I silenzi del discorso di Draghi

 
 

In un discorso di un’ora non si può dire tutto. Tuttavia si apre una finestra sul proprio mondo di riferimento, su ciò che sta veramente a cuore. Ieri al Senato Mario Draghi ha presentato il suo governo con un discorso programmatico per ottenere la fiducia. A dispetto della sua fama di tecnocrate, Draghi ha parlato in modo semplice e comprensibile anche ai non addetti ai lavori della politica o dell’economia. E’ apprezzabile il fatto che non si sia rivolto solo ai politici di professione, ma agli italiani tutti.

Cosa c’è nel mondo di Draghi? Sicuramente c’è un’attenzione all’osservazione della realtà e ai dati numerici. Ha parlato di pandemia (con numeri di morti, ricoverati, in terapia intensiva), ha parlato di economia (con accenni ai numeri della crisi e del Recovery Plan), ha parlato di scuola (con riferimenti puntuali agli istituti tecnici soprattutto), ha parlato di povertà facendo riferimento ai dati della Caritas sulle indigenze. Non era una relazione tecnica, ma un discorso comunque agganciato alla realtà. In genere la politica italiana tende ad essere fumosa e astratta mentre Draghi ha mostrato una certa attenzione per i fatti (comunque interpretati).  

Nei suoi riferimenti ideali, ha citato Cavour e papa Francesco, il Risorgimento e il suo contrario. Lo “spirito repubblicano” a cui ha detto di richiamarsi è un impasto molto italiano in cui l’autonomia della politica si mescola alla sudditanza culturale alla chiesa cattolica. In un modo o nell’altro, il cattolicesimo in Italia viene sempre fuori, anche nelle aule del Parlamento, anche nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio di uno stato laico.

Draghi ha tratteggiato per sommi capi il suo mondo ideale di riferimento. Oltre a quello che ha detto, colpiscono anche i suoi silenzi. Quello che non ha detto è ugualmente loquace rispetto al suo orizzonte culturale. Tra tutte le parole usate in un’ora di discorso, non ha mai parlato di pluralismo né di libertà religiosa. Qualcuno potrebbe dire che l’emergenza attuale non consente di dire tutto. Vero. Tuttavia, senza un’iniezione di pluralismo religioso e culturale – che si traduce in un avanzamento dell’assetto della libertà religiosa, del pluralismo dell’informazione e nel superamento dei monopoli religiosi nella vita istituzionale – non si creano le condizioni per uscire dalla crisi. Draghi vuole la ripresa sociale ed economica lasciando intatto l’assetto culturale del Paese. Ha parlato di “responsabilità”, ma senza mettere mano ad una riforma culturale che passa dalla crescita del pluralismo culturale e religioso, come si fa a nutrire la responsabilità? 

Non ha parlato di famiglia e di gelo demografico. Mentre ha dedicato parte del suo discorso alla fuoriuscita dalla pandemia, mentre ha parlato delle responsabilità delle generazioni attuali verso le successive, mentre ha ricordato le sofferenze dei giovani, si è scordato di parlare del motore sociale che movimenta tutti questi passaggi: la famiglia. E’ la famiglia la società basilare che tiene insieme la società allargata. Non c’è fioritura della seconda senza il sostegno della prima. Il governo Draghi ha un “ministero per la famiglia”, ma a ben vedere si tratta di un “ministero per le pari opportunità e per la famiglia”. Questa strana accoppiata rivela che la famiglia è un “after-thought” dopo aver pagato il tributo al politicamente corretto delle pari opportunità. In ogni caso, la famiglia risulta culturalmente periferica.

Quando ha parlato di Europa, ha ribadito la collocazione dell’Italia nel quadro europeo ed atlantico. Sulle prospettive dell’Europa, ha fatto un cenno alla cessione di sovranità nazionale per acquisire “sovranità condivisa”. Si tratta di un discorso di cessione di “potere” all’interno di una negoziazione tra Stati. Mancava la visione federalista che colloca questi passaggi dentro un quadro istituzionale basato su un “patto” tra comunità locali, regionali, statali ed europee. Draghi ha parlato di Europa, ma dentro un orizzonte concettuale astruso ed economicistico d’Europa, privo di prospettive federaliste.

Con i suoi detti e non detti, il suo è stato il primo discorso del nuovo governo. Buon lavoro, Presidente Draghi.