La casta dei casti. I preti intoccabili nel libro di Marco Marzano

 
 

Perché la Chiesa cattolica difende il voto di castità per i preti e come affronta la delicata questione dell’affettività del clero? In che modo gli anni di seminario trasformano in modo decisivo il rapporto con la sessualità dei futuri preti? A queste domande cerca di rispondere Marco Marzano, professore ordinario di Sociologia presso l’Università di Bergamo, nel saggio La casta dei casti. I preti, il sesso e l'amore, Milano, Bompiani 2021. Marzano ha studiato questi temi per anni soprattutto attraverso decine di interviste a preti e persone che hanno lasciato il sacerdozio.

ll quadro che emerge è uno spaccato della vita intima di un ceto sacerdotale formato sin dai seminari a nascondere questo ambito dell’esistenza umana invece che viverla serenamente. Emergono storie personali di dolore, tormento e di solitudine, ma anche un sistema di bugie e segreti che produce drammatiche conseguenze per gli stessi sacerdoti e per l’intera comunità cattolica. Come spiegare l'enorme difficoltà di questa istituzione nel fare i conti con la questione degli abusi clericali?

Per rispondere a questa domanda, Marzano ha indagato sulla natura del legame che vincola i preti alla loro chiesa. Tale vincolo è di natura del tutto eccezionale, e forse unica. L'analisi parte dalla selezione dai candidati al sacerdozio. Questi vengono individuati con attenzione all’interno delle parrocchie e dei movimenti, sollecitati ad entrare in seminario e poi seguiti per sei lunghi anni durante i quali, sono rinchiusi in un luogo che non possono mai abbandonare senza un’autorizzazione dei superiori.

Ogni aspetto della loro personalità e del loro carattere viene esaminato con cura da un’équipe di padri spirituali, formatori vari, psicologi, eccetera. L’istituzione dedica un tempo e uno sforzo organizzativo enormi alla formazione del suo personale. Marzano definisce i seminaristi un “patrimonio” collettivo delle diocesi, un tesoro custodito e protetto, una classe, o una casta di individui indispensabili alla vita della chiesa che non può esistere senza di loro.

E’ anche per questo che l’istituzione tende a proteggere il prete che ha commesso un abuso. Marzano è lapidario: "Tutelando lui tutela se stessa", in tal modo evita che il “patrimonio umano”, così faticosamente formato, venga dilapidato agli occhi dell’opinione pubblica e reso inservibile per la missione per cui è stato preparato. Ma anche perché lo scandalo che segue l'abuso rivela che l’organizzazione ha fallito e che il lungo processo di selezione non ha compreso il pericolo grave di mandare un potenziale abusatore tra i giovani di un oratorio.

La sequenza di fallimenti rispetto alla selezione della sua classe sacerdotale (Marzano la chiama "casta"!), in fondo rivela che, per qualità, essa non si distingue dalle altre organizzazioni sociali, tutte soggette a sbagliare. Credere pertanto che il sacramento dell’ordinazione trasmetta un potere tale da modificare tout court la persona di un sacerdote, con il quale lo eleva a uno status superiore a quello degli altri esseri umani, non solo non fa i conti con la realtà della natura umana, ma dimostra anche l'infondatezza della presunta autorità sacerdotale di derivazione divina.

Inoltre, all'interno di questo sistema, Marzano ha anche scoperto una sorta di "compensazione". Poiché il ruolo sacerdotale implica la rinuncia a tutto: alla famiglia, ai figli e ad una vita affettiva, questo sacrificio così grande richiede una ricompensa. La si riceve in modi diversi: il prestigio e l'attenzione sul piano sociale. Nella parrochia diventa "un solo uomo al comando": il privilegio della sacra potestas nell'amministrazione dei sacramenti, l'uomo che fa da mediatore fra il divino e il resto dell'umanità. Non solo, la chiesa istituzione lo protegge dai guai. Gli provvede una sorta di passaporto per l’impunità che lo protegge dalle conseguenze penali alle quali vanno incontro le persone che commettono reati simili.

Marzano afferma che: "Agli autori delle violenze può essere certamente attribuita una responsabilità individuale per quello che hanno commesso e, nei casi in cui questa sia penalmente rilevante, e giusto che venga vagliata nei tribunali (…) Quello che però i tribunali non possono processare, perché esula dal terreno della responsabilità personale, è la cultura clericale (…) che ha costituito il brodo di coltura di quegli abusi e di quelle violenze". Per Marzano, così come è strutturata questa chiesa, non c'è speranza per un vero cambiamento. "I pannicelli caldi come quelli proposti dalla Cei per affrontare la questione sono ridicoli e probabilmente controproducenti, una pezza per coprire una voragine destinata ad allargarsi".   

L'analisi sociologica di Marzano è molto utile e, sotto ceri aspetti, illuminante perché dà voce agli stessi protagonisti e vittime di questo sistema. Ma, ovviamente, non tocca la radice del problema, come nessuna semplice analisi metodologica può veramente farlo. La domanda da porsi è: qual è la comprensione che la chiesa di Roma ha di se stessa?  

In pillole, si può dire che la chiesa di Roma si comprende come il prolungamento sacramentale dell’incarnazione di Cristo. Questa stretta analogia fa sì che in tutto ciò che la chiesa è e fa, essa esprime la presenza di Cristo. Con quali conseguenze? Sono ancora attuali le parole di Pio X nella lettera enciclica Vehementer nos (11/06/1906): "La Chiesa è per sua natura una società ineguale, cioè una società formata da due categorie di persone: i pastori e il gregge (…) Queste categorie sono così nettamente distinte fra loro, che solo nel corpo pastorale risiedono il diritto e l’autorità necessari per promuovere e indirizzare tutti i membri della società; quanto alla moltitudine non ha altro diritto che di lasciarsi guidare e seguire, come un docile gregge, i suoi pastori".  

Alla luce di questa autoreferenzialità, è difficile che la chiesa di Roma si metta in discussione, ancor meno che operi una riforma radicale perché non vorrà mai tagliare il ramo su cui è seduta! Finché la Parola di Dio non sarà la vera e unica autorità, questa classe sacerdotale penserà sempre di essere intoccabile.