Fede e cibo (III): perché il Levitico proibisce di mangiare alcuni animali?

 
 

Cammello, irace, lepre, porco, aquila, ossifraga, nibbio, corvo, struzzo, ecc.: benvenuti nella lista dei cibi proibiti da Levitico 11. Si tratta di animali che non devono essere mangiati e che creano un certo imbarazzo anche nei lettori (e consumatori) credenti. Perché secondo l’Antico Testamento non devono essere mangiati? Cosa ci vogliono dire questi divieti alimentari?

Se dalle Giornate teologiche 2023 (la 35ma edizione del convegno) è uscito un quadro molto ricco rispetto al rapporto tra fede e cibo è anche perché non si è sorvolato sul controverso tema delle proibizioni alimentari dell’Antico Testamento. Spesso, ad una prima lettura del testo biblico, esse risultano ostiche, di difficile comprensione o di nessuna utilità per il cristiano contemporaneo.

Filippo Barbè, incaricato di corsi sulla Sacra Scrittura presso l’Ifed di Padova nel cui Corso di cultura teologica ha insegnato proprio il Levitico, ha tenuto una sessione sul capitolo 11 di Levitico che è risultata illuminante. Per orientarsi in questa lista dettagliata, ma non casuale, di animali vanno fatte alcune considerazioni.

La distinzione tra animali puri e impuri, le norme sul contagio al contatto con gli animali morti e le tecniche di purificazione rispetto a tale contagio hanno ricevuto diversi tipi di interpretazioni nel corso del tempo. Esse vanno dalla tesi arbitraria secondo la quale solo Dio ne conoscerebbe il significato e l’uomo è tenuto alla cieca obbedienza, passando per quella igienico-sanitaria e arrivando a conclusioni di tipo più allegoriche. Ognuna di queste chiavi di lettura lascia molti interrogativi aperti e, alla fine, si rivela insoddisfacente.

Barbè, invece, ha esposto il significato rituale della proibizione. Il divieto va inteso all’interno di un orizzonte simbolico che, a sua volta, è figura ed ombra di significati spirituali (Ebrei 10,1). Il rito è un simbolo che rappresenta la realtà. La realtà simboleggiata dalle leggi levitiche riguardo agli animali puri ed impuri è quella dell’esistenza della maledizione e contemporaneamente della possibilità di una speranza. 

Il ricordo della maledizione per il popolo di Israele è infatti elemento centrale di questa sezione della legge. Ad essere ritenuti abominevoli sono infatti gli animali che strisciano in primis e, più in genarale, gli animali che con il loro moto non si distaccano dal suolo.

Alla luce di Genesi 3, queste proibizioni sottolineano la maledizione del serpente e la sua condanna a strisciare, oltreché del suolo reso difficile da lavorare. Con le proibizioni di Levitico 11, quindi, il Signore fornisce un promemoria al suo popolo per tenere a mente la condizione di peccato in cui si trova a causa della sua caduta. Ogni animale morto è impuro e ogni contatto con la morte rende impuri. La catena del contagio dell’impurità sembra inesorabile proprio a simboleggiare la pervasività del peccato e l’impossibilità a sfuggirvi.

Due elementi, però, restano puri a sottolineare la possibilità di una speranza: l’acqua di fonte e il seme che deve ancora essere seminato. I due elementi simboleggiano la vita in potenza e la possibilità della purificazione che il popolo d’Israele non possiede in sé stesso poiché è suscettibile di contagio. Tutto ciò è “ombra” di quello che Gesù avrebbe compiuto.

Infatti, a mettere fine e a compiere questa legge è stato Gesù Cristo. Lui, toccato dalla donna dal flusso di sangue (Mc 5,25-33) non solo non viene reso impuro, ma con la sua potenza, purifica la donna guarendola. Lui dichiara ogni cibo puro (Mc 7,19). La chiesa avrebbe seguito le indicazioni del Signore mangiando tutto e leggendo la lista di animali impuri come promemoria dell’estensione del peccato e dell’opera di Cristo che lo vince. Gesù è la fonte di acqua viva che rende non più necessarie le prescrizioni di Levitico perché lui stesso è la fonte della purificazione completa e totale.