Una pagina evangelica nella Guida “Roma Capitale”

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Roma è capitale d’Italia da 150 anni. Ci sono state alcune celebrazioni (poche, per la verità) e qualche rievocazione storica. Come minoranza religiosa, gli evangelici hanno una lettura della città, un’ansia, un pensiero, per non dire una visione per Roma e per il Paese di cui è capitale?  

Il quotidiano la Repubblica, con una delle sue “Guide  ai sapori e ai piaceri”, celebra i primi 150 anni da Capitale d’Italia. Tra le pagine di questo volume fa capolino anche la presentazione dell’Istituto di Cultura Evangelica e Documentazione (ICED) sito al centro di Roma dal 2016. Tra le varie letture offerte e rievocazioni suggerite, quella dell’ICED è unica: infatti la sua pagina è incentrata sull’auspicio che, come dalla breccia di Porta Pia entrarono le prime Bibbie in lingua italiana in città, la Parola di Dio possa continuare a promuovere delle “brecce” spirituali in città.

Questo augurio non è scontato e si scontra con delle mura salde ed ostili. Quando l’Italia divenne finalmente un paese unito nel 1861, lo Stato pontificio si era opposto all’annessione e si proclamava ancora autonomo. I papi volevano continuare a esercitare il loro potere temporale e consideravano propria la città che i patrioti agognavano a capitale del regno. Con la breccia di Porta Pia, i bersaglieri presero la città e solo qualche mese dopo, il 3 febbraio 1871, la Capitale venne trasferita ufficialmente da Firenze a Roma.

Come qualcuno disse, Roma cominciava la sua terza vita dopo i Cesari ed i papi. La sua nuova vita però fu, ed è ancora, fortemente influenzata da quelle precedenti. I rapporti tra lo Stato e la Chiesa furono aspri e tesi fino alla stipulazione dei Patti Lateranensi in epoca fascista, causando delle distorsioni in materia di rapporti stato- chiesa e di libertà religiosa, di cui ancora i suoi abitanti, ed a cascata tutto il Paese, ne paga le conseguenze.  

Tracciando una storia della vita da Capitale di Roma, nell’introduzione alla Guida, Corrado Augias, accenna alle ferite causate della due grandi guerre, alla speranza di rinascita con il boom economico nella Roma della dolce vita, alle lacerazioni causate dal terrorismo rosso e nero degli anni 70, ai crescenti problemi di corruzione e decadimento. Per l’autore “Roma non sarà mai la città dell’ordine, delle simmetrie, del nitido svolgersi dei fatti secondo un disegno, l’esito coerente di un progetto […]”. La soluzione possibile viene intravista nella capacità di rinnovarsi tecnologicamente puntando ad un modello di città sostenibile che ne cambi l’aspetto esteriore e la funzionalità amministrativa. I difetti vengono visti come parte integrante della città e intrecciati allo spirito eterno della sua esistenza.

Seppur timidamente, la presentazione di un Istituto di cultura evangelica e delle chiese ad esso collegate però apre uno spiraglio in quest’ottica. Le tre vite della città dai cesari, ai papi, ai presidenti, sebbene piene di cultura, arte, eventi storici di fondamentale importanza, non hanno saputo donare alla città la capacità di riconoscere e lavorare sui propri difetti, al di là di sviluppare una cultura del qualunquismo della lamentela e della cinica rassegnazione.

Possono gli evangelici pensare e pregare che una quarta vita sia possibile? Una vita rinnovata dalla Parola di Dio capace di entrare in ogni sfera complicata della vita della città e del Paese? La città potrebbe riconoscere lo svolgersi dei fatti come l’attuazione dei decreti sovrani di Dio e non come un confuso ed incoerente avvicendarsi di casualità e risolvere le annose questioni legate al difficile rapporto che negli anni ha avuto con una chiesa invadente e poco sensibile al rispetto dei propri limiti.

Intanto, la presenza di una pagina di un istituto di cultura evangelica in un volume a larga diffusione di un quotidiano nazionale è un segno di speranza. Esso testimonia la presenza di comunità di credenti evangelici che, mentre aspettano la città dalle solida fondamenta che il Signore ha promesso a chi crede in Lui, vivono nella complessità della Roma di oggi con una vocazione: continuare a tenere aperta la “breccia” dell’evangelo per le persone e per la città intera.