Pregare come figli/e. Alla scoperta del Padre Nostro

 
 

Quante volte ci è capitato di ascoltare, recitare o leggere il Padre Nostro? Quante volte ci siamo interrogati sulla profondità del significato delle parole che ascoltavamo o noi stessi usavamo per pregare? Il Padre Nostro è una delle preghiere più note del mondo cristiano e non solo, l’unica che Gesù stesso recita per insegnarci non solo come pregare ma anche come non farlo (Matteo 6,5-15).


Proprio sul “Padre nostro”, il pastore René Schlaepfer della chiesa Twin Lakes (California, USA) ha tenuto una conferenza (9-11 maggio), presso la chiesa Vita Abbondante di Casoria (NA). Ecco una sintesi.


Padre nostro che sei nei cieli

Quando preghiamo o leggiamo “Padre nostro che sei nei cieli” racchiudiamo in poche parole alcune grandi verità: Dio è “Abbà”, padre di tutti coloro che hanno creduto perché “a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli, cioè, che credono nel suo nome” (Giovanni 1,12); Dio è un padre reale, vicino e premuroso e, per questo, anche ricco di autorità e potere. Pregando instauriamo e rafforziamo la nostra relazione con Dio, a tutti gli effetti una relazione padre-figlio/a.


Sia santificato il tuo nome

Come può il nome di Dio essere santificato se parliamo di un Dio già tre volte santo? Il secondo comandamento istruisce: “Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano” (Esodo 20,7) che in ebraico corrisponderebbe a “non portare il nome del Signore, Dio tuo, invano”.


Aronne era letteralmente “portatore del nome” quando portava le pietre incise con il nome delle tribù di Israele e la piastra d’oro con inciso “Santo al Signore” (Esodo 28), così come anche noi siamo “portatori del nome” seppur in modo diverso da Aronne: lo siamo quando santifichiamo il nome del Signore, cioè quando rappresentiamo, “portiamo” bene il suo nome. Non scegliamo quando essere o non essere “portatori del nome”, dal momento in cui riconosciamo Cristo come nostro Salvatore abbiamo il dovere e la responsabilità di essere buoni “portatori del nome”.


Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo anche in terra

Le due parti che compongono la frase sono strettamente collegate l’una all’altra. In cielo “Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate.” (Apocalisse 21,4).

 

Non possiamo certamente pretendere di elevare il nostro operato a quello di Dio, ma essere buone testimonianze del Suo nome e imitare l’esempio di Cristo nel comportamento e nel modo di essere significa anche realizzare la volontà di Dio “come in cielo, anche in terra” e fare in modo che tutti sappiano che il regno di Dio è qui e ora e ognuno può farne parte.


Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Martin Lutero nel 1529 scrisse nel suo Piccolo Catechismo la risposta alla domanda “Cosa vuol dire ‘pane quotidiano’?”: “Tutto ciò che nutre il nostro corpo e soddisfa i suoi bisogni, come: cibo, bevande, vestiti, scarpe, casa, cortile, campi, bestiame, denaro, beni... un coniuge devoto, figli devoti, dipendenti devoti, governanti devoti e fedeli, il buon governo, il bel tempo, la pace, la salute,  la disciplina, l'onore, i buoni amici, i vicini fedeli e altre cose come queste”


Dacci oggi il nostro pane quotidiano” indica che tutto ciò di cui abbiamo bisogno per soddisfare i nostri bisogni viene dato da Dio; questo significa affidarci completamente a Dio consapevoli del fatto che Egli ci darà ciò di cui abbiamo bisogno, quando ne abbiamo bisogno, come ne abbiamo bisogno anche per poterlo condividere con gli altri. Non a caso nella preghiera viene utilizzato sempre noi e nostro e mai io o mio.


Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiano rimessi ai nostri debitori

Nel capitolo 6 di Matteo Gesù parla più volte dell’importanza del perdono: come Dio ci ha perdonati anche noi dobbiamo perdonare. Sappiamo che dobbiamo perdonare ma sappiamo anche che perdonare è spesso difficile per questo può essere utile tenere a mente alcuni principi fondamentali: la Parola ci insegna a vincere il male con il bene (Romani 12,19-21) e di eliminare qualsiasi radice velenosa (Ebrei 12,15). Soprattutto ci ricorda come Dio per primo ci ha perdonati e ci ha amati diventando in Cristo l’esempio perfetto che dovremmo tentare di imitare.


Il Padre Nostro non è solo una formula da ripetere: è una guida quotidiana e una dichiarazione di fede con cui impariamo a riconoscere Dio come un padre di cui fidarsi, a santificare il Suo nome con la nostra vita, a desiderare il Suo regno più del nostro successo e a perdonare come siamo stati perdonati.


Questa preghiera non è una semplice abitudine vuota, ma un mezzo attraverso il quale ricordare la verità di un Dio che è Padre, la nostra identità di figli/e e il cammino di fede che ci chiama a vivere il cielo, già qui sulla terra.