Dire Nicea vuol dire ecumenismo? No e sì

 
 

Si contano ormai a centinaia i convegni, le commemorazioni, le conferenze in tutto il mondo su Nicea in occasione del 1700 anniversario della celebrazione del Concilio che si tenne nella città oggi in Turchia a 80 km a sud-est di Istanbul. Su Loci Communes abbiamo relazionato e commentato eventi teologici su Nicea qui e qui.


Avvicinandosi la fine dell’anno, ulteriori iniziative sono degne di essere menzionate. Il loro profilo istituzionale e significato simbolico hanno forse raggiunto il massimo livello. Ad esempio il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) insieme alla commissione Fede e Costituzione (a cui partecipa anche la Chiesa romana) ha appena concluso un convegno internazionale ad Alessandria d’Egitto commemorando il Concilio di Nicea e volendo promuovere l’unità visibile di tutti i cristiani.

Lo stesso Papa Leone XIV sarà a Nicea il 28 novembre per un incontro ecumenico di preghiera col Patriarca di Costantinopoli e altri dignitari ecclesiastici. Il messaggio di questi eventi è chiaro: guardando a Nicea non si fa un’operazione storica o dottrinale soltanto. Il valore principale è ecumenico: Nicea è usata per spingere l’acceleratore dell’unità di tutti i cristiani: cattolici, ortodossi, protestanti, tradizionalisti, progressisti, liberali e conservatori. Tutti uniti. 


Domanda: quello pan-ecumenico è l’unico modo di intendere il valore teologico di Nicea per l’unità cristiana? Non proprio.


In quasi contemporanea agli eventi di profilo ecumenico mondiale, dal 22 al 25 ottobre si è tenuta a Istanbul una conferenza internazionale evangelica: “Nicea 2025”. Circa cinquecento partecipanti da 40 nazioni hanno animato la quattro giorni di convegno a cui hanno contribuito nomi noti dell’evangelismo nord-americano (Al Mohler, Ligon Duncan, Kevin DeYoung), britannico (Michael Reeves), brasiliano (Augustus Nicodemus), australiano (Mark Thompson) più altri giovani teologi egiziani, keniani, indiani, ecc. 


Diversi elementi della conferenza sono degni di nota: 1. Un giorno è stato dedicato alla vista della cittadina di Nicea (a due ore di auto da Istanbul). Rimangono le rovine delle mura romane, la base perimetrale della chiesa dove si svolsero i lavori del Concilio e i resti di una chiesa del VI secolo poi convertita in moschea. 2. La partecipazione di almeno 50 credenti evangelici turchi, molto significativa per questo Paese. 3.

L’interesse evangelico per l’anniversario di Nicea. Mentre, come si è già detto, quest’anno ha visto centinaia di iniziative del mondo cattolico ed ecumenico, non vi sono state molte iniziative evangeliche. Questa è stata una felice eccezione. In proposito, Al Mohler ha commentato: “Vent’anni fa sarebbe stato impossibile prevedere che una conferenza evangelica su un evento di 1700 anni fa avrebbe suscitato tanto interesse. Vuol dire che l’identità storica della fede evangelica è ora più valorizzata ed apprezzata”. 


Il programma ha visto sessioni dedicate a ciascun articolo del credo di Nicea (meglio: quello niceno-costantinopolitano del 381). Tutte hanno avuto un taglio biblico-teologico, volendo mostrare il fondamento biblico di ciascun articolo nel contesto storico del IV secolo.

E’ stato più volte sottolineato che l’intenzione dei redattori del credo di Nicea (Atanasio su tutti) era di essere fedeli alla Scrittura e di rappresentarne fedelmente l’insegnamento. La discussione a Nicea può essere pensata come un “laboratorio esegetico” in cui è stato riconosciuto il senso del messaggio della Bibbia sull’identità di Gesù Cristo in quanto veramente uomo e veramente Dio.


Purtroppo, nella tradizione occidentale l’impegno verso l’autorità suprema della Scrittura è stato sostituito con l’elevazione dell’ufficio papale a decisore finale anche sulla Bibbia. In Oriente, è stato il cumulo dei credi a diventare un criterio autoreferenziale sganciato dalla Scrittura.

La Riforma protestante del 16° secolo può essere allora pensata come la riaffermazione del credo niceno che ribadisce la sottomissione all’autorità della Parola di Dio scritta, come nelle intenzioni dei suoi redattori iniziali.


Anche per queste ragioni, il credo di Nicea, di per sé, non può essere la base dell’unità perché le parole hanno significati diversi nel cattolicesimo, nell’ortodossia orientale e nel protestantesimo evangelico. Non bisogna cedere ad un uso sentimentale e superficiale di Nicea per promuovere un’unità di facciata che non fa i conti con le questioni di fondo ancora sul tappeto. 


A tutti i partecipanti alla conferenza evangelica è stato donato il libro The Nicene Creed. The Nature of Christian Unity and the Meaning of Gospel Words (2025), a cura di Leonardo De Chirico e Mark Gilbert e a cui hanno contribuito anche Clay Kannard e Reid Karr.

Tra i tanti libri usciti sul tema, si tratta di un libro unico nel suo genere perché interroga l’uso superficiale di Nicea e mostra come l’unità cristiana è un dono di Dio per i credenti nati di nuovo che, in ascolto e ubbidienza alla Parola di Dio, professano e vivono la fede una volta e per sempre tramandata ai santi.