James Dobson (1936-2025). Il “family man” evangelico
Mentre in Italia solo da pochi anni facciamo i primi timidi tentativi per sostenere il valore della famiglia e formare biblicamente i genitori nel loro ruolo educativo e sociale, gli Stati Uniti d’America perdono il loro Family Man, sostenitore e promotore storico dell’istituzione familiare.
James Dobson, morto a 89 anni il 21 agosto scorso, è stato il pioniere, nel pieno della crisi valoriale e sociale negli Stati Uniti degli anni ’60, a mettere il focus sulla famiglia. Focus on the Family è stato proprio il nome del primo programma radiofonico del 1977 (con soli 15 minuti di trasmissione), cresciuto in seguito fino a diventare una delle più grandi organizzazioni para ecclesiali evangeliche al mondo. Dobson e il ministero di Focus on the Family hanno influenzato milioni di evangelici negli USA e in numerose altre nazioni del mondo grazie alle sue pubblicazioni, ai programmi radio per adulti e bambini, conferenze, serie-video e più recentemente grazie alla diffusione gratuita di numerosissimi contenuti e servizi digitali.
Non sono mancate le critiche al suo approccio e ai suoi metodi, al suo conservatorismo e alla sua incidenza nella politica pubblica e alle sue prese di posizione, che negli ultimi anni pare abbiano creato alcune tensioni all’interno dell’organizzazione di Focus on the Family, dopo il passaggio di presidenza a Jim Daly nel 2005. L’indiscussa influenza della sua persona e del suo ministero nel mondo evangelico, continuato anche dopo aver lasciato Focus nel 2010, non può lasciare indifferenti.
Dobson, nato in Louisiana nel 1936, è stato figlio unico di una coppia impegnata nel ministero evangelistico itinerante per la Chiesa del Nazareno, nata agli inizi del ’900 dal movimento di santità wesleyano. Nella sua biografia racconta come i frequenti viaggi dei genitori, ai quali non partecipava, siano stati probabilmente la causa del suo iniziale carattere rabbioso e problematico.
All’età di sei anni la madre decise di occuparsi di lui a pieno tempo e poi durante l’adolescenza, nel pieno della sua ribellione, il padre lasciò il ministero itinerante per dedicarsi a quello pastorale in una chiesa locale e assumere una maggiore responsabilità educativa nella vita del figlio. Dobson descrive questa come una decisione determinante per lui, che “lo salvò” e che tracciò anche le linee del suo ministero futuro.
Durante gli anni del College nacque il suo interesse per la psicologia che scaturì nel 1967 in un dottorato di ricerca in Sviluppo infantile presso la University of Southern California e nel lavoro di quasi vent’anni come professore in pediatria clinica presso la School of Medicine di Los Angeles e come consulente psicologico del rispettivo Ospedale Pediatrico, dove per 17 anni fu a contatto con bambini e famiglie che affrontavano enormi dolori e traumi. Fu qui che il Signore sviluppò in lui quel carattere empatico con il quale lo ricordano tutti coloro che lo hanno conosciuto personalmente.
In quegli stessi anni, osservando la crescente trasformazione culturale in corso nelle famiglie americane l’aumento dei divorzi, degli aborti, la sempre più ampia delega della cura dei figli agli asili nido, la diffusione del fenomeno delle droghe e della pornografia, la violenza e il disprezzo diffuso per l’autorità, crebbe in lui l’urgenza di lavorare per la formazione dei genitori, il supporto e la consulenza per coloro che affrontavano gravi difficoltà e per il sostegno del valore della famiglia in senso biblico nella sfera pubblica.
Il matrimonio per Dobson era il fondamento dell’ordine sociale e la famiglia uno strumento potente per aprire le porte all’Evangelo e passare il testimone della fede in Cristo. Al tempo stesso era convinto che solo un risveglio spirituale di pentimento, conversione, devozione alla Parola di Dio, fosse in grado di cambiare ogni sfera della vita, comprese le relazioni familiari.
Mosso dal bisogno osservato, cominciò il suo lavoro in favore della famiglia in una classe di scuola domenicale durante la quale rispondeva alle domande dei giovani genitori. Ciò lo condusse in breve tempo alla scrittura del suo primo libro dal titolo Dare to discipline (1970), al quale seguirono decine di altri. In italiano sono stati tradotti Prepararsi all'adolescenza, Torino, Elle Di Ci 1991; Emozioni. Doni ed energie da capire ed educare, Torino, Elle Di Ci 1993; Il coraggio di disciplinare, Marchirolo (VA), EUN 1999; Il bambino testardo, Marchirolo (VA), EUN 2006; Matrimonio sotto tiro, Marchirolo (VA), EUN 2007.
Trattò forse tutte le questioni calde del momento, senza favori al politicamente corretto e dagli anni ’80 in poi la sua influenza è divenuta sempre più politica, nei suoi programmi radio, come consigliere in diverse commissioni presidenziali e per mezzo della fondazione Family Research Council, di cui è stato uno dei fondatori, probabilmente la prima organizzazione pro-famiglia e pro-vita statunitense impegnata in attività di ricerca accademica sui temi della famiglia, della vita e della libertà religiosa al fine di offrire proposte di politica pubblica.
La novità del suo lavoro stava probabilmente nel fatto che si proponeva non come teologo, perché non lo era, ma come psicologo, offrendo un approccio pratico alla relazione educativa genitori-figli e alla relazione di coppia guidato dai principi e dalla morale delle Scritture, a volte esplicitamente enunciati altre volte sottintesi. Inoltre, non ha mancato di interagire con la cultura del suo tempo e si è speso per essere una voce pubblica, forte e chiara, rispetto ad argomenti scottanti, mantenendo sempre un alto grado di integrità.
Il nome di Dobson è ricordato per alcuni temi specifici e un approccio che hanno suscitato anche critiche, sia interne al movimento evangelicale sia esterne a esso: i ruoli di genere, la disciplina e l’uso delle punizioni corporali, la purezza sessuale prima del matrimonio, la condanna dell’omosessualità.
Intervistato da Christianity Today nel 1982 a proposito delle accuse di appoggiare la psicologia comportamentista rispose: “Se ricordo bene, Jay Adams mi ha definito un comportamentista. Se mi conoscesse personalmente, saprebbe quanto sia assolutamente ridicola questa accusa. Il comportamentismo sostiene che non esiste la mente, che Dio non esiste, che il cervello è un meccanismo di commutazione che risponde solo all'ambiente e così via. E questa è una sciocchezza ateistica. Solo perché credo nell'importanza di mettere delle stelline su un grafico quando un bambino finisce i compiti, non significa che io appartenga alla scuola del comportamentismo”.
Nella stessa intervista interrogato sui fallimenti dei governi americani rispose: “All'adolescente di oggi direi che il suo governo non è perfetto e che la malvagità è ovunque. Ma la ribellione e la violenza non miglioreranno le cose. Dovrebbe impegnarsi nel processo, partecipare al governo e lavorare per rendere il sistema come pensa che dovrebbe essere. Questo consiglio va contro l'insegnamento cristiano tradizionale. Penso che ai cristiani di tutte le età sia stato insegnato di stare fuori dal governo e di tenere la bocca chiusa. Ma io non sono d'accordo. L'America è una democrazia in cui gli individui possono esercitare la loro influenza. Se sono solo gli umanisti secolari ad accettare questa sfida, allora non potremo incolpare nessuno se non noi stessi per il risultato”.
Per la grazia sovrana e la provvidenza di Dio, un semplice uomo ma risoluto per l’Evangelo ha saputo rispondere, anche se in modo imperfetto, ad un bisogno pressante del suo tempo. Milioni di famiglie hanno beneficiato del suo ministero e l’evangelismo nel suo complesso ne ha goduto a lungo.
Nel suo lavoro di circa cinquant’anni si evince, forse, da una prospettiva riformata, la mancanza di una visione sistematica di fondo che aiutasse a rileggere la psicologia infantile e il ruolo e il compito educativo dei genitori a partire dal dato biblico e alla luce di Cristo, per mostrarne le storture, indicarne le direzioni della redenzione ed evitare il rischio di moralismo.
Ma non si può certo dire che il suo servizio sia stato ingenuo o inefficace nel motivare milioni di famiglie a prendere sul serio la propria responsabilità matrimoniale e genitoriale, per viverla in modo rinnovato per Cristo e in coerenza di fede e a far sentire la propria voce pubblicamente. Certamente il suo lavoro pionieristico ha motivato anche altri negli anni successivi a occuparsi di questi temi anche se con approcci diversi.
A noi tocca di prendere esempio da questa opera favorita dal Signore, coglierne le luci e le ombre (leggendo e valutando il suo contributo in prima persona), per rispondere con la stessa determinazione che viene dallo Spirito Santo ai bisogni del nostro tempo. Vorrà Dio, che anche in Italia si potrà offrire alle famiglie incoraggiamento, sostegno, una visione evangelica rinnovata del loro ruolo educativo e una voce pubblica nella società?