Lidia Poët, il ritratto forzato della serie Netflix

 
 

A Lidia Poët, prima donna, valdese, ad entrare nell’Ordine degli Avvocati è stata dedicata una serie Netflix che sta riscuotendo tantissimo successo posizionandosi al secondo posto delle serie italiane più viste al momento. Una grande notizia, se non fosse per il risultato deludente che la serie restituisce almeno per chi, da protestante, si aspetta di trovarci un accenno, almeno nei dettagli biografici, all’essere stata parte di una minoranza religiosa della protagonista.

I commenti entusiasti mi avevano fatto ben sperare e la biografia della protagonista aveva tutti gli elementi per fornire una storia accattivante. Nel marasma ideologico che ormai accompagna ogni storia di donna “emancipata”, non solo si sono trascurati passaggi importanti della vita dell’avvocatessa, ma, in sintesi, è stato usato il suo nome e alcuni passaggi della sua storia per portare sullo schermo una militante femminista dei giorni nostri calata in una irrealistica Torino di fine ‘800. 

Nell’entusiasmo generale, qualche critico più attento si è accorto che tralasciare le origini religiose della Poët non ne fa un prodotto più fruibile, ma monco. Ad esempio, l’Italia post-unitaria aveva una percentuale di analfabetismo che sfiorava il 70 % ed il dato non riguardava solo le donne. La Poët invece nacque nella frazione Traverse di Perrero, fra i monti della Val Germanasca nel 1855, da secoli abitata dalla minoranza protestante valdese. La situazione lì era diversa e Lidia poté studiare ed amare i libri anche perché i valdesi avevano da sempre posto molta attenzione nei confronti dell’istruzione. La lettura che era considerata fondamentale per l’accesso individuale ai testi biblici. 

Tra quelle valli il grado di alfabetizzazione era uguale a quello dell’analfabetismo del resto del paese e non si può ritenere questo aspetto trascurabile nella vita di una giovane donna che decise di intraprendere una carriera fino ad allora preclusa alle donne. Così come è difficile immaginare che l’imprinting religioso non abbia influenzato le successive sue scelte e la sua capacità di vivere la situazione di minoranza e diversità di donna nei tribunali, così come la sua famiglia aveva fatto per generazioni da valdesi in un’Italia esclusivamente cattolica. 

Non che ci si aspettasse una serie sul valdismo o il racconto di una fede che non sappiamo neanche se la Poët avesse effettivamente abbracciato personalmente, ma è triste constatare ancora una volta che l’industria culturale intrisa di ideologia neo-marxista traverstita da politicamente corretto che si appropria di una storia per stravolgerla e renderla baluardo delle proprie istanze. 

Vero è che la Poët, laureandosi in giurisprudenza nel 1881, scelse di scrivere una tesi sulla condizione della donna nella società, in particolare sulle problematiche legate al diritto di voto alle donne. Vero è che caparbiamente decise di richiedere l'iscrizione all'Albo degli avvocati e procuratori e, che quando le venne revocata perché donna, si batté in tutti i modi per riottenerla. Eppure, sembra difficile che rispondesse al ritratto che la serie ne ha fatto:

una femminista intersezionale dell’ultim’ora che esprimeva le sue idee non solo in modo deciso ma senza preoccuparsi di essere volgare, che viveva la sua sessualità in modo libertario e completamente disinvolto, al cui cospetto ogni maschio sembrava ridicolo o bigotto e la cui intelligenza le permetteva di sovvertire ogni convenzione sociale. 

Inserire questa figura che investiga per risolvere casi nello sfondo di una Torino in cui le operaie anarchiche hanno relazioni omosessuali clandestine con le mogli dei padroni (e altre storie simili), forse non è neanche inverosimile, ma risulta forzato per veicolare messaggi tutti contemporanei e che poco o nulla avevano a che fare anche con i più avanzati femminismi di fine Ottocento.

Aspetteremo la prossima occasione per vedere se il contributo, seppur piccolo, della cultura protestante italiana verrà valorizzato in un contenuto mainstream senza essere utilizzato per promuovere l’ideologia oggi di moda.