Milano trema, qual è il problema?
Forse non è una nuova “Mani pulite” di trenta anni fa, ma Milano è di nuovo scossa da un terremoto istituzionale. La Procura di Milano sta infatti conducendo una maxinchiesta su presunti illeciti urbanistici che coinvolgerebbe imprenditori, classe dirigente, politici, operatori del settore immobiliare ed esponenti di spicco della città.
L’indagine ipotizza la presenza di un “sistema occulto” che avrebbe favorito l’approvazione di grandi progetti edilizi tramite varianti urbanistiche e procedure amministrative modellate sulle esigenze dei privati, talvolta aggirando o forzando le regole per l’interesse pubblico e portando a “un’incontrollata espansione edilizia”.
Chissà a dove porteranno le indagini? C’è chi ritiene che non ci siano profili penali, ma semmai illeciti amministrativi (meno gravi). Il grosso sarebbe legato a comportamenti di reti di persone, magari moralmente discutibili, ma senza reati punibili dalla legge.
Senza voler cedere ad accuse qualunquistiche premature, qualche riflessione è pur possibile fare.
Milano in questi anni si è resa protagonista di una narrazione che l’ha dipinta come città dello sviluppo economico, la città più europea d’Italia, la città che guarda al futuro e in continua espansione. La città si è raccontata come una locomotiva che avanzava senza sosta, lasciandosi dietro il vecchiume delle “cose all’italiana”.
Ora, l’inchiesta è un colpo inferto a questo racconto. Essa ha causato il rallentamento o il congelamento di circa 150 progetti, per un valore stimato di 12 miliardi di euro in investimenti potenzialmente a rischio ed è causa di incertezza politica ed amministrativa. Insomma, si tratta di una paralisi non prevista per una città che nelle parole del sindaco “corre a ritmi troppo veloci”.
La maxinchiesta, al di là delle conseguenze giudiziarie che avrà o meno, sembra aver frenato un treno in corsa. Ha rivelato che l’idolo dello sviluppo economico e veloce ha trascinato Milano in una trappola svelando che, per quanto rivolta al futuro, il suo modello di sviluppo è rimasto sostanzialmente imbrigliato nelle pastoie im-morali dell’etica pubblica italiana.
Guardare a quello che accade a Milano è un’occasione per riflettere sul fatto che anche quando il cambiamento è trascinato da un grande flusso economico, slancio imprenditoriale e visione per il futuro, se non è radicato in una riforma dei suoi valori, si inceppa e inciampa. Prima o poi. Il mito della crescita illimitata, dell'efficienza, del merito e della competenza si schiantano se guidati da una visione del mondo egolatrica, che si concentra sul qui ed ora dei guadagni e delle convenienze personalistiche.
Ogni città è intrisa dei suoi idoli che ne plasmano l’ethos e forgiano la cultura[1]. Esiste una mappatura degli idoli di Milano? Hanno le chiese evangeliche milanesi elaborato una lettura spirituale della città in grado di rilevarne i presidi idolatrici e, quindi, di offrire l’alternativa dell’evangelo?
Prima che partecipare al coro disfattista o incrementare le denunce qualunquiste, la voce evangelica deve impegnarsi a fare una “esegesi” spirituale di Milano dentro cui collocare quanto sta accadendo. Da un lato, essa non si discosterà dalla configurazione idolatrica di altre città; dall’altro, ci saranno tratti specifici alla realtà milanese. Quali?
Milano, come ogni altra città del mondo, non deve i suoi inciampi all’andare troppo veloce, ma al fatto che, in fondo, la cultura, le ambizioni e le aspirazioni di chi ne muove le fila e la abita non sono guidati da una “buona notizia” capace di trasformarne i meccanismi. Qui sta la sfida dell’evangelo che deve animare la testimonianza evangelica.
[1] Qui una disamina degli idoli di Roma in una serie di articoli
Idoli e alternative (I): Pax romana? Meglio la shalom biblica
Idoli e alternative (II): Religione del Sì e del No? Meglio la fede nell'Amen
Idoli e alternative (III): Palazzo? Meglio il servizio
Idoli e alternative (IV): Dolce vita? Meglio l’oasi della gioia