Cristianesimo e liberalismo (I). Dopo cento anni è ancora attuale?

 
 

Tra gli anniversari evangelici di quest’anno ricorre il centenario della pubblicazione di Cristianesimo e liberalismo (1923), pubblicato in italiano da Alfa&Omega nel 2014. L’autore, Gresham Machen (1881-1937), professore di Nuovo Testamento presso il prestigioso seminario di Princeton, decise di scrivere questo testo per sferrare una critica sistematica e sistemica al liberalismo teologico, il movimento modernista che stava prendendo sempre più piede nelle chiese e Università statunitensi (come lo stesso seminario di Princeton) ed europee, sia esse protestanti che cattoliche. Anziché leggere il mondo con gli occhi della Scrittura, l’illuminismo e la successiva rivoluzione industriale cominciarono a “far prudere le orecchie” ai teologi e ai pastori, i quali diedero adito ai movimenti progressisti e naturalisti, elevando l’uomo e la cultura al di sopra della Scrittura. Oramai i testi biblici non erano più reputati la griglia interpretativa attraverso la quale leggere la realtà, ma un insieme di nozioni da correggere e confutare a seconda delle scoperte scientifiche. 

Nato dal grembo di Schleirmacher, coccolato da Ritschl e accudito da Harnack, il liberalismo crebbe in rilevanza e cominciò a decentrare ulteriormente il cristianesimo dal suo epicentro sovrannaturale e storico, riducendolo a una sorta di filosofia umanista e sociale. La Scrittura veniva ormai vista come un ritaglio più o meno ben pensato di testi antichi pieni di errori, anziché un testo unitario e infallibile perché divinamente ispirato, e perciò sempre attuale e veritiero. Di conseguenza, Gesù Cristo non poteva che essere classificato come un altro maestro da imitare moralmente al quale era stato attribuito l’appellativo di “Dio” a posteriori, anziché essere riconosciuto aprioristicamente come eterna Parola di Dio incarnata per redimere i peccatori. Perciò la chiesa non poteva che essere vista come un incontro periodico di persone accomunate unicamente dal desiderio di cambiare immanentemente la condizione politica ed economica della società, anziché un corpo di persone convertite per mezzo dello Spirito Santo, desiderose di lodare il Signore, sottomesse a lui e incoraggiate a cambiare la società attraverso le loro vocazioni per la gloria di Dio e l’avanzamento del suo regno eterno. 

I liberali pensavano di essere gli esponenti del vero cristianesimo biblico, ma Machen non poteva far altro che contrapporre il cristianesimo storico a quello che invece egli riteneva “un diverso tipo di credo religioso, totalmente diverso da esso e profondamente distruttivo per la fede cristiana” (p. 27). Nonostante il vocabolario uguale, il significato delle parole utilizzate era totalmente diverso. L’impianto teologico dell’uno era basato sull’io peccatore e sulla cultura ondivaga circostante, mentre il fondamento dell’altro continuava ad essere il Dio uno e trino soprannaturalmente rivelato nella Scrittura. Le due realtà non combaciavano e c’era bisogno di controbattere a questa corrente distruttrice. Ecco perché Machen, insieme ad altri teologi (p. es. Warfield, Hodge, Vos, Kuyper, Bavinck, Orr), si prodigò in modo tale da sferrare un attacco sostanzioso e solido a questo pericolo parassitario.   

Ha però senso parlare ancora oggi di liberalismo? Anche se la parola sembra andata un po' in disuso e il movimento sembra aver ovviamente perso la sua verve perché fondato sulla sabbia, in realtà la sua matrice è chiaramente rinvenibile in ogni aspetto della società odierna. La verità è sempre più relativa e non incentrata su un testo divinamente rivelato contente una dottrina chiaramente definita, il cattolicesimo sminuisce la figura di Gesù Cristo perché più interessato a creare una propria via anziché predicare la vera via, vita e verità che porta al Padre, l’ecumenismo annulla la conformazione della chiesa facendo evaporare la distinzione tra coloro che sono stati realmente rigenerati dal Signore e coloro che continuano a persistere nel loro peccato. Per dirla in un altro modo, oggi le “parole” che il popolo di Dio deve controbattere sono sicuramente diverse, ma il loro “significato” antropocentrico e peccaminoso continua ad essere lo stesso degli inizi del ‘900. Ecco perché, a distanza di cento anni, l’opera di Machen non può essere che considerata più che mai rilevante e attuale. 

(continua)