Se la politica è un’eresia sotto mentite spoglie

 
 

Non c’è niente di nuovo sotto il sole. Gira e rigira, le questioni sono sempre quelle. Anche in politica, cambiano i protagonisti e le ere storiche, ma le questioni di fondo rimangono le stesse, magari con linguaggi diversi. E’ questa la tesi che fa da sfondo al nuovo libro del pastore luterano Tim Perry, When politics becomes heresy: the idol of power and the gospel of Christ, Bellingham, Lexham Press 2025. Ecco il punto centrale: la politica altro non è che un miscuglio di antiche e sempre redivive eresie applicate al vivere comune. Se uno vuole capire la politica, deve studiare le eresie cristiane.


Bisogna immediatamente sottolineare il contesto del libro. Perry scrive avendo in mente la politica americana attuale e il generale (a volte entusiastico) appoggio che il presidente Trump riceve da parte di un ampio settore dell’evangelicalismo USA.

Il rischio dell’appiattimento e l’assenza di distanza critica sembrano essere motivi forti che hanno spinto Perry a scrivere. Evidentemente, lui appartiene a quel pezzo di mondo evangelico insofferente rispetto all’identificazione tra fede e politica attuale. 


Ciò detto, la sua tesi merita di essere ascoltata anche fuori dal contesto prossimo del libro e spurgando l’analisi da immediate applicazioni alla situazione americana. Se non vissuta in modo evangelicamente sobrio e fedele, la politica è soggetta a varie tentazioni ereticali.


La prima è la simonia, cioè la strumentalizzazione della fede per aumentare il proprio potere. Come Simone il mago (Atti 8) cercò di acquisire la potenza dello Spirito Santo per espandere la sua influenza, così la politica può cercare di ammiccare alla fede per fini di potere e vice versa. 


Poi c’è l’eresia politica dello gnosticismo. Perry l’associa al compromesso con la mondanità, al voler diventare così simile al mondo da risultarne indistinguibile. Quando la chiesa perde la specificità del suo credo e delle sue prassi per confonderle con quelle del potere politico in auge, ecco che l’eresia gnostica trova terreno fecondo. 


L’eresia ariana è un altro pericolo che si verifica quando il leader o il partito politico vengono rivestiti di significati “quasi” messianici, come se fossero loro quelli che salveranno il mondo. La chiesa perde di vista che Gesù Cristo soltanto è il Signore in cui riporre speranza e a cui dedicare la vita.


Il pelagianesimo entra in campo quando l’impegno cristiano viene totalmente o principalmente assorbito in attività politiche, invece di spalmarsi su tutti i campi della vita secondo le specifiche e diverse vocazioni ricevute dal Signore. L’eresia pelagiana diventa reale quando pensiamo che la politica sia il vero terreno su cui si giocano le sorti del mondo e noi dobbiamo “fare” qualcosa per salvarci. Alla politica demandiamo il compito di risolvere i “mali” del mondo pensando che l’impegno politico sia decisivo.


Infine, Perry suggerisce che l’eresia donatista interviene quando gli “altri”, gli avversari politici, le persone che la pensano diversamente, fuori o dentro la chiesa, vengono demonizzati. Si creano muri di incomunicabilità con chi non sostiene il Presidente di turno. Nella chiesa stessa partono campagne di denigrazione incrociata con “scomuniche” reciproche.  


Così come tutta la vita, la politica è infestata di eresie. Questo è il punto centrale del libro di Perry che va ricevuto anche da chi è fuori dalle controversie legate al contesto nordamericano. 


Vero è che la politica è sempre un discorso "sensibile". È forse uno dei temi su cui la coscienza evangelica impatta di meno la vita cristiana, facendo sì che le categorie non cristiane plasmino l'agire politico dei credenti. Il vangelo ha a che fare con la politica? In che modo? È possibile rinnovare la politica secondo una visione ispirata dell'evangelo?


Un’occasione preziosa per parlarne saranno le Giornate teologiche 2025 dell’IFED di Padova dal 12 al 13 settembre proprio sul tema “La politica del vangelo”