Carota e bastone. La chiesa di papa Francesco è sia cattolica che romana

 
 

Un colpo alla botte e un colpo al cerchio. Si potrebbe definire così l’attività quasi frenetica del Dicastero per la Dottrina della Fede della Chiesa cattolica dell’ultimo mese. A metà dicembre è uscita la dichiarazione Fiducia supplicans che, tra giri di parole ambigue e piroette di spiegazioni contraddittorie, autorizzava la benedizione non solo degli individui ma anche di coppie irregolari e omosessuali: un provvedimento che non ha precedenti nella storia del cattolicesimo. Metà episcopati del mondo (su tutti quelli africani) sono insorti contro questo documento che ha rotto un confine “simbolico” della pastorale cattolica. Il mal di pancia interno ad importanti settori del cattolicesimo è tuttora in corso. 

Ora, il Dicastero presieduto dal card. Víctor Manuel Fernández, discepolo di papa Francesco e suo protegé, ha emesso una Nota sulla disciplina dei sacramenti: la Gestis verbisque (3/2/2024), sugli eventi e le parole che formano i sacramenti. In sostanza, tramite uno stringente ragionamento dogmatico sulla concezione cattolica dei sacramenti, il documento vuole ovviare a quelli che vengono percepiti come abusi della pratica sacramentale cattolica, soprattutto l’uso di formule “creative” non autorizzate nell’amministrare il battesimo. Sembra che in giro per il mondo, per anni alcuni sacerdoti, invece di dire “io ti battezzo” (formula che sottolinea il ruolo del sacerdote come “altera persona Christi”, un altro Cristo che media la grazia tramite il sacramento), abbiano detto “noi vi battezziamo” volendo far intendere che l’atto sacramentale veniva impartito come comunità. Errore per Roma! La Nota vuole contrastare “una deriva soggettivistica e una volontà manipolatrice” (n. 3) e ricorda che i sacramenti impartiti non secondo le formule previste sono nulli e devono essere amministrati ex novo. Al di là delle implicazioni pratiche (migliaia di battesimi e altri sacramenti da ripetere con gli inevitabili problemi connessi), ciò che colpisce è il puntiglioso richiamo all’ordine vaticano. 

Non è questa la sede questa per addentrarsi nella sinuosa giustificazione teologica sottesa al richiamo. In pochi paragrafi (nn. 6-27), la Nota fa immergere nelle acque profonde della relazione tra natura e grazia e della concezione della chiesa come prolungamento dell’incarnazione. Nella visione cattolica dei sacramenti si intrecciano l’interdipendenza tra natura e grazia e l’interconnessione tra Cristo e la chiesa: il “cuore” della teologia cattolica. 

Quello che interessa qui sottolineare è un paradosso che l’osservatore distratto potrebbe notare nel confronto tra la maglia larga (larghissima) di Fiducia supplicans e quella stretta (strettissima) Gestis verbisque. Il primo documento è inclusivo e pastorale; il secondo è rigido e dottrinario. Nel primo, il Vaticano non vuole escludere nessuno, nel secondo vuole sanzionare coloro che si sono macchiati di derive manipolatrici. Nel primo, le parole d’ordine sono accoglienza, abbraccio, fratellanza, benedizione senza condizioni; nel secondo lo stesso Dicastero fa le pulci a un pronome (“io” invece di “noi”) in punta di fioretto teologico. Nel primo vengono riconosciute in un certo senso anche le relazioni irregolari e omosessuali mostrando apertura ed elasticità; nel secondo vengono sconosciuti atti sacramentali che non hanno seguito per filo e per segno le regole manifestando volontà di repressione. Nel primo si chiudono non uno ma due occhi, nel secondo si esamina tutto al microscopio senza fare sconti.

Sia Fiducia supplicans sia Gestis verbisque sono figlie della chiesa cattolica, dello stesso dicastero, dello stesso papa. Com’è possibile?  Non c’è alcun paradosso, né schizofrenia. La chiesa è sia cattolica sia romana, cattolica e romana allo stesso tempo. Mentre Fiducia supplicans mette in atto la cattolicità della chiesa, Gestis verbisque dà voce alla romanità della medesima. La prima è al servizio dell’universalità, la seconda difende ed irrobustisce l’istituzione. Entrambe servono al sistema. Una lo elasticizza e lo espande, l’altra lo rinforza e lo protegge. Entrambe sono funzionali alla fioritura del progetto della cattolicità romana. Non sono da contrapporre, ma da considerare come due facce dello stesso mondo.

Gli osservatori “conservatori” sono sorpresi dalle aperture del cattolicesimo; quelli liberali sono stupiti dalle sue rigidità. Eppure, il sistema è così: cattolico e romano, un colpo al cerchio e una alla botte, carota e bastone. Se non si capisce questa dinamica interna, del cattolicesimo romano si avrà una percezione selettiva, affettata, parziale e riduttiva.