Laboratorio della predicazione 2025. Cronaca di un fine settimana benedetto
La quindicesima edizione del Laboratorio della predicazione (LdP) si è svolta dal 17 al 19 luglio 2025 presso l’IFED, accogliendo sia un buon numero di “prime volte” che un gruppo consolidato di partecipanti da diversi anni. Il programma infatti si è svolto diversificando momenti plenari con momenti in cui i nuovi partecipanti svolgevano dei corsi specifici di livello base.
Il LdP si è aperto con una sessione dedicata all’opera De doctrina christiana di Agostino d’Ippona (scritto tra il 395-342), nella quale abbiamo potuto apprezzare uno dei primi tentativi di produzione di testi teologici volti all’insegnamento dopo l’emanazione dell’Editto di Milano e il concilio di Nicea, configurando un passaggio dalla “lotta” interna-esterna alla necessità di crescita e sviluppo. Agostino infatti porta ad una emancipazione dell’omiletica classica attraverso le proprie competenze oratorie apprese da Cicerone (oratore famoso e di grande fama ma pagano) rielaborandole e sintetizzandole in tre grandi stili predicativi: lo stile “semplice” che mira all’intelletto per nutrire concettualmente l’uditorio, lo stile “moderato” che mira alla memoria e all’immaginazione dell’ascoltatore per impattane l’emotività, infine lo stile “sublime” che mira alla volontà dell’uditore per sollecitarlo all’applicazione.
Nel pomeriggio del primo giorno invece si sono svolti degli esercizi di gruppo, prendendo spunto dal nuovo libro Chiesa al centro di Tim Keller, volti ad individuare e sviluppare delle predicazioni basate sulla grazia di Dio e non sul moralismo. Dopo un confronto tra i vari gruppi, tutti hanno afferrato questa grande e preziosa verità: “Nel moralismo il soggetto è la persona, nella grazia il soggetto è Cristo”.
Dopo gli esercizi di gruppo, si è passati ad un approfondimento della predicazione sulla base della dichiarazione dell’apostolo Paolo in 2 Corinzi 2,17, con cui posiziona la propria predicazione “da parte di Dio, davanti a Dio e in Cristo”. Il relatore ha sottolineato come la predicazione autentica non possa prescindere dalla verità del messaggio biblico. “Senza verità non c’è trasformazione” è stato il monito che ha riecheggiato tra i partecipanti, a indicare come un annuncio evangelico compromesso, corrotto o reso inoffensivo dalla superficialità, perda ogni capacità di incidere sulla vita delle persone.
La predicazione, è stato ribadito, non deve mai diventare un esercizio sterile o un riempitivo liturgico. Essa è, al contrario, un atto carico di conseguenze: “deve generare reazioni, essere accolta o respinta, portare alla vita o alla morte spirituale”, è stato detto con fermezza. Una predicazione che non provoca alcuna risposta interiore – che non smuove, che non interroga – viene definita priva di senso, incapace di assolvere alla sua missione.
Particolarmente significativa è stata poi la riflessione sulla natura trinitaria della predicazione. Un messaggio che, per essere autentico, deve:
- partire da Dio Padre, con autorità e radicamento nella verità eterna;
- avvenire nella presenza dello Spirito Santo, che guida e rende viva la proclamazione;
- essere in Cristo, sotto la signoria del Figlio, che ne è il centro e il compimento.
Un richiamo forte, dunque, a una predicazione che sia espressione di un impegno personale radicale, vissuto nella consapevolezza che annunciare il Vangelo non è mai un atto neutro, ma un esercizio di verità, potenza e trasformazione.
La mattina del secondo giorno è stata dedicata alla condivisione tra i partecipanti di alcune serie di predicazioni, ingaggiando i partecipanti in un confronto onesto e ricco di amore fraterno, che ha fatto emergere l’importanza della condivisione per una edificazione reciproca e una crescita personale.
Nel pomeriggio abbiamo potuto apprendere da una lezione su Giovanni Calvino l’importanza dell’uditorio del predicatore; infatti, lo stesso Riformatore descrive l’uditorio come un soggetto con un ruolo ben definito, che non rimane passivo alla predicazione ma che assume un proprio carico di responsabilità con il quale il predicatore ha una interlocuzione, Calvino non solo presentava il messaggio, in modo freddo e distaccato, ma inquadrava la predicazione come una “azione comunitaria”.
La frase sintesi di Calvino “Dov’è la Riforma che deve esserci in noi?” ha fatto pensare a tutti i partecipanti a come lui fosse non solo un esegeta del testo, ma anche un esegeta del proprio uditorio. Insegnando che il predicatore non deve (metaforicamente) guardare solo gli appunti della sua predicazione, ma deve anche guardare negli occhi il proprio uditorio, per conoscerlo e raggiungerlo appropriatamente con il messaggio del Vangelo.
L’ultima sessione formativa del LdP di sabato mattina ha incoraggiato i partecipanti ad accogliere le sfide della riqualificazione del ministero. Ponendo attenzione alle sfide interne alla chiesa che spingono verso una mercificazione della predicazione portando questo esercizio pubblico all’immaturità e alla superficialità, da combattere attraverso una riscoperta del conflitto generativo della predicazione che ci ricorda il messaggio di rottura del Vangelo. Poi verso le sfide esterne la predicazione deve affrontare una decristianizzazione dell’occidente che accentua l’individualismo spirituale, il quale porta anche ad affrontare nuove forme di spiritualità distorte, che abbassano il costo dell’appartenenza e aumentano la brandizzazione dei canali di spiritualità. Infine abbiamo ascoltato il modello biblico del ministero attraverso il mandato culturale di Genesi 1,28 in relazione all’Epistola di Paolo a Tito, che ha spinto i partecipanti a sviluppare un ministero “creatore di cultura”, che incoraggi la chiesa verso una cittadinanza responsabile e afferri l’attaccamento alla Parola di Dio e a una fede confessante, attraverso un assetto equilibrato e sano della grazia comune e della grazia speciale.
Sono grato a Dio per il LdP da cui ho tratto molti giovamenti per la mia persona e il ministero che svolgo.