secondo la quale le religioni sono portatrici di conflitti e, dunque, da estirpare dalle coscienze. Ovviamente, Volf non nega l’evidenza fattuale circa il fatto che le religioni siano state anche incubatrici e fomentatrici di violenza; vuole semmai sostenere la tesi che non lo debbano essere per forza; anzi, che siano in grado di alimentare una visione della vita all’insegna della fioritura all’interno di una cornice contrassegnata da un “regime di rispetto” (Michael Walzer).

Il libro è molto ricco di discussioni sul ruolo delle religioni nel mondo globalizzato e di ampie note bibliografiche, come c’è da aspettarsi da un professore universitario. La tesi principale (almeno quella che più mi interessa) è che “gli esclusivisti religiosi – coloro che ritengono che solo la loro religione sia vera – non devono propugnare forme autoritarie o totalitarie di governo, ma possono essere (e in certi casi lo sono stati) attivi pluralisti politici” (p. 37). 

C’è un punto di partenza sbagliato nei critici della religione e cioè che essere “esclusivisti” in senso teologico equivalga di necessità ad essere esclusivisti (quindi totalitari) in politica. In altre parole, se credi che Gesù sia l’unica via di salvezza, impedirai ai musulmani di avere gli stessi diritti dei cristiani e chiederai che lo Stato favorisca la tua religione. Per questo assunto tanto forte quanto sbagliato, i critici pensano che l’esclusivismo religioso debba essere cancellato e sostituito, semmai, da un pluralismo religioso secondo cui tutte le religioni, alla fine, si equivalgono o quasi. Solo i pluralisti religiosi sarebbero anche pluralisti politici, tolleranti e promotori di una società aperta.

Secondo Volf, questa convinzione (tra l’altro sostenuta da J.J. Rousseau e da Karl Popper) è concettualmente sbagliata, almeno in ambito cristiano. Un intero capitolo è dedicato ad argomentarla (pp. 158-183). Storicamente, è stato il battista Roger Williams (1603-1683) a sostenere la perfetta compatibilità tra una fervida fede evangelica e la piena libertà religiosa per tutti, con il ruolo dello Stato estraneo alle decisioni sulla veridicità delle affermazioni di fede e esterno al compito di privilegiare una comunità di fede o l’altra. Per Williams, l’esclusivismo religioso richiedeva il pluralismo politico perché la fede cristiana stessa richiede che non sia la chiesa a imporla in modo coercitivo tramite lo Stato, ma che le coscienze siano lasciate libere e che lo Stato non intervenga in materia di fede.  

Per Volf “la globalizzazione ha bisogno delle visioni del fiorire umano offerte dalle religioni del mondo” (p. 232). Sbagliano dunque gli oppositori della religione a pensare che per avere un mondo politicamente pluralista occorra estirpare l’esclusivismo religioso. La fede cristiana è intellettualmente attrezzata per alimentare l’ubbidienza agli insegnamenti biblici che sono esclusivisti (solo Cristo, sola fede) e la promozione della laicità dello Stato in un contesto di pluralismo istituzionale. Non sarei del tutto convinto che lo stesso valga per le religioni non cristiane dove il rischio della confusione tra esclusivismo religioso e politico è alto. Talvolta, il discorso di Volf pecca di un certo “wishful thinking” che vorrebbe estendere a tutte le religioni quello che solo il cristianesimo evangelico ha (con difficoltà e molte resistenze) elaborato. In ogni caso, il libro è un contributo utile ad una discussione pubblica importante ed attuale. Anche alcuni evangelici che hanno le idee confuse sulla relazione tra una fede esclusiva e la promozione del pluralismo politico dovrebbero leggerlo per imparare a non accontentarsi di forme caricaturali della fede evangelica e per scoprire le ricchezze di una fede esclusiva da vivere in un mondo diversificato.