Le 4 tentazioni per la teologia evangelica

 
 

Quando si ha a che fare con la teologia evangelica, non bisogna mai pensare che essa si muova in un campo neutro, sterile e scevro da ogni precomprensione o visione del mondo. Al contrario, fare e trattare di teologia vuol dire essere in dialogo per rispondere ad altri sistemi di pensiero e di vita che sono presenti, e spesso dominano, nella società.

Esserne inconsapevoli rende l’esercizio teologico inutile o, peggio ancora, facilmente inquinabile e soggetto a tentazioni esterne. Per questo, durante il 73° incontro annuale della Evangelical Theological Society (ETS), tenutosi il 17 novembre a Fort Worth, Texas, il presidente Albert Mohler nel suo discorso di apertura ha provato ad inquadrare quattro tentazioni della teologia evangelica.

Mohler ha citato il fondamentalismo, l'ateismo, il cattolicesimo romano e il liberalismo protestante come le quattro scie di pensiero con cui nello specifico l’ETS si è sempre confrontata, ma che in generale sono le tentazioni a cui il mondo evangelicale è esposto e continua ad esserlo e contro le quali bisogna essere equipaggiati e ben strutturati. 

La prima tentazione è quella del fondamentalismo. Su questo punto non bisogna fare confusione. La teologia evangelica per sua natura è fondamentalista. Le sue affermazioni sono radicali e devono restare radicali. L’inerranza della Scrittura, la fede in Cristo soltanto, la salvezza come dono gratuito della grazia di Dio, non sono concetti barattabili o sui quali si possa scendere a compromessi. La teologia evangelica è quindi fondamentalista nelle sue affermazioni, ma deve evitare di cadere nel fondamentalismo fanatico nella misura in cui questo significhi un allontanamento dalla cultura, il ritiro dall’impegno pubblico, la chiusura al confronto ed al dialogo. Essere fondamentalisti nella dottrina non è la scusa per evitare di portare avanti il mandato culturale e per nascondere la lucerna sotto il moggio.

La seconda tentazione a cui ha fatto riferimento Mohler è quella dell’ateismo. Suona strano che gli evangelicali possano essere tentati dall’ateismo, poiché o si crede nell’esistenza di un Dio o la si nega; eppure, per quanto queste due posizioni siano inconciliabili tra loro e senza possibilità di confondersi, c’è un terreno in cui si rischia di immischiarsi che è quello dell’ateismo di fatto. Un ateismo non proclamato apertamente, ma vissuto nei fatti. Un ateismo con cui gli evangelici rischiano di compromettersi quando non sono radicali contro i pensieri universalistici e di natura secolare che dominano la società.

La terza tentazione da cui gli evangelici devono guardarsi è quella del cattolicesimo romano. Come ha ben approfondito Leonardo de Chirico nel suo articolo “Una tentazione da cui guardarsi. Il cattolicesimo romano secondo Al Mohler, è salutare che Roma sia ancora vista come alternativa all’evangelicalismo in un’epoca di tentazioni ecumeniche che rischiano di minare i fondamentali della fede. Il papato non è né un’alternativa né un equivalente del protestantesimo. Questa linea di demarcazione va sottolineata e ribadita per salvaguardare la teologia evangelicale da scivolamenti che snaturano il messaggio del Vangelo. 

Infine, gli evangelicali devono guardarsi dal liberalismo protestante. Il rischio di cadere in questa tentazione sorge quando la teologia cerca di adattarsi alle esigenze culturali per sembrare più attraente e meno rigida. Una teologia che cerca di “svecchiarsi” è una teologia che perde tutti i suoi fondamenti dottrinali finendo per annichilire ed annullare il vero messaggio del Vangelo.

Questo discorso, pronunciato negli USA, si rifà ovviamente al contesto americano, ma resta vero anche per il nostro Paese. In Italia, che non ha mai conosciuto la Riforma protestante a livello popolare e sistemico, siamo ancora culturalmente soggetti alla tradizione romana, seppure si viva per lo più un ateismo di fatto. Gli evangelicali nel nostro Paese hanno quindi l’importante compito di capire in che modo affermare che le istanze della Riforma non sono finite o superate, ma che persistono e che il confronto con il cattolicesimo romano non si può evitare solo per schierarsi in un fronte più ampio e forte contro il secolarismo che avanza. La teologia evangelica inoltre non può adattarsi alle suadenti tentazioni del liberalismo protestante per creare un fascino che il protestantesimo non ha mai di fatto avuto nel nostro Paese. Restare saldi sulle verità del vangelo è la prerogativa anche per non lasciarsi tentare culturalmente da un ateismo di fatto. Le chiese nel nostro Paese sono tenute a discepolare ed equipaggiare i credenti per vivere in contesti culturalmente distanti senza cedere alla tentazione di un fondamentalismo radicale che rifiuta ogni contatto con il mondo esterno, così come storicamente è spesso avvenuto per le chiese evangeliche italiane. Una teologia evangelica biblicamente fondata sarà capace di creare, anche nel nostro Paese, occasioni di dialogo e confronto e contemporaneamente costruire modelli culturali riformati alla luce dell’evangelo.

Le 4 tentazioni sono anche nostre e il discorso di Mohler ha degli immediati benefici anche per noi. Bisogna ascoltarlo e farlo nostro.