Ieri il soprannaturale, oggi il naturale. I fronti dell’apologetica ieri e oggi

 
 

Quando si tratta di difendere le proprie opinioni, in molti contesti ho notato che spesso si viene tacciati di "fondamentalismo". Questo termine evoca atteggiamenti intolleranti e di fanatismo religioso. E' utile chiedersi se i temi per cui oggi si viene visti come fondamentalisti siano gli stessi della "controversia fondamentalisti vs. Modernisti" all'inizio del XX secolo.

Mentre i primi "fondamentalisti" risposero agli attacchi mossi da coloro che, influenzati dal razionalismo illuminista, sostenevano che tutti gli eventi "soprannaturali" presenti nella Bibbia (la nascita verginale, la resurrezione fisica di Cristo, ecc.) sono una offesa alla ragione umana. Oggi i campi di battaglia più presenti che la fede cristiana è chiamata a difendere sono le questioni "naturali", in particolare quelle relative al sesso e al genere. Questi sono i dogmi sociali con i quali fare i conti. Il confronto apologetico non è tanto su questioni teologiche tout court ma in gran parte su temi morali che, ovviamente, sono strettamente connessi ad una visione teologica.

I credenti non sono considerati strani perché credono nei miracoli, ma bigotti perché affermano che uomini e donne sono fondamentalmente distinti, che il sesso attivo è riservato al matrimonio, che il matrimonio è un'unione per tutta la vita tra un uomo e una donna ed è ordinato naturalmente (senza costrizioni e automatismi) alla procreazione, e che il genere di una persona corrisponde al sesso dato da Dio ed è immutabile.

I "progressisti" attaccano i codici morali dell'Occidente plasmato dal cristianesimo, ma lo fanno utilizzando categorie cristiane. Questo evoca in parte la critica di Friedrich Nietzsche al cristianesimo. Con il suo concetto di "superuomo" (Übermensch), Nietzsche si riferiva a un "individuo che supera i valori morali tradizionali e il nichilismo, creando nuovi valori e affermando la vita nella sua totalità, compresi gli aspetti più tragici. Non è un essere biologicamente superiore, ma un tipo di uomo che, attraverso una profonda trasformazione interiore, si emancipa dalla morale corrente e crea il proprio significato".1 Per fare questo bisognava arrivare alla "morte di Dio", quindi, abbandonare la morale cristiana.

Per i progressisti di oggi la morale cristiana impedirebbe la piena realizzazione umana, perché non è sufficientemente attenta a coloro che sono considerati deboli. Le norme tradizionali riguardanti sesso, genere e matrimonio sono viste come un privilegio per i potenti a scapito di coloro che sono considerati "emarginati" che, a quanto pare, sono impediti dal vivere pienamente se stessi.

In altre parole, vogliono riscrivere le norme morali affinché la società in generale e la chiesa renda plausibile il loro stile di vita, avendo anche Dio dalla loro parte. Ci troviamo davanti alla strana e incoerente combinazione di relativismo e intollerante assolutismo morale. "Chi sei tu per giudicare?". Carl Trueman lo ha definito "individualismo espressivo".

Rispetto a Nietzsche dov'è la differenza? In realtà non vogliono sbarazzarsi del bene e del male. Vogliono ridefinirlo, per cui la morale cristiana tradizionale è il loro nemico. Per i credenti questa è una sfida molto subdola e pericolosa. Lo storico inglese Tom Holland, nel suo Dominion: How the Christian Revolution Remade the World, ha spiegato come, nell'Occidente di stampo cristiano, anche le critiche al cristianesimo provengano inevitabilmente da categorie cristiane. La preoccupazione per i deboli e per le minoranze è una di queste. Il pericolo sta nell'isolare questi principi e usarli come armi contro i credenti. Slegato dalla completa visione cristiana, un principio isolato diventa mostruoso. I termini usati sono quelli biblici, ma lo scopo è di utilizzarli per avere un consenso contrario alla Bibbia.

Mentre la proposta di Nietzsche non era e non è vivibile perchè il "superuomo" rimane solo e si carica di un peso insopportabile, i "progressisti" di oggi tentano di riscrivere il codice del bene e del male, ma allo stesso tempo vogliono vivere con il consenso sociale e religioso.

Questi emancipati sentono nel profondo di aver bisogno della religione o di un "spiritualità" personalizzata, di essere approvati dalle istituzioni religiose, vedi la unioni con tutti i crismi della benedizione ecclesiastica. Non c'è da meravigliarsi se il bersaglio principale è la fede cristiana, i cui insegnamenti morali rappresentano l'ultima difesa dell'ordine voluto da Dio.

Come nell'antico mondo pagano, i "progressisti" di oggi "non riescono a fare la distinzione fra il naturale e il soprannaturale.. a distinguere fra la realtà oggettiva da quella soggettiva, distinzioni che si vanno sempre più perdendo nel mondo di oggi".2

È esattamente quello che denunciò il profeta Isaia: "Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro! Guai a quelli che si ritengono saggi e si credono intelligenti!... perché hanno rifiutato la legge del Signore degli eserciti, e hanno disprezzato la parola del Santo d'Israele" (Is 5,20-24).


1 Friedrich Nietzsche, in Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Milano, Garzanti 1981, p. 645.

2 David F. Wells, No Place for Truth. Or Whatever Happened to Evangelical Theology?, Grand Rapids, Eerdmans 1993, p. 266.