Dio è populista?

Dio è populista?

Bel titolo, accattivante. Dio è populista? Il libro curato da Susan Kerr (2020), più che su Dio, è sulla cristianità europea (o meglio sull’uso politico della cristianità europea) a contatto e a confronto con le potenti tendenze populiste presenti nella società. Dieci saggi di altrettanti autori cercano di mappare l’intersezione tra il populismo politico e l’appropriazione del discorso religioso in senso generale ma anche con interessanti analisi sullo scenario in Germania, Svezia, Slovacchia, Spagna, Francia e Gran Bretagna.  

Identità cristiana in questione

Da Victor Orban a Matteo Salvini, da Marine Le Pen al movimento Vox in Spagna, è tutto un richiamare l’“identità cristiana” dell’Europa per giocarla come arma contro gli immigrati, le minoranze, l’islam, ecc. Il populismo è un modo per rispondere ad una paura diffusa mediante l’individuazione di un “nemico” a cui vengono attribuite le “minacce” per la sopravvivenza dell’Europa. Le minacce, reali o costruite, non sono solo economiche, ma identitarie. Il populismo dà voce a queste paure, le interpreta e le canalizza in una ripresa di un cristianesimo “culturale” che sarebbe in pericolo e che dovrebbe essere protetto politicamente. Il populismo fa leva su una narrazione del “noi” europei cristiani (qualunque cosa questo termine significhi) e il “loro”, gli altri, i diversi, che vogliono sovvertire il nostro mondo.

Dio non è populista e la proposta cristiana si deve liberare dalle sovrastrutture politiche e di potere per essere rilanciata come messaggio evangelico liberante.

Attenzione alla nostalgia

In uno dei saggi, Christel Lamère Ngambi, sino a poco tempo fa rappresentante socio-politico dell’Alleanza Evangelica Europea a Bruxelles, spiega il motivo per cui i cristiani debbano ascoltare “criticamente” ciò che i populisti dicono a proposito della fede (pp. 87-91). Essi rivelano una certa saudade per la cristianità istituzionale, gerarchica, nazionale, stabilizzatrice del passato. Ngambi giustamente si chiede se la nostalgia del cristianesimo costantiniano sia il meglio che il cristianesimo possa dare all’Europa o se la proposta cristiana non si debba invece “liberare” dalle sovrastrutture politiche e di potere per essere rilanciata come messaggio evangelico liberante. Inoltre, il richiamo all’“identità europea” rischia di confondere i “valori” morali gestiti dalle istituzioni cristiane con l’evangelo di Gesù Cristo. Sono due cose diverse. Infine, Ngambi sostiene che con l’atteggiamento antagonista e denigratorio, i populismi “cristiani” introducono un linguaggio d’odio che non si confà alla responsabilità civile dei cristiani di abitare con rispetto la piazza pubblica.