La schiavitù è stata abolita. Sbagliato: esiste ancora

 
 

La schiavitù è stata abolita? Sulla carta sì. In realtà è ancora praticata. Basta aprire gli occhi sul mercimonio della prostituzione per rendersene conto. Ad affrontare il tema è un articolo di Federica Colucci, giudice della sezione GIP del Tribunale di Napoli, “La tratta delle nuove schiave”, sul magazine Informare n. 248 (dicembre 2023). Il triste fenomeno coinvolge donne provenienti da Paesi del continente africano e, in particolare, dalla Nigeria. Con la prospettiva di realizzare una vita migliore, tante di loro, inconsapevoli di quel che le aspetta realmente, si affidano a persone che si rivelano senza scrupoli. Approfittando del loro sogno e della ingenuità, questi trafficanti le avviano allo sfruttamento della prostituzione, rendendole schiave a tutti gli effetti.

Lo sfruttamento comporta interessi economici notevoli, i quali vengono realizzati illecitamente. Queste povere donne vengono costrette a tale attività con abusi fisici e psicologici; talvolta vengono utilizzate per la vendita di organi. Con riferimento a dati del Ministero degli Interni e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, Colucci riferisce che queste sventurate sono anche schiavizzate da paure e minacce derivanti da maledizioni preannunciate da sacerdoti religiosi loro connazionali cui sarebbero soggette loro ed i loro familiari.

Il riferimento riguarda i riti Juju. Queste sorti di maledizioni sono state in parte neutralizzati da Oba, re e capo religioso nigeriano che, nel 2018, per porre fine alla tratta delle sue connazionali, ha a sua volta maledetto gli sfruttatori della tratta sessuale, liberando le vittime dai loro giuramenti e servilismi. La cosa ha avuto impatto sulle “maman”, donne anche loro vittime ma gestori delle nuove schiave. Per arginare questo complesso fenomeno della tratta, l’Unità Europea con la direttiva 2011/36 ha ingiunto agli stati membri di adottare dei provvedimenti per risolvere il problema.

Lo Stato italiano ha dato seguito alla direttiva istituendo il Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per il periodo 2022-2025. Il piano si articola in 4 direzioni: prevenzione, persecuzione del crimine, protezione e cooperazione tra più istituzioni (pubbliche e private).

Nell’articolo Colucci sottolinea il quarto elemento che prevede attività di comunicazione e sensibilizzazione nelle scuole e nelle università affinchè i giovani acquisiscano maggiore consapevolezza sulla condizione delle vittime e su cosa significhi, in molti casi, acquisire una prestazione sessuale a pagamento.

Indubbiamente è da salutare con favore l’impegno delle istituzioni per tentare di fronteggiare le nuove tratte. In realtà è un fenomeno che solo in apparenza appare nuovo sia per la sua estensione che nelle modalità di attuazione. La riduzione in stato di schiavitù è un fenomeno antico. Se pensiamo alla prostituzione sacra praticata negli antichi templi pagani ed all’odierna mercificazione dei corpi come fenomeno sociale per fini economici, c’è da chiedersi se l’approccio prospettato sia sufficiente per la risoluzione del problema.

La soluzione può essere solo investendo su un cambiamento delle giovani generazioni o inasprendo le pene e progettando interventi a breve termine? Nessuno ha soluzioni “facili” e il fatto che la schiavitù nelle sue forme continui ad essere praticata ben oltre la sua abolizione è segno che si possono e devono cambiare i modelli culturali, ma che il male profondo da cui essa origina ha radici profonde.

Nella sua lunga storia, il cristianesimo ha per troppo tempo tollerato e poi giustificato la schiavitù. Anche il protestantesimo ha faticato a far emergere un approccio nuovo e diverso che ritenesse la schiavitù incompatibile con l’insegnamento biblico. Furono i Quacqueri (1671), i Moravi e i Metodisti inglesi a prendere posizione contro la schiavitù in senso generale. John Wesley scrisse trattati contro il peccato della schiavitù ed uomini della statura di William Wilberforce, Granville Sharp e Thomas Clarkson nella prima metà dell’Ottocento fecero tanto per sconfiggere la schiavitù, spingendo le autorità ad emanare provvedimenti che la dichiarassero illegale.

E’ giusto contrastare la nuova tratta delle schiave sul piano legislativo (con leggi stringenti e pene certe), sociale (favorendo la consapevolezza dello scacco alla dignità umana che la schiavitù comporta) e culturale (per fornire strumenti educativi maggiormente in grado di respingerla). Anche gli abolizionisti evangelici nel corso dei secoli hanno lavorato in questi settori. E’ giusto partecipare a iniziative evangeliche, presenti anche in Italia, a favore delle persone sfruttate come quelle aderenti allo European Freedom Network.

Detto questo, c’è un livello profondo su cui ogni intervento umano è limitato. La legge può limitare gli effetti del peccato, ma non lo può sradicare. La cultura può facilitare la prevenzione. Gli aiuti alle persone intrappolate sono essenziali ed urgenti. Eppure, la schiavitù viene ancora tragicamente praticata. Mentre è bene che l’impegno evangelico sia attivo nel contrasto alle nuove schiavitù, la Bibbia dice che solo il vangelo di Gesù Cristo può cambiare i cuori e liberarli da ogni schiavitù, compresa quella della tratta.