Fede e cibo (II): una teologia biblica del pane e del vino

 
 

Pane e vino, cibi così comuni sulle tavole italiane e ancora più frequenti nelle pagine della Bibbia. Una buona teologia biblica, quindi, non può prescindere da questi elementi così centrali nella storia della salvezza. Ne hanno parlato Nazareno Ulfo (Chiesa Evangelica Sola Grazia, Caltanissetta) e Cédric Placentino (Truth and Transformation, Finlandia) alla XXXV edizione delle Giornate teologiche.  Coscienti della grandezza dell’argomento, meritevole di ulteriori approfondimenti e contestualizzazioni, i due oratori hanno cercato di offrire un assaggio delineando i loro aspetti chiave, iscrivendoli nel motivo creazione-caduta-redenzione-consumazione e notando, a seconda del contesto, il loro significato reale, metaforico, rituale e spirituale. 

Ulfo ha voluto sottolineare il carattere donativo del pane, da interpretare in senso lato come cibo, pasto e nutrimento. Alla creazione, Dio ha chiamato l’uomo a lavorare la terra per trarne il suo nutrimento. Donandogli intelligenza e tecnica, gli ha permesso di beneficiare del pane, cibo primario e sostegno della vita. L’entrata del peccato nel mondo ha portato l’uomo a “mangiare il pane con il sudore del suo volto” (Gen 3,19). Nella sua misericordia, il Signore non ha cessato di far crescere il grano e di donare nutrimento, ma al contempo la corruzione dell’uomo l’ha portato a fare cattivo uso del bene di Dio. Guerre, speculazioni, sfruttamenti, abusi, sono solamente primi esempi di come il peccato abbia generato avidità e ingratitudine nel cuore dell’uomo portandolo a utilizzare il pane come arma ed elemento da utlizzare egoisticamente e avidamente.

Placentino ha individuato i temi biblici che si ricollegano al vino. Quest’ultimo è considerato, ad esempio, come bevanda che reca conforto e consolazione (Sl 104,14-15), come segno di prosperità e benedizione (Gen 49,9-11) e immagine del benessere familiare e sessuale (Sl 128,1-3; Cc 1,2). Tutti questi temi possono essere ricondotti alla shalom di Dio, quella pace che non comunica solamente assenza di conflitto, ma la presenza di qualcosa di positivo. Il vino e la vigna sono l’immagine della pace che caratterizza Il regno di Dio e la vita di coloro che ne sono cittadini. A causa del peccato, anche questo bene di Dio è stato abusato o demonizzato, portando a sfruttamenti, proibizionismi e legalismi. Anziché segno di pace e bevanda da consumare “sobriamente”, il vino è spesse volte l’idolo di una falsa pace corporea ed emotiva, che a lungo andare porta con sé risultati dannosi e schiavizzanti.

È nella persona del Signore Gesù Cristo che i significati reali, metaforici, rituali e spirituali del pane e del vino vengono convogliati e compiuti. Dio Figlio è il pane della vita disceso dal cielo e incarnatosi realmente nella persona di Gesù Cristo. Egli non solo benedisse la consumazione del pane (moltiplicazione) e del vino (nozze di Cana), ma questi due elementi furono utilizzati frequentemente come metafore e illustrazioni dei suoi insegnamenti. La notte prima di morire il Signore istruì i suoi discepoli sulla sua cena, segno del nuovo patto inaugurato con il suo sacrificio: il pane come ricordo del suo corpo immolato, il vino del suo sangue versato. Mentre attendiamo il banchetto finale, la pienezza della shalom di Dio con la seconda venuta di Cristo, possiamo godere per mezzo della redenzione, del pane e del vino sulle nostre tavole, tenendo sempre a mente che “non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).