La chiesa ha bisogno di infrastrutture (e non sono i locali)

 
 

Forse uno dei problemi diffusi e trasversali delle chiese evangeliche italiane è la mancanza o l’insufficienza di infrastrutture. Non mi riferisco tanto e solo ad infrastrutture patrimoniali: locali, edifici, luoghi, spazi fisici in cui organizzare la vita comunitaria. Certamente, la possibilità di fruire di locali permanenti è una infrastruttura importante, ma in fondo meno decisiva di quanto sembri. L’uso continuo degli stessi locali aiuta molto a dare una certa stabilità alle attività. Eppure, se i locali non sono abitati e sostenuti da infrastrutture immateriali, il patrimonio rimane uno spazio molto spesso sottoutilizzato: quanti locali evangelici sono aperti solo due ore la domenica e forse un’altra oretta durante la settimana? Quanti edifici religiosi sono centrali, visibili, spaziosi, ecc., eppure sostanzialmente vuoti o poco frequentati? Si pensi alle chiese cattoliche: lì c’è l’infrastruttura patrimoniale ma non quella immateriale che fa muovere le cose. C’è l’hardware, ma non il software.

L’infrastruttura di cui sto parlando è un processo che funziona in modo organico in vista di un obbiettivo. Molto spesso la vita delle chiese evangeliche è governata da iniziative occasionali, episodiche, individuali(stiche) e dipendenti da circostanze straordinarie. La condizione di minoranza, le dimensioni piccole delle comunità e una certa reticenza a pensare alla vita della chiesa in termini organizzativi compiuti e con una visuale di lungo termine rendono difficile la creazione e il mantenimento di processi che fanno muovere in avanti la vita della chiesa. Molte cose sono affidate ad iniziative estemporanee o collegate a “tradizioni” che non trainano più. Questo limite, se non corretto, può portare a danni strutturali nel tempo.

Una infrastruttura può essere paragonata ad un sistema operativo che funziona in modo continuativo, ordinario e con la prevalenza di risorse generate all’interno anche se beneficia della rete evangelica allargata. Insomma si tratta di pratiche collegate che provano a creare un sistema con cui e dentro cui si va avanti in modo progettuale.

Ad esempio: esiste nella chiesa una infrastruttura per l’evangelizzazione? Cioè esiste un processo che coinvolge costantemente la chiesa in tutti i suoi membri ad essere intenzionalmente coinvolti in attività di testimonianza personale nei più svariati posti in cui si trovano (lavoro, scuola, società)? Si elaborano progetti di testimonianza regolari? Si hanno percorsi di formazione per dialoghi personali, corsi per piccoli gruppi, accoglienza di visitatori, proseguimento con contatti avuti? Esiste un sito o un QR code a cui rimandare amici e conoscente per trovare informazioni sulla fede? Si selezionano risorse utili per le varie circostanze (materiale a stampa, cartoline, siti, ecc.)? Si pensa ai culti e alle riunioni (anche) come occasioni di evangelizzazione? Ci sono gruppi di lavoro che si occupano di vari aspetti legati all’evangelizzazione e che si interfacciano tra loro? C’è una periodica rivisitazione di tutti questi processi per assicurarne la fruibilità? Si prega in modo intenzionale per l’evangelizzazione mostrando l’importanza attribuita a questa responsabilità cristiana?

Insomma, l’infrastruttura non è l’evangelizzazione che si fa in estate o tramite un gruppo specializzato o in occasione di un grande evento in città. Tutte queste cose possono essere utili, ma dipendono da circostanze eccezionali o riguardano solo alcuni: sono eventi, non ancora infrastruttura. L’infrastruttura è un processo continuo che funziona ordinariamente, coinvolge tutti e con risorse locali.

N.B. Queste riflessioni nascono nel contesto della vita di chiese evangeliche locali (Breccia di Roma, Breccia di Roma San Paolo, Breccia di Roma Prati). Un’analisi dei punti forti e deboli della vita delle chiese ha fatto emergere che, grazie a Dio, le chiese si sono dotate di un’infrastruttura per la formazione/cultura, una per la fondazione di chiese e una per le diaconie (anche se meno sviluppata). Una criticità è stata individuata nella debolezza (se non assenza) di un’infrastruttura organica, continuativa e funzionante per l’evangelizzazione. Per questo, è stato avviato un processo per lo sviluppo di una simile infrastruttura che risponda alla chiamata regale, sacerdotale e profetica della vocazione cristiana.