L'impegno cristiano in politica, a partire da un libro di Grudem (II)

 
 

L’impegno cristiano in politica è una tra le tante vocazioni della vita umana redente da Gesù Cristo. Ciò non significa che tutti debbano viverlo in modo diretto e come vocazione primaria. La rinuncia a tale impegno, tuttavia, equivale a tradire la missione affidata dal Signore e scegliere invece di vivere in modo diviso e settoriale la vita cristiana. Il Patto di Losanna (1974) indica che l’evangelizzazione non esclude l’impegno sociale, piuttosto lo richiede. La proclamazione del vangelo del Signore Gesù Cristo deve comprendere il prodigarsi per il bene comune, impegno che spesso è stato trascurato. La partecipazione attiva deve mirare a rispondere al mandato di vivere responsabilmente la vita ricevuta e di farlo in modo coerente ai valori di Dio.

Tra gli evangelici ho sempre riscontrato orientamenti diversi e spesso discutibili verso la politica, il governo e lo Stato. Il libro di W. Grudem, La politica secondo la Bibbia, Firenze, BE Edizioni 2018 offre una utile alfabetizzazione circa l’impegno cristiano in politica. Il terzo capitolo è un’ampia sezione in cui, basandosi sull’Antico e sul Nuovo Testamento, si parla della legittimità dell’azione di governo e delle istituzioni preposte allo stesso. Il governo non è invenzione umana, ma è la conseguenza di disposizione divina per il consorzio umano.

Riporto solo qualche esempio. Con la creazione Dio ha stabilito delle leggi per l’andamento ordinato ed armonioso del tutto; lo Spirito che aleggiava sulle acque sta ad indicare che la santa Trinità governava l’intera creazione (Genesi 1,1-2). All’uomo è affidato il compito di governare l’habitat e la società, punendo chi non avrebbe rispettato le regole che sono alla base della convivenza civile. Fu questo che il Signore disse a Noè dopo il diluvio (Genesi 9,5-6); i 10 comandamenti (Esodo 20) non solo regolano i rapporti tra l’uomo e Dio, ma anche tra gli esseri umani. La Bibbia dice di proteggere i deboli, le vedove, gli orfani, i poveri, e che si debba operare con giustizia (Salmo 82,2-4, Ecclesiaste 8,11). Per fare questo ed altro ancora ci vuole un governo che regoli ed amministri la vita comune in maniera armoniosa tenendo presente le esigenze di tutti. Al tempo dei Giudici ciò non avveniva ed è di monito il ritornello “ognuno faceva quel che gli pareva meglio”. 

Gesù affermò che uno dei  dovere del cristiano  è di  relazionarsi con Cesare e con Dio, ovvero con lo Stato, le autorità e non solo con Dio.[1] L’uno non esclude l’altro. Addirittura Paolo in Romani 13,1-7 e poi l’apostolo Pietro in 1 Pietro 2,13-14 non prospettano affatto l’anarchia o  il disimpegno verso i governi. Fede e impegno a tutto campo (anche politico) sono legati l’una all’altro e una non è senza l’altro. La Bibbia mostra interesse e sollecita l’impegno cristiano. Essa non ignora affatto la presenza del peccato e della corruzione del cuore umano. Riconosce che l’uomo, nato nel peccato, è incline all’egoismo e al male, piuttosto che al bene.

Governo e politica, essendo inscindibili l’uno dall’altro ed essendo ordinati da Dio, renderanno conto del loro operare. Lo stesso vale per i cristiani. Nonostante la presenza del male il cristiano non può assumere comportamenti pilateschi, ma piuttosto assumersi le sue responsabilità perchè tale è la volontà di Dio. Il cristiano è chiamato non solo a pregare per le autorità (1 Timoteo 2,2) ma anche a impegnarsi per il bene della città (Geremia 29,7). Questi comportamenti indicati dalla Scrittura assumono una forza ancora maggiore se si considera che furono detti in tempi di oppressione. La chiesa ha la responsabilità di vivere l’ordine di Dio al suo interno e di rappresentarlo all’esterno anche con voce profetica (Efesini 5,11).

Il governo umano, per quanto istituito alla creazione, è anche limitato da Dio nella sua giurisdizione. Non ha rivendicazioni assolute sulla vita umana, ma solo nella sfera ad esso assegnata. La presenza del male e le tentazioni totalitarie, inoltre, dovrebbero indurre a vigilare che i governi non oltrepassino i limiti della loro sfera di azione. Essi dovrebbero garantire a tutti la libertà religiosa, di opinione e di coscienza; mantenere l’equilibrio tra le varie sfere della vita creata (persone, famiglie, imprese, sindacati, associazioni, chiese, ecc.) senza invaderle; svolgere una funzione di equilibrio nella tutela della giustizia penale, civile e sociale.

(continua)

[1] Si veda a questo proposito il fascicolo “Dio e Cesare”, Studi di teologia N. 14 (1995).