“Famiglie che educano”. Prendere il toro per le corna

 
 

L’educazione e la scuola sono un tema quotidiano sulla bocca di molti, in particolare di genitori e a volte anche di chi genitore non lo è più o non lo è ancora. Il tema in questione appare ai miei occhi come un toro imbizzarrito che tutti osservano dall’esterno del suo recinto, ne misurano la stazza, la potenza, la razza, ma quando si tratta di entrare nell’arena, prenderlo per le corna e domarlo, sono davvero pochi coloro che fanno seguire alle loro parole azioni coerenti. Tra questi pochi troviamo una minoranza cattolica di insegnanti, dirigenti, pedagogisti e genitori, che negli ultimi anni hanno posto questioni scomode al sistema scuola così come loro lo conoscono e lo abitano oppure hanno intrapreso esperienze nuove nel campo dell’educazione, come ad esempio il fenomeno delle scuole parentali cattoliche. 

Si sono incontrati, infatti, per discuterne, coordinarsi e progettare insieme al Convegno Nazionale sull’Educazione Cattolica organizzato dall’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla dottrina sociale della chiesa. Un convegno dal titolo provocatorio, ma anche propositivo: “Il momento della vera scuola cattolica. Uscire dal sistema per essere sé stessi”, che si è svolto a Lonigo (VI) il 4 giugno scorso. Un incontro che avviene a pochi mesi dalla pubblicazione in molte lingue dell’Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica dal titolo “L'identità della Scuola Cattolica per una cultura del dialogo”, che fornisce “alcuni criteri adeguati alle sfide dei nostri tempi, in continuità con i criteri sempre validi” del Magistero cattolico. L’Istruzione sembra non aver ricevuto il plauso di questa piccola comunità cattolica, che afferma di vedere la Chiesa abdicare al proprio primato educativo e piegata alle nuove ideologie globaliste (inclusione, ecologismo, fratellanza universale), ma che nella sostanza non ripudia i principi cardine della dottrina sociale cattolica. Infatti, sono proprio questi principi che i relatori del Convegno hanno sentito l’esigenza di riaffermare e che si ritrovano coerentemente nella stessa Istruzione, anche se conducono a esperienze alternative “fuori dal sistema” tradizionale della scuola cattolica. 

Potremmo riassumere questi principi in tre punti principali:

  1. Il ruolo della Chiesa come madre e maestra, “primario soggetto educativo”, la quale ha un compito “sopraeminente” nell’educazione, originario e fondante rispetto a quello dei genitori e della comunità politica;

  2. Il valore dell’educazione cattolica come strumento di evangelizzazione in vista del progetto salvifico;

  3. Lo scopo dell’educazione cattolica di operare nella sfera della ragione e d’influire nella vita sociale e politica per la costituzione di una civiltà cattolica;

Perciò, niente di completamente nuovo. Non siamo certo di fronte a un movimento educativo di vera riforma: cambiano le strutture e le forme educative ma non cambia la visione dell’educazione dalle fondamenta. Allora perché interessarsi a questi movimenti? Cosa hanno da dire a noi evangelici?

Almeno due aspetti devono richiamare la nostra attenzione e suscitare in noi qualche sussulto. 

Innanzitutto, c’è una comunità di persone, in particolare famiglie, che guarda con attenzione e responsabilità a ciò che accade nel mondo dell’educazione, ne legge gli eventi e ne interpreta i movimenti alla luce della propria visione del mondo: riconosce la presenza di uno stato accentratore, una tendenza a delegittimare il ruolo genitoriale, una pedagogia educativa uniformante e si spinge persino a indicare le presunte incoerenze della Chiesa cattolica romana stessa su questo fronte. Ma questa comunità si è spinta oltre. Non si è fermata a osservare un fenomeno: ha agito in modo propositivo, progettando, investendo del proprio, rischiando e coordinandosi per esercitare la propria responsabilità educativa in coerenza con ciò che crede e spera.

Guardando all’intraprendenza dei nostri – seppur sparuti – amici cattolici, le famiglie evangeliche sembrano contrassegnate da indifferenza, disorientamento e ritirata. Osserviamo la situazione, ci spingiamo anche forse a criticarla, ma poi attendiamo sempre che dall’alto qualcuno si assuma la responsabilità per noi. Chi stiamo attendendo per vivere la nostra chiamata di essere una comunità educante, consapevole, attenta, intraprendente e generosa? Certamente abbiamo bisogno di porci le giuste domande mentre osserviamo la situazione (Chi educa? Quali sono le aree critiche dell’educazione? Cosa possiamo fare nel sistema attuale e in prospettiva?) e dare risposte coerenti all’Evangelo di Cristo e alla sua visione del mondo, ma dobbiamo anche metterci in gioco e rischiare, entrare nell’arena dell’educazione e della scuola, sporcarci le mani e i piedi e prendere il toro per le corna. “Se sapete queste cose, siete beati se le fate!” (Gv 13,17).

Anche in ambito evangelico c’è chi si interroga e propone una visione per l’educazione e la scuola, ponendo come fondamento la rivelazione biblica, promuovendo una visione sociale evangelica, non gerarchica e sussidiaria, ma fatta di sfere di autorità differenti, interagenti e complementari tra loro; una visione che riconosce alle famiglie un ruolo prioritario nell’istruzione dei figli e nella costituzione di progetti educativi evangelici; che afferma il mandato culturale come parte integrante della vita riconciliata con Cristo. 

Il Comitato Insegnanti Evangelici in Italia in collaborazione con l’ICED di Roma mette a disposizione delle chiese locali il Seminario “Famiglie che educano” con lo scopo di incoraggiare le famiglie a riscoprire il proprio ruolo educativo, comprenderne le sfide ma anche a promuovere un progetto educativo che abbia una rilevanza sociale. Le famiglie evangeliche sapranno cogliere questa opportunità e investire responsabilmente nell’educazione e nella scuola, oppure il toro imbizzarrito a un certo punto sarà domato da altri e noi saremo ancora lì a guardare e criticare?