Oppenheimer e gli incubi per aver giocato col fuoco

 
 

Il film si apre con una scena di fuoco e di esplosioni in cui viene rievocato il mito di Prometeo, colui che aveva rubato il fuoco agli dèi per poi finire condannato con l’esserne bruciato. Gli incubi del fuoco e delle esplosioni non lasceranno mai Oppenheimer, il “padre” della bomba atomica, diventando parte delle sue notti tormentate. Il film Oppenheimer (2023) diretto da Christopher Nolan è basato sulla biografia scritta da Kai Bird e Martin Sherwin, Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato (American Pr, Milano, Garzanti 2007.

Robert Oppenheimer (1904-1967) è stato il fisico americano che ha realizzato la bomba atomica che poi è stata sganciata su Hiroshima e Nagasaki. Il film ha diversi filoni che si intrecciano: quello scientifico che vede la corsa ad arrivare primi tra gruppi di ricerca americani, tedeschi (nazisti) e sovietici; quello militare perché si era in piena Seconda guerra mondiale; quello politico perché i gruppi di lavoro operavano con investimenti pubblici e all’interno di direttive (e sorveglianze) governative; quello investigativo-processuale perché, dopo la fine della guerra, Oppenheimer fu sottoposto ad interrogatori per presunti contatti con spie del blocco sovietico; quello personale perché tutte le vicende si muovono sulle gambe di uomini e donne con le loro fragilità e piccolezze. 

Ciascuno di questi registri meriterebbe un commento, ma quello che più mi ha preso è il dilemma morale che attanaglia Oppenheimer via via che si rende conto della potenza distruttiva della bomba. Lo scienziato viene assalito dai dubbi quando dai calcoli viene riscontrata la remota possibilità che una detonazione atomica avrebbe potuto innescare una reazione atmosferica a catena e distruggere il mondo. Un flashback alla fine del film mostra la conversazione tra Einstein e Oppenheimer in un parco dell’università di Princeton: il fisico aveva espresso all’anziano collega padre della teoria della relatività la sua cupa convinzione di aver effettivamente avviato una reazione a catena che avrebbe distrutto il mondo. A quanto pare, Einstein lo avrebbe rassicurato. 

Poi i dilemmi riguardano l’effetto di lungo termine della bomba H che sarebbe stato lo stadio successivo della realizzazione della bomba atomica. Dopo la fine della guerra, infatti, Oppenheimer si spende per favorire negoziati tra potenze nucleari che ne limitino l’uso. E intanto gli incubi notturni continuano.

Non si scherza col fuoco. Chi tocca il fuoco si brucia. Una volta innescato l’incendio è difficile controllarlo e spegnerlo. Intorno a questo si arrovella il travaglio di Oppenheimer. La bomba atomica è un esercizio etico di scuola. Sul piano deontologico, è lecito creare un’arma di distruzione di massa ora e con effetti dirompenti forse incalcolabili? Sul piano teleologico, diventa lecito se serve a vincere un regime dittatoriale o a porre fine a una guerra ancor più distruttiva? Quanto intervengono convenienze politiche, scontri di carriera, interessi economici, ecc. nelle scelte etiche?

Oppenheimer si trova nel ginepraio morale dell’etica di guerra in cui svolgere ricerca scientifica ai fini dell’industria bellica. È un calvario che lo attanaglia e che gli toglie il sonno. Non sempre l’etica si risolve semplicisticamente nell’individuazione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: bianco o nero. Molto più spesso la vita mette di fronte a molteplici piani, prospettive in conflitto, conseguenze che sfuggono al controllo. Solo un’etica in grado di istruire le questioni in modo da rappresentarne la complessità può aiutare. Oppenheimer non aveva risolto la questione: da un lato, da scienziato, voleva andare avanti nella ricerca; dall’altro, da uomo, temeva per le conseguenze disastrose. Da un lato, come cittadino leale, voleva mettersi al servizio del suo Paese; dall’altro, non poteva non vedere le sofferenze atroci di altri Paesi. Nel suo travaglio, non c’è alcun riferimento a Dio, né al vangelo. Si trova in un labirinto morale ma si apre ad una “notizia” diversa dalla proprio. Il suo collega anziano Einstein credeva che Dio non giocasse a dadi, nel film Oppenheimer non fa mai riferimento a Dio.

Oppenheimer è un film che fa domande e che non dà risposte. È lo spaccato delle contorsioni del mondo contemporaneo che, in modo moralmente autoreferenziale,  ha scoperto il fuoco ma rischia di finire bruciato.

N.B. Il film è vietato ai minori di 18 anni per la presenza di alcune scene di sesso.