Evangelici e Islam (IV). Turrettini e l’utilizzo della rivelazione generale
Rimaniamo a Ginevra, ma ci spostiamo cronologicamente. Ora ci troviamo nel XVII secolo, pronti ad approfondire l’approccio che Francesco Turrettini (1623-1687) ebbe nei confronti dell’Islam. Per farlo è necessario sfogliare e analizzare le pagine dell’Istituzione della teologia persuasiva, operazione già svolta da Joshua Ralston nel nostro saggio di riferimento, “Islam as Christian Trope: The Place and Function of Islam in Reformed Dogmatic Theology” (2017)
Come nel caso di Bullinger e Calvino, è evidente che Turrettini non avesse come focus primario la polemica nei confronti dell’Islam. Nonostante ciò, anch’egli era cosciente della necessità di ampliare lo spettro per essere in grado di (di)mostrare la veridicità del protestantesimo, non solo rispetto al cattolicesimo, ma anche nei confronti del giudaesimo e dell’Islam. Questa sensibilità era anche dettata dalla nascita, tra il XVII e XVIII secolo, di studi specificamente incentrati sull’Islam e l’Oriente.
L’aspetto peculiare di Turrettini è sicuramente l’approccio che adotta. Se da una parte, in linea con Giovanni Damasceno, ritiene l’Islam un’eresia, dall’altra non può negare la presenza di alcuni elementi veritieri nei suoi insegnamenti.
Tuttavia, gli aspetti attendibili individuati dal teologo non servono per confermare l’Islam, ma semmai per dare più consistenza alle affermazioni del cristianesimo riformato. In altre parole, Turrettini dimostra che quello che i musulmani riescono a postulare come a tastoni (Atti 17,27), è correttamente chiarito dal protestantesimo.
Così, ad esempio, quando tratta la dottrina della Scrittura. Il fatto che anche i musulmani attestino la necessità di una rivelazione speciale, ritenuta autorità ultima in materia di fede e condotta, e riconoscano sia l’Antico e il Nuovo Testamento cristiano, rimanda alle convinzioni protestanti. Allo stesso modo, Turrettini riprende la testimonianza islamica quando tratta di Adamo e di Cristo.
Mentre nel caso del primo anch’essa afferma la sua storicità, nel caso del secondo, essa riconosce che Cristo incarnava la più perfetta purezza di vita. Nel caso delle icone, il teologo nota contro la venerazione cattolica, come anche il giudaesimo e l’Islam ne siano contrari.
Turrettini riesce a mantenere la natura esclusivista del cristianesimo pur affermando elementi spuri di verità nell’Islam. In altre parole, fonda il suo sistema sulla rivelazione particolare del Vangelo di Cristo ma si apre alla rivelazione generale a cui tutta l’umanità è sottoposta (Romani 1). Il sensus divininatis calviniano viene ripreso per affermare la soppressione, ma non l’eliminazione del desiderio dell’uomo di conoscere Dio.
I musulmani potranno anche parlare di rivelazione scritturale, della storicità di Adamo e della purezza di Cristo, ma sarà solamente attraverso la rivelazione particolare, cioè la conversione al vero Dio, che riconosceranno la Bibbia come Parola di Dio, il loro peccato in Adamo e la loro salvezza in Cristo.
(continua)
Della stessa serie:
“Evangelici e Islam (I). Per i cattolici siamo “tutti fratelli”, per gli evangelici?” (9/07/24)
“Evangelici e Islam (II). Il primo contestatore dell’Islam? Giovanni Damasceno” (8/10/24)
“Evangelici e Islam (III). Bullinger, Calvino e la centralità della Trinità” (24/02/25)