“La diversità delle religioni è la volontà di Dio”. Una finestra sulla teologia delle religioni di Papa Francesco
Molti cattolici romani hanno alzato il sopracciglio dopo aver letto: “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani”. A dirlo è stato Papa Francesco nella Dichiarazione di Abu Dhabi del 2019 sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, co-firmata con Ahmad Al-Tayyeb, l’Imam di Al-Azhar.
Che Dio abbia voluto (e quindi creato) la diversità di colore, sesso e etnia è indiscutibile: sono tutti tratti positivi della creazione di Dio. Si potrebbe obiettare che, per quanto riguarda le lingue, si dovrebbe prendere in considerazione il racconto della torre di Babele (Genesi 9) per rendersi conto che la molteplicità delle lingue è anche il risultato del peccato.
Ma che dire della diversità delle religioni? È davvero volontà di Dio che gli uomini e le donne adorino dèi e divinità diversi dall'Unico e Vero Dio, cioè il Dio Trino della Bibbia? La risposta biblica diretta è No. Punto. Tuttavia, Papa Francesco ha detto sì.
Come è possibile? La Chiesa cattolica romana accetta ora che tutte le religioni portano a Dio? Da dove viene questa nuova visione delle religioni? Sono tutte domande legittime. Secondo Alberto Caccaro nel libro L'uomo fa la differenza in Dio. La questione cristologica in Jacques Dupuis, Brescia, Queriniana 2024, per cogliere l'attuale dibattito teologico sulle religioni all'interno del cattolicesimo romano è necessario conoscere l'opera del teologo gesuita Jacques Dupuis (1923-2004).
Questo teologo belga, che ha trascorso parte della sua vita come missionario in India, è una voce importante che ha formato il quadro teologico del Papa. Papa Francesco, egli stesso gesuita, non lo ha citato né nella Dichiarazione di Abu Dhabi né nell'enciclica “Fratelli tutti” sulla fratellanza tra tutti i popoli, ma il pensiero di Dupuis fa parte della spina dorsale del suo approccio positivo e “fraterno” alle religioni.
Detto in soldoni, per Dupuis la Parola non incarnata “eccede” quella incarnata nella persona di Gesù Cristo: quindi, anche chi non professa la fede cristiana è raggiunto (anche in senso salvifico) dalla Parola. Questa è la cornice che ha permesso a Francesco di dire che le religioni sono volute da Dio.
Dupuis è solo l'ultimo sviluppo di un processo di lungo periodo all'interno del cattolicesimo romano che il Papa ha ripreso. Infatti, la teologia delle religioni ha subito una scossa durante il Concilio Vaticano II (1962-1965), quando si è sostenuto che il piano di salvezza include persone che non professano la fede in Gesù Cristo e che coloro che non conoscono il Vangelo possono ottenere la salvezza (Lumen Gentium, n. 16).
Poi Redemptoris Missio, l'enciclica del 1990 di Giovanni Paolo II, ha affermato che “non sono escluse forme partecipate di mediazione di vario genere e grado” (n. 5).
Molta acqua è passata sotto i ponti della teologia cattolica romana: dal “cristianesimo anonimo” di Karl Rahner alla “Fratelli tutti” di Papa Francesco. Certo, ci sono state spinte qua e là (ad esempio la dichiarazione critica Dominus Iesus del 2000 firmata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger), ma la direzione sembra essere chiara. La teologia delle religioni è un terreno fertile nel cattolicesimo romano post-Vaticano II.
Non è quindi un caso che Papa Francesco abbia potuto scrivere che “il pluralismo e la diversità delle religioni, del colore, del sesso, della razza e della lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale ha creato gli esseri umani”. In questo senso, lo spirito, se non la lettera, del lavoro di Dupuis era in gioco nella mente del Papa.
Si intravede uno schema: Dupuis ha aperto un nuovo terreno nel suo lavoro, la reazione immediata del Vaticano è stata piuttosto negativa, poi le sue principali preoccupazioni sono state accettate e integrate, e ora fanno parte dell'insegnamento principale della chiesa romana, almeno implicitamente.
Ecco come funziona la cattolicità romana: da un lato, le tradizionali posizioni esclusiviste e inclusiviste sono formalmente mantenute, ma dall'altro si sono sviluppate nel “pluralismo inclusivo” o “inclusivismo pluralistico” a cui Dupuis ha dato peso teologico nella sua opera.
Visto che non c'è alcun impegno verso o sottomissione all'autorità ultima della Bibbia, il sistema cattolico romano può flettersi in un senso o nell'altro allontanandosi dai confini del Vangelo.