Più archeologia che architettura: chiavi per leggere Tommaso d’Aquino
Il Medioevo è finito e lontano. La teologia non è più la “regina delle scienze”. Quindi, cosa ha da dire un teologo medievale come Tommaso d'Aquino (1225-1274) alla nostra epoca contemporanea? Molto, secondo Oliver Keenan, teologo domenicano e docente a Oxford, autore del volume appena uscito Why Aquinas Matters Now. Egli sostiene che “l'Aquinate è importante oggi, non perché avesse ragione su tutto ciò che diceva, ma perché può insegnarci un modo di guardare il mondo che ignoriamo a nostro rischio e pericolo” (1).
Nell'avvicinarsi a Tommaso, Keenan suggerisce di usare l'“architettura” piuttosto che l'“archeologia” come modo principale di apprezzare la sua eredità (6). In altre parole, secondo questa interpretazione, le strutture di pensiero dell'Aquinate sono più rilevanti dei singoli mattoni. È probabile che gli evangelici trovino più utile l'approccio opposto.
Tommaso ieri e oggi
Tommaso è importante perché è secondo solo ad Agostino quanto ad influenza sul cristianesimo occidentale. Per secoli, il cattolicesimo romano ha considerato l'Aquinate come il suo campione, la voce più alta, più autorevole, più completa del pensiero e del credo cattolico romano. Papa Giovanni Paolo II ha espresso un deferente apprezzamento indicando Tommaso come “maestro di pensiero e modello del modo giusto di fare teologia” (Fides et Ratio, 1998, n. 43).
L'interesse contemporaneo per l'Aquinate va ben oltre i circoli cattolici e religiosi e investe gli studi di teoria politica e giuridica, filosofia, psicologia ed etica sociale. Prendendo a prestito un’espressione di Foucault, Keenan definisce Tommaso un “produttore di discorsività”, sottolineando come la sua opera abbia generato molteplici ondate in molte discipline (5).
Keenan esplora con sguardo ammirato il piano generale dell'opera di Tommaso. Pur mostrando un alto grado di conoscenza dei dettagli, Keenan fornisce una visione a volo d'uccello informata dei suoi elementi costitutivi e della sua forma complessiva. Secondo Keenan, “l'Aquinate ha intenzionalmente realizzato i suoi scritti in modo da stimolare la conversazione ... con la realtà” (11-12). Egli sostiene che l'Aquinate intende la vita umana e Dio stesso in termini comunicativi. Così “gli esseri umani appartengono alla conversazione con il mondo modellando le loro vite in progetti di significato” (12).
Il libro è un'introduzione alla metafisica di Tommaso (ad esempio, esistenza ed essenza; materia e forma; sostanza e accidenti), all'epistemologia, alla teologia, all'antropologia (ad esempio, emozioni e virtù) e ai trascendentali (il bene, il bello e il vero) e alle loro interconnessioni. Si tratta di un'introduzione accessibile ma coinvolgente alla visione del mondo dell'Aquinate, cercando sempre di mostrare perché egli sia ancora importante.
Grandi intuizioni, difetti strutturali
Il libro di Keenan aiuta i lettori evangelici ad apprezzare la robustezza della teologia di Tommaso. Ad esempio, la sezione del libro sulla semplicità divina illustra il desiderio dell'Aquinate di seguire la Scrittura nel presentare la realtà di Dio come pura presenza di perfezione. Anche la sua dottrina della creazione è biblicamente ricca e solida, con il suo dinamismo interno e ordinato che rispecchia la realtà creata. Questi sono alcuni dei punti a favore “archeologici” che Tommaso offre.
Tuttavia, il problema comincia a emergere quando Tommaso tratta della natura e delle conseguenze del peccato. In Tommaso sembra esserci una stima eccessiva delle nostre capacità naturali anche dopo la caduta. Secondo le parole di Keenan, “Tommaso mostra una grande fiducia nell'universalità e nel potere della ragione umana come base su cui l'umanità può comunicare nel compito comune di arrivare alla verità delle cose” (7). Ancora una volta, riprendendo Tommaso, “la nostra dotazione intellettuale ci rende capax Veritatis” (capaci di verità, 121).
In Tommaso non si percepisce l'impatto radicale degli effetti noetici del peccato. La lettura affermativa di Keenan dell'Aquinate sostiene la valutazione di alcuni dei suoi critici evangelici: non c'è il senso dell'impatto radicale delle conseguenze del peccato. È come se il peccato ci colpisse solo lievemente, piegando e offuscando la nostra capacità di verità, ma non spezzandola irreversibilmente e a livello fondamentale. Sebbene riconosciuto, nell'architettura di Tommaso il peccato non riceve l'importanza che dovrebbe ricevere biblicamente. Questa sottovalutazione ha conseguenze architettoniche su tutto il suo pensiero. Infatti, pur dedicando lunghe sezioni ad altri aspetti, il libro ha bisogno di una sola pagina (184) per esporre la visione di Tommaso sul peccato, e questa proporzione riflette accuratamente il peso teologico che l'Aquinate gli attribuisce.
Natura e grazia metafisicamente sposate
Un pervasivo ottimismo permea l'antropologia, l'epistemologia, l'etica e infine la soteriologia di Tommaso. Strutturalmente parlando, Tommaso lo trae dal modo in cui mette in relazione la natura e la grazia. Secondo il pensiero architettonico di Tommaso, sostiene Keenan, “la grazia e la natura esistono in una sorta di matrimonio metafisico. Sono veramente comprensibili solo insieme, sono legate dalla volontà divina, eppure mantengono il loro carattere particolare e la loro distinzione” (164).
Ma dov'è il peccato in questo matrimonio metafisico? La visione del mondo di Tommaso sembra radicata in categorie metafisiche e presta poca attenzione al flusso storico-redentivo della storia biblica del motivo creazione, caduta e redenzione.
Keenan sostiene che per Tommaso la relazione natura-grazia opera in modi che dovrebbero suscitare preoccupazione al lettore evangelico. Scrive: “La teologia dogmatica non annulla in alcun modo ciò che è stato acquisito dalla riflessione filosofica, ma la conoscenza data alla fede perfeziona e supera la semplice ragione” (83). Questa sembra una prospettiva pre-caduta, creazionale, ma che dire della situazione dopo che il peccato è entrato nel mondo? Il potere distorsivo del peccato è ridotto a un'eco attenuata.
Per quanto riguarda la salvezza, Keenan sostiene che “ogni persona umana è un figlio unico di Dio - un prodotto dell'amore e della libertà di Dio - che di conseguenza appartiene, effettivamente o potenzialmente, alla Chiesa” (129). Qui la nostra umanità naturale è già e intrinsecamente ordinata alla chiesa. Il peccato non viene nemmeno menzionato, alterando così in modo fondamentale il racconto biblico della salvezza dal peccato.
Architettura cattolica romana
Seguendo il resoconto di Keenan, Tommaso serve la cattolicità del cattolicesimo romano, specialmente nella sua volontà e capacità di includere tutto nella sua “sintesi”, un termine su cui Keenan torna spesso (ad esempio 16-17, 24,177,186). L'Aquinate può piacere a molti pensatori contemporanei per la sua traiettoria inclusiva. Di conseguenza, il tomismo può perdere di vista l'integrità del Vangelo biblico perché sottostima le antitesi del Vangelo (“Dio contro gli idoli”, “o con me o contro di me”, “luce contro tenebre”, “peccato contro santità”) e l'invito di sottomettere ogni pensiero a Gesù Cristo (2 Corinzi 10,5).
Secondo Keenan, l'Aquinate è importante oggi per la sua visione del mondo non oppositiva, capace di integrare elementi vecchi e nuovi. Tommaso invita tutti a partecipare alla sintesi estesa a cui aspira il cattolicesimo romano, nell’integrazione di Bibbia e tradizione, natura e grazia, fede e ragione, cristiani e non cristiani, cristianesimo e religioni.
Gli evangelici possono apprezzare molto di Tommaso, beneficiando ecletticamente di alcuni elementi costitutivi del suo pensiero. Accogliendo l'invito di Keenan, anche per loro Tommaso è importante oggi, ma più in termini “archeologici” che “architettonici”. Gli evangelici possono recuperare singoli mattoni da Tommaso, ma non possono abbracciare il suo disegno complessivo perché strutturalmente viziato da impegni biblicamente spuri.
N.B. Una versione in inglese “The Case for Retrieving Thomas with Care” (8/1/2025) è stata postata sul sito di www.thegospelcoalition.org