La sinodalità e il suo percorso ambiguo

 
 

Durante il mese di ottobre, l'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi si è riunita a Roma per discutere il tema della sinodalità. Il frutto del lavoro è stato la Relazione di sintesi Una Chiesa sinodale in missione (RS). La prima parte del documento delinea il "volto della Chiesa sinodale", che presenta la pratica e la comprensione della sinodalità e i suoi fondamenti teologici. La seconda parte, intitolata "Tutti discepoli, tutti missionari", si rivolge a tutti coloro che sono coinvolti nella missione della Chiesa sinodale e a come devono contribuire alla missione. La terza parte, "Tessere legami, costruire comunità", tratta del dialogo e dello scambio tra la Chiesa cattolica romana, le altre Chiese e le religioni del mondo.

Chi sperava che la RS fornisse maggiore chiarezza sulle questioni importanti che il cammino sinodale ha finora sollevato, si prepari a rimanere deluso. La RS si limita a ribadire e riaffermare la necessità che la Chiesa cattolica continui a lavorare su importanti questioni ecclesiali, come il ruolo delle donne nella Chiesa (II.9), le questioni legate alla sessualità (III.15) e una migliore comprensione di ciò che significa essere una Chiesa inclusiva e non giudicante (II.16-17). La RS chiarisce che la Chiesa sinodale vuole mantenere l'equilibrio tra l'affermazione della dottrina e degli insegnamenti cattolici tradizionali, l’aggiornamento del Vaticano II e una Chiesa sinodale che desidera essere radicalmente inclusiva.

La RS osserva: "Tra i timori, vi è quello che l’insegnamento della Chiesa venga cambiato, allontanandoci dalla fede apostolica dei nostri padri … È chiaro che alcuni temono di essere costretti a cambiare; altri temono che non cambi nulla o che ci sia troppo poco coraggio per muoversi al ritmo della Tradizione vivente" (I.1).

Molti vogliono che la Chiesa sinodale sia romana (chiarezza dottrinale), altri desiderano che sia cattolica (ecumenica, inclusiva, non giudicante). Il cammino sinodale ha messo in evidenza la difficoltà di trovare questo equilibrio e l'ultimo tentativo di affrontare queste contraddizioni ha solo dimostrato l'incapacità della Chiesa di fare chiarezza e di progredire nella definizione di "sinodalità" in modo significativo.

Da una prospettiva evangelica, rimane chiaro che il fondamento teologico della Chiesa sinodale non permetterà alcuna riforma reale e significativa nella Chiesa cattolica romana. La ragione principale è l'autorità a cui la Chiesa sinodale si sottomette nel tracciare il proprio cammino. Pur affermando l'importanza delle Scritture, la Bibbia non è l'autorità ultima per la Chiesa sinodale. L'intero cammino sinodale, afferma la RS, è radicato nella Tradizione della Chiesa (I.1). La Chiesa sinodale considera sia la Scrittura che la Tradizione vivente come fonti dell'autorità divina. Vuole essere ubbidiente alla Parola di Dio, pur muovendosi al ritmo della Tradizione vivente.

La fede evangelica deve ricordare che solo quando la Chiesa si sottomette alla Scrittura soltanto può sperare in una vera riforma. Se però la Tradizione (rivelazione) è dinamica e la chiesa si muove al ritmo con cui si sviluppa, la Parola di Dio diventa sussidiaria. Per questo motivo i Riformatori hanno insistito sull'autorità della “sola Scrittura” per ogni ambito di fede e di vita. Inoltre, quando la Chiesa sinodale invoca la guida dello Spirito Santo nel tracciare il cammino sinodale, questa comprensione della Tradizione vivente deve essere tenuta a mente. Lo Spirito Santo non è legato alla sola autorità della Scrittura, ma è il principale catalizzatore nel guidare e rivelare la Tradizione vivente della Chiesa. Mentre la fede evangelica riconosce che lo Spirito Santo non può agire al di fuori dei parametri stabiliti dalla Parola di Dio e dalla sua sola Parola, questi stessi parametri non esistono nel cattolicesimo romano.

In linea con il cattolicesimo romano post Vaticano II, la RS non dice praticamente nulla sul peccato (la parola "peccato" compare solo una volta ed è in riferimento al peccato di razzismo, I.5). Questo dovrebbe far scattare un allarme teologico, soprattutto quando la Chiesa sinodale afferma che il suo cammino è in sottomissione alla guida e alla volontà dello Spirito Santo. La prima cosa che lo Spirito Santo fa è portare la convinzione del peccato. Se il peccato è assente, si può essere certi che lo Spirito Santo non è coinvolto.

Il cammino sinodale entra ora nella sua ultima fase e si concluderà nell'ottobre 2024 con una relazione finale. A due anni dall'inizio del percorso, tuttavia, non è ancora chiaro quali saranno le implicazioni della sinodalità per la Chiesa cattolica romana e per i suoi fedeli, dal momento che le domande chiave rimangono senza risposta. La RS, tuttavia, chiarisce che "la sinodalità rappresenta il futuro della Chiesa" (I.1). La sinodalità, a quanto pare, è qui per restare. Come evangelici preghiamo che, come nel XVI secolo, ci sia una vera riforma biblica attraverso la sottomissione Cristo soltanto della Scrittura soltanto, e che questa volta Roma non contrasti questa riforma ma, per grazia di Dio, ne sia beneficiaria.